Su LinkedIn si è acceso un vivace dibattito tra esperti di economia e politica internazionale sull’uso dello strumento anticoercizione dell’Ue contro gli Stati Uniti. Alcuni analisti lo vedono come un’arma a doppio taglio che potrebbe trasformare una disputa commerciale in un conflitto economico su più fronti, mentre altri ne evidenziano i limiti burocratici e l’incapacità di agire come deterrente
Il tema dei dazi è in cima all’agenda dell’incontro odierno tra Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e JD Vance, vicepresidente statunitense, a margine del summit sull’intelligenza artificiale a Parigi, in Francia, anche dopo recenti e prossime mosse del presidente americano Donald Trump su acciaio e alluminio. Negli ultimi giorni, su LinkedIn si è acceso un dibattito tra esperti di economia, politica internazionale e commercio sull’uso dello Strumento anticoercizione da parte dell’Unione europea e le sue implicazioni nei rapporti con gli Stati Uniti.
L’inizio del dibattito
Peter Harrell, non resident fellow a Carnegie e già alla Casa Bianca con Joe Biden, ha avviato la discussione parlando dello strumento come possibile risposta dell’Unione europea alla politica commerciale statunitense, in particolare nel caso in cui l’amministrazione di Donald Trump decidesse di imporre nuovi dazi sulle importazioni europee. Harrell ha evidenziato che lo strumento concede alla Commissione europea ampi poteri di ritorsione, tra cui restrizioni sui servizi digitali, barriere commerciali e limitazioni agli investimenti. Tuttavia, ha anche sottolineato che la sua applicazione potrebbe portare a un’escalation nelle tensioni economiche transatlantiche.
Il contesto del dibattito
Si tratta di uno strumento recentemente adottato dell’Unione europea per contrastare atti di coercizione economica da parte di paesi terzi. La sua applicazione potrebbe comprendere divieti su servizi, tariffe e restrizioni sugli investimenti, nonché l’eliminazione delle protezioni sulla proprietà intellettuale per le aziende del Paese ritenuto responsabile di atti di coercizione. L’eventuale utilizzo contro gli Stati Uniti, in risposta a possibili dazi sulle importazioni europee, ha sollevato numerosi interrogativi tra gli esperti.
Divergenze di opinione
Noah Barkin, senior advisor del Rhodium Group e visiting senior fellow al German Marshall Fund, ha sottolineato come lo strumento potrebbe trasformare una semplice disputa commerciale in una “guerra economica” su più fronti. Ha inoltre evidenziato il rischio che Washington possa sfruttare le divisioni interne all’Ue per ostacolarne l’applicazione. Tomasz Wlostowski di EU Strategies ha evidenziato i limiti dello strumento, ricordando che per la sua attivazione è necessaria una maggioranza qualificata tra gli Stati membri, un obiettivo difficile da raggiungere considerando la probabile opposizione di paesi come Germania e quelli del blocco nordico e baltico. Maria Shagina dello International Institute for Strategic Studies e Bonnie Glaser del German Marshall Fund hanno espresso scetticismo sull’efficacia deterrente dello strumento. Secondo loro, se l’Unione europea lo considera solo una misura di ultima istanza, lo strumento rischia di rimanere inefficace contro attori come Cina e Stati Uniti.
Le possibili conseguenze
Mona Paulsen della London School of Economics and Political Science ha sollevato un confronto tra lo strumento e il potere conferito all’esecutivo statunitense dall’International Emergency Economic Powers Act. Secondo lei quest’ultimo, che consente al presidente degli Stati Uniti di agire rapidamente senza necessità di un consenso istituzionale, rappresenta un approccio molto più aggressivo rispetto alla burocrazia decisionale dell’Unione europea. Mark Cohen della George Mason University ha poi evidenziato le possibili conseguenze dello strumento sul sistema del commercio internazionale. L’autorizzazione esplicita a ritorsioni incrociate sulla proprietà intellettuale potrebbe segnare la fine del principio della “nazione più favorita”, uno dei pilastri dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Prospettive future
Il dibattito si è chiuso con considerazioni generali sulla necessità di evitare un’escalation nelle relazioni economiche transatlantiche. Molti esperti hanno auspicato un accordo tra Washington e Bruxelles per scongiurare una crisi commerciale e concentrarsi invece sulla sfida comune rappresentata dalla Cina. L’evolversi della situazione dipenderà dalla capacità delle istituzioni europee di trovare un equilibrio tra deterrenza e realismo politico, in un contesto globale sempre più frammentato e competitivo.