Satoru Nagao, fellow dell’Hudson Institute basato a Tokyo, evidenzia che Usa e Giappone evitano tensioni commerciali per rafforzare la difesa. L’Indo-Pacifico resta centrale con Quad e Aukus, e la cooperazione con la Nato, rafforzata dalla crisi ucraina, è prioritaria. Tokyo riduce la presenza economica in Cina, mentre i dazi Usa hanno un ruolo strategico
Dopo l’incontro tra il presidente statunitense, Donald Trump, e il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba alla Casa Bianca, Formiche.net ha approfondito con Satoru Nagao, fellow dell’Hudson Institute basato a Tokyo, le prospettive delle relazioni bilaterali tra Washington e Tokyo, il ruolo dell’Indo-Pacifico nella politica estera statunitense e la collaborazione tra Giappone e Nato.
Nagao evidenzia che l’attuale equilibrio nei rapporti Usa-Giappone è basato sulla volontà di evitare tensioni commerciali eccessive per non compromettere l’aumento del budget difensivo giapponese, cruciale in ottica regionale. Sul piano della sicurezza, l’Indo-Pacifico continuerà a essere centrale per la politica estera di Trump, con iniziative come il Quad e l’Aukus che resteranno pilastri strategici. Infine, la cooperazione con la Nato, già emersa durante la crisi ucraina, rappresenta una priorità nell’ottica di condivisione delle responsabilità di sicurezza tra gli alleati. Nagao sottolinea anche la rilevanza strategica dei dazi verso la Cina e il progressivo disimpegno economico del Giappone dal mercato cinese.
Dopo il recente incontro alla Casa Bianca, quali prospettive vede per la relazione tra Stati Uniti e Giappone?
Il summit Giappone-Usa è stato il secondo bilaterale dopo quello con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, segnale importante del valore strategico che il Giappone riveste per gli Stati Uniti. Attualmente, non sono stati imposti dazi al Giappone, ma ci sono questioni rilevanti in gioco. Il Giappone sta aumentando il suo budget per la difesa, anche se la posizione interna del primo ministro Ishiba è instabile. Trump sa che una pressione eccessiva potrebbe ostacolare il rafforzamento della difesa giapponese. Inoltre, il Giappone ha preparato ingenti investimenti e importa gas naturale liquefatto (Gnl) dagli Stati Uniti, che vogliono sfruttare al massimo questa opportunità prima che le problematiche ambientali limitino la vendita di risorse naturali.
Possiamo aspettarci pressioni da parte di Trump su Tokyo, soprattutto in ambito commerciale o di sicurezza?
È possibile che, in futuro, Washington chieda un incremento del budget difensivo e maggiori acquisti di armi americane, potenzialmente usando i dazi come leva negoziale. Questa eventualità potrebbe concretizzarsi dopo le elezioni parlamentari giapponesi del 2025 e una volta raggiunto il 2% del Pil destinato alla difesa, come indicato nella dichiarazione congiunta tra i due Paesi.
Tokyo sarà colpito indirettamente dai dazi statunitensi sulla Cina?
È un punto cruciale. I dazi verso la Cina non sono uno strumento negoziale, bensì un’arma di competizione strategica. Questa misura, sebbene colpisca Pechino, ha conseguenze anche per le imprese giapponesi che operano in Cina. Già da tempo però il Giappone ha iniziato a ridurre la propria presenza economica in Cina: dal 2012 al 2021, il numero di giapponesi residenti è sceso da 150.000 a 100.000, e questa tendenza potrebbe riprendere.
L’Indo-Pacifico rimarrà centrale nella politica estera trumpiana?
Sul piano della sicurezza, c’è coerenza tra le amministrazioni di Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden. Il recente vertice dei ministri degli Esteri del Quad ne è un esempio, e sia la dichiarazione congiunta Usa-Giappone che i colloqui tra i ministri della difesa di Stati Uniti e Australia confermano il ruolo centrale di Quad e Aukus.
Continueranno a essere questi i pilastri strategici o ci saranno nuovi approcci?
Storicamente, gli Stati Uniti non hanno mai permesso la sopravvivenza di regimi rivali (come Germania nazista, Giappone imperiale o Unione Sovietica). Oggi, la Cina è il rivale principale per Washington. Pertanto, Quad, Aukus e altre iniziative regionali continueranno a essere strumenti essenziali della politica di sicurezza statunitense, anche sotto l’amministrazione Trump.
Allargando lo sguardo verso l’Europa, il Giappone manterrà e/o approfondirà la sua cooperazione strategica con la Nato?
Certamente. Gli Stati Uniti chiedono ai loro alleati di condividere il peso della sicurezza globale, ed è naturale che Giappone e Nato collaborino in questo contesto.
Possiamo aspettarci una continuità nel coordinamento, come visto durante la crisi ucraina?
Nell’ambito della collaborazione Tokyo-Nato. Per quanto riguarda l’Ucraina, Trump aveva promesso di risolvere il conflitto entro 24 ore dal suo insediamento, ma ora ha esteso la scadenza di sei mesi. Questo non è un segnale di irresponsabilità. La Russia sta vincendo sul campo e non è pronta a fermarsi, ma l’estate potrebbe portare a una controffensiva ucraina. Quel momento sarà decisivo per negoziare una soluzione politica. Da questo punto di vista, Trump si sta dimostrando più pragmatico di quanto appaia.