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I fallimenti di Putin e il “Gattopardo” di Trump. Cosa (non) cambia secondo D’Anna

Da “Usa e getta”, a “Trump spaccatutto” da “Pesci in faccia a Zelensky” a “Trump sembra Putin” i titoli della stampa mondiale sottolineano il clamoroso sconvolgimento internazionale provocato dal Presidente americano. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Non tutto il Trump vien per nuocere. Semplificando, sul piano internazionale, il Big Bang scatenato dal Presidente americano sta ricompattando l’Europa non soltanto economicamente e politicamente, ma soprattutto militarmente.

L’Inghilterra e molti Paesi europei, in particolare Francia, Germania, Spagna, Polonia, Finlandia, Olanda, Portogallo, Belgio, paesi Baltici, Svezia e Finlandia, sono pronti a sostenere e difendere direttamente l’Ucraina senza il supporto degli Stati Uniti. E non è da escludere che il Regno Unito riesca a coinvolgere anche Canada, Australia e Nuova Zelanda, ovvero la struttura dell’alleanza d’intelligence dei cosiddetti Five Eyes che, con gli Stati Uniti, controlla le telecomunicazioni dell’intero pianeta.

Il Premier britannico Sir Keir Starmer e il Presidente Francese Emmanuel Macron confermeranno direttamente a Trump, la settimana prossima a Washington che i paesi europei hanno intenzione di schierare 30.000 soldati nelle città ucraine, nei porti e in altri siti critici, come le centrali nucleari.

La forza di garanzia e di difesa europea si avvarrà di una eventuale potenza di fuoco, supportata da intelligence e dispiegamento aero navale, sufficiente a individuare e respingere eventuali attacchi. Del dispiegamento faranno parte anche navi da pattugliamento nel Mar Nero.
Per la politica italiana, il turbinio trumpiano potrebbe aver modificato sostanzialmente l’assetto della maggioranza governativa e sancito la ritrovata unità di azione e obiettivi di Cinque Stelle e Lega, con Giuseppi Conte e Matthew Salvini che si sono platealmente schierati all’unisono con il tycoon e a fianco di Putin. Mentre collateralmente, per effetto dell’intervista – manifesto di Marina Berlusconi, Forza Italia sarebbe da inquadrare nell’ambito dello schieramento progressista guidato dal Pd e aspramente critico nei confronti dello tsunami Trump-Putin.

Per completare lo scenario italiano si attende l’acrobatica mossa politica con quale la Premier Giorgia Meloni manterrà gli impegni e la solidarietà più volte manifestata al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nonché l’intesa, accompagnata dal feeling personale, raggiunta con Donald Trump che l’ha invitata, unica leader europea, al giuramento d’insediamento alla Casa Bianca.

Mossa acrobatica che potrebbe prevedere la partecipazione diretta di reparti delle forze armate italiane al contingente di garanzia europeo che verrebbe schierato in Ucraina.

Al di là dell’indecenza e delle mistificazioni degli sconquassi verbali di Trump, lo sconvolgimento impresso al contesto della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, presenta in realtà più incognite per Putin che per Zelensky, il quale grazie allo scudo europeo può ragionevolmente continuare a resistere agli ininterrotti pervicaci attacchi di Mosca.

Fatalmente infatti, il rientro in famiglia durante le licenze dei soldati al fronte, non appena entrerà in vigore il cessate il fuoco della tregua che precederà le trattative di pace, acutizzerà l’enorme disagio sociale che scuote la Russia dietro l’apparenza propagandistica

Un disagio sociale acuito dal dolore dei familiari dei più di centomila soldati che hanno perso la vita. Per cosa tanti morti? Per un Donbass ridotto in macerie e che per anni sarà pressappoco inabitabile?

Domande che prima o poi, amplificate dall’inflazione e dalla carenza di servizi, rimbalzeranno al Cremlino dove intanto Putin preso in contropiede dalla tempesta mediatica di dichiarazioni, sceneggiate, dazi e ordini esecutivi di Trump, che rischiano di superare la tragicomicità delle grida manzoniane, non può più sottrarsi a trattative internazionali che si preannunciano lunghe e inestricabili.
Una colossale trappola che di fatto sotto le bandiere dell’Europa consegna l’Ucraina alla Nato.

Chissà se alla Trump Tower o alla Casa Bianca, il tycoon avrà mai avuto modo di leggere la celebre massima del “cambiare tutto per non cambiare nulla” del Gattopardo, del quale esiste anche una traduzione in russo?


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