Mosca gioca sul logoramento dell’Occidente. E l’Europa si trova davanti a una scelta cruciale: aspettare un negoziato che potrebbe fallire o prendere l’iniziativa per sostenere militarmente Kyiv. L’allarme dell’esperta dello Iai
Sul fatto che i colloqui bilaterali svoltisi a Riad abbiano avuto esito positivo, sono d’accordo entrambi gli attori coinvolti. Il successo è stato tale che da ambo le parti si sta già lavorando per ulteriori incontri tra delegazioni più ampie e più “istituzionali”, con all’orizzonte la più che concreta possibilità di un faccia a faccia tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin. Ma l’impatto delle recenti discussioni non riguarda soltanto i rapporti tra Washington e Mosca, anzi. Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca presso l’Istituto Affari Internazionali ed esperta di Russia e spazio post-sovietico, ne ha parlato con Formiche.net
Quanto è stata centrale l’Ucraina nell’incontro tra la delegazione statunitense e quella russa?
Entrambe le parti hanno voluto dipingere questo incontro non come un negoziato sull’Ucraina, ma come colloqui bilaterali di più ampia portata. Lo ha detto lo stesso Rubio. E lo ha precisato anche Lavrov. Mosca pretende infatti di essere un attore globale che si incontra con un attore globale suo pari per discutere vari dossier della politica internazionale, con l’Ucraina che è stato sì un tema, ma solo uno dei tanti. Almeno per le apparenze.
La mano tesa di Washington ha portato Mosca ad allentare, almeno parzialmente, le sue posizioni?
L’approccio tradizionale di Mosca ai negoziati non è mai una ricerca della soluzione di compromesso, quanto piuttosto uno spingere la controparte ad accettare tutte le richieste. È un approccio “classico” che il Cremlino utilizza in fase negoziale per mostrarsi intransigente, parlando sempre con il linguaggio dell’ultimatum. Gli Stati Uniti cercavano qualche risultato concreto dall’incontro, e questo risultato poteva essere una risposta positiva dalla parte russa sulla proposta di moratoria sui bombardamenti russi sulle infrastrutture energetiche civili, in cambio di un’interruzione degli attacchi ucraini contro i siti petroliferi russi. Lavrov ha risposto affermando che la Russia non ha mai messo in pericolo le infrastrutture civili.
Ci sono sottotracce da leggere in questo dialogo?
Non da parte russa. Di nuovo, storicamente quello che i russi dicono apertamente, in occasione di conferenze stampa o altro, lo intendono veramente, e perseguono quei punti durante il processo negoziale. Al contrario della cultura “diplomatica” occidentale, la quale prevede che durante la conferenza stampa si dica una cosa, ma se ne dicano altre in sede negoziale.
A proposito di conferenze stampa, come legge quella tenuta dal presidente Trump poche ore fa?
Nella sua conferenza stampa, ma anche nei suoi interventi su X, Trump si è scagliato completamente contro Zelensky e la sua presunta bassa popolarità, sottolineando un’apparente urgenza di elezioni in Ucraina. Rispecchiando fortemente le richieste avanzate da Mosca. Il che fa pensare che nel negoziato Mosca abbia messo in chiaro che ulteriori progressi sono condizionati al passo indietro di Zelensky e allo svolgersi di nuove elezioni in Ucraina. Paradossalmente, parlando in questo modo grottesco Trump ha rafforzato la posizione di Zelensky, come dimostra la crescita dei consensi del leader ucraino registrato negli ultimi sondaggi. Questo attacco non è stato percepito dagli ucraini come un attacco a Zelensky, ma come un attacco al Paese e alle sue istituzioni. A loro volta, i russi sanno che quella questione non è risolvibile adesso, e che non è che l’Ucraina indirà elezioni perché l’hanno chiesto gli Stati Uniti, elezioni che vedrebbero comunque la vittoria di Zelensky. E i russi lo sanno perfettamente.
Come sono le prospettive di Mosca?
Per loro, molto buone. I russi pensano che stanno vincendo la guerra. A questo si aggiungono i segnali lanciati dagli Stati Uniti, anche precedenti al dialogo di Riad, con il capo del Pentagono a Ramstein che sottolinea come gli Usa non vogliano più essere il garante della sicurezza dell’Europa, o con il discorso di J.D. Vance alla conferenza di Monaco in cui ha accusato gli europei di non essere abbastanza democratici in Europa. I russi sono convinti che l’alleanza transatlantica si stia indebolendo visibilmente. Ma anche i segnali lanciati dagli stessi europei, che hanno passato tre anni a parlare del pericolo del ritorno di Trump, senza fare niente di concreto per rafforzare le proprie difese ed eventualmente aumentare il supporto a all’Ucraina. E hanno un piano per sfruttare la situazione.
Ovvero?
I russi cercheranno uno stallo in questo processo negoziale, in modo da stressare ancora di più sia le divisioni tra Usa e Europa che quelle dentro l’Europa stessa. Per poi alla fine far saltare il banco dando la colpa agli ucraini. E per le posizioni assunte ieri da Trump nella sua conferenza stampa, Washington potrebbe fare lo stesso, accusando Kyiv di essere colpevole del fallimento dei negoziati e sospendendo l’aiuto militare all’Ucraina. Per la gioia di Mosca, che pensa che l’Europa non avrà le forze di sostituirsi agli Usa. La Russia non punta al congelare il conflitto ma a vincere, e ha tutto l’interesse a far saltare il negoziato. Ricordiamoci che questa guerra non è mai stata per i territori, è stata lanciata per avere il controllo politico dell’Ucraina, e l’obiettivo di fondo rimane quello. Il negoziato in questo momento è una tattica della Russia per arrivare a quell’obiettivo.
Come cambia la postura della Russia rispetto all’Europa?
La Russia non ha mai considerato l’Ue come un attore globale. In questo non c’era da aspettarsi una novità, sono coerenti con la loro tradizione di politica estera. Basti ripensare all’ultimo viaggio di Borrell a Mosca prima dell’invasione, e di come è stato trattato da Lavrov. Per Mosca Bruxelles non è mai stato un interlocutore di rilievo in qualsivoglia negoziato. Non a caso il “Normandy Format” sul Donbass includeva la Francia e Germania ma non l’Unione europea, e quando gli accordi di Minsk non sono stati implementati Mosca ah dato la colpa a Francia e Germania, non all’Ue. Ancora, a dicembre 2021 Mosca ha mandato ultimatum sul ritiro della Nato alla linea di basi del 1997, l’ultimatum è stato mandato agli Usa. Come a dire che anche sul destino dell’Europa decide Washington. E se si segue il dibattito nella comunità di esperti del Cremlino, questo trend emerge ancora più chiaramente: si sta montando una narrativa anti-europea più che anti-americana. Anche perché, pur odiando gli Stati Uniti, li vedono al loro stesso livello. E adesso devono “collaborare” con gli Stati Uniti per distruggere l’Europa.
Come legge la risposta europea agli ultimi sviluppi? Quali devono essere i prossimi passi?
La risposta europea c’è stata ed è stata immediata, con il summit di Parigi di ieri, che nonostante le critiche non è andato male, a cui si aggiunge quello di oggi a cui partecipano Paesi come quelli del Nord e dell’Est Europa che hanno posizioni più nette a favore dell’Ucraina. Per l’Europa (non tanto l’Unione europea, le cui tempistiche sarebbero lente per vari motivi, quanto per i singoli Willing States europei, Gran Bretagna compresa), ci sono delle priorità. A partire dal non focalizzarsi tanto su questo negoziato, perché è ormai chiaro che di buono per l’Europa e l’Ucraina non uscirà nulla. Adesso non serve concentrarsi su una forza di peacekeeping, nell’eventualità che si arrivi a un congelamento del conflitto. Finché continua il negoziato, anche la guerra continua, e poiché gli americani non sembrano intenzionati a mandare le armi in questo frangente, sono gli europei a dover capire come sostenere l’Ucraina e il suo sforzo bellico in questo momento, anche dopo l’eventuale fallimento del negoziato. La discussione dovrebbe essere non sui peacekeeper ma sul dove trovare i soldi e su come usare gli asset russi di trecento miliardi in Europa per accrescere gli arsenali e per aiutare Kyiv a resistere.