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Accordo Armenia-Azerbaijan. Quali scenari tra Caucaso, Mar Nero e Mediterraneo

La mossa di Rubio sulla bozza di accordo tra Armenia e Azerbaijan è un elemento che può cambiare le carte in tavola dell’intera area, su cui si aspetta a questo punto una iniziativa europea per chiudere il cerchio. Nel mezzo le relazioni europee con Yerevan e Baku, le mire di Erdogan, il ruolo del dossier energetico (gli azeri sull’Ilva). L’Italia nei primi due mesi del 2025 si è affermata come il primo partner commerciale dell’Azerbaigian, coprendo oltre un quarto del fatturato commerciale totale del Paese

Che cosa sta cambiando geopoliticamente tra Caucaso, Mar Nero e Mediterraneo? La visita del presidente azerbaigiano Aliyev ad Ankara ha rafforzato il ruolo di Baku “oltre il gas”, ed è coinciso con un periodo che ha incluso il riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia sul dossier Ucraina, la divergenza delle politiche di Stati Uniti e Ue nei confronti di Ucraina e Russia, la strategia più ampia per isolare la Cina, le contromosse europee. Ci saranno conseguenze anche per il Caucaso meridionale, oltre che nel Mediterraneo e nel fronte euroatlantico, da questi nuovi equilibri? E come le politiche europee potranno fare da raccordo, sia con l’ovest che con l’est del Mare Nostrum?

Qui Caucaso meridionale

I due maggiori attori, Azerbaijan e Turchia, hanno da tempo un ruolo significativo e la nuova geografia dettata dal cambio di amministrazione americana non le trova impreparate. Strumento di discussione è la piattaforma di cooperazione del Caucaso meridionale, un formato 3+3 creato al fine di stabilire un quadro di collaborazione regionale coinvolgendo Paesi come Armenia, Azerbaigian e Georgia assieme alle potenze vicine come Iran, Russia e Turchia. L’iniziativa, nata a seguito della seconda guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, intende affrontare le questioni di sicurezza e migliorare la stabilità complessiva nell’area, anche se ha registrato la riluttanza della Georgia a sedere allo stesso desco della Russia, che non ha partecipato ai tre tavoli (Mosca dicembre 2022, Teheran ottobre 2023 e Istanbul ottobre 2024). Anche l’Armenia era rimasta dubbiosa a causa della mancata presenza della Georgia, avendo tra l’altro orientato la sua politica estera verso Ue e Usa.

Gli obiettivi di Ankara e Baku

Il processo di normalizzazione e pace nel Caucaso meridionale è stato anche al centro del recente incontro tra il Segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio e il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, che ha portato all’attenzione di Washington gli obiettivi che, tempo addietro, lo stesso Fidan aveva sottoposto all’omologo russo Sergey Lavrov. Ovvero determinare in maniera attiva il nuovo corso nel Caucaso meridionale, svolgere il ruolo di mediatore nel dossier Ucraina, coagulare i soggetti filo-palestinesi nella stessa regione (e allargandola al Golfo), dando così un segnale unitario all’Europa.

Baku, da parte sua, punta a restare equidistante sia dai blocchi occidentali che da quelli eurasiatici al fine di essere soggetto diplomatico e dialogante a trecentosessanta gradi, senza dimenticare le relazioni con il sudamerica. Azerbaigian e Brasile hanno concordato di stabilire un percorso simbolico da Baku, dove si è tenuta la Cop29 nel 2024, a Belém, che ospiterà la Cop30 nel 2025, per attrarre finanziamenti globali per il clima: un gancio per allargare anche la cooperazione commerciale.

Washington e Yerevan

Molto rilevante a questo proposito è la posizione di Rubio su un trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian, che ha avallato definendolo di fondamentale importanza per la sicurezza della regione, “per spezzare il ciclo del conflitto regionale e portare sicurezza e prosperità al Caucaso meridionale”, ha affermato la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce in una dichiarazione dopo un colloquio telefonico tra Rubio e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. Entrambi hanno concordato su due punti: ogni escalation nel Caucaso meridionale è inaccettabile, e va rafforzata la cooperazione tra Washington e Yerevan. La telefonata è arrivata pochi giorni dopo che Azerbaigian e Armenia avevano annunciato un accordo sulla bozza di un accordo di pace per chiudere il noto conflitto e quindi provare a stabilire legami diplomatici tra Baku e Yerevan.

Finalmente l’accordo?

Sul punto ci sarebbe la volontà anche di soggetti vicini e coinvolti (direttamente e indirettamente) come Iran, Russia e Turchia verso le prospettive di un accordo di pace. Ieri il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha affermato che l’Iran accoglie con favore la conclusione di una bozza di accordo tra le Repubbliche di Armenia e Azerbaigian. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha salutato la bozza come un “evento importante”, affermando che Yerevan era “pronta ad avviare le discussioni sul luogo e il momento per la firma dell’accordo di pace”. Per cui al centro del ragionamento resta politicamente l’area che si affaccia sul Mare Nostrum, dove la contemporanea presenza di soggetti e interessi europei che presentano ambizioni diverse potrà determinare la creazione, o meno, di iniziative unitarie.

Francia e Germania

La Francia prosegue nel rafforzamento delle relazioni con l’Armenia puntando su vari ambiti, come la difesa: Parigi è interessata agli strumenti linguistici AI di uno sviluppatore armeno. Inoltre dall’Eliseo più volte hanno espresso la volontà di voler sostenere gli sforzi dell’Armenia per ampliare le sue capacità di difesa aerea. Sul punto, in virtù dell’accordo di cooperazione in materia di difesa siglato tra Parigi e Yerevan, la Francia ha fornito all’Armenia materiale militare per potenziarne le capacità difensive.

La Germania sta spingendo non poco sugli investimenti in Azerbaijan, grazie a 75 milioni di dollari fatti segnare nel 2024 (quasi tre volte in più rispetto a 12 mesi prima), che raccontano di un impegno finanziario robusto accanto alla futura evoluzione del panorama economico tra i due Paesi. Così Berlino punta non solo a fare cassa, ma ad avere una voce in capitolo nella regione del Caucaso, in linea con i suoi più ampi interessi geopolitici ed economici.

Il Regno Unito

Keir Stermer vuole cambiare passo verso l’Azerbaijan e ha designato John Alderdice, membro della Camera dei Lord, come nuovo inviato commerciale per l’Asia centrale, su indicazione del Segretario al Commercio che ha nominato un nuovo “team di crescita globale” per orientare le esportazioni e gli investimenti del Regno Unito. Al contempo le esportazioni di petrolio greggio azero verso la Manica aumentano: nei primi due mesi del 2025 l’Azerbaijan ha esportato ben 130.600 tonnellate di petrolio greggio e prodotti petroliferi derivati nel Regno Unito. Inoltre Donwning street ha nominato il primo addetto alla difesa in Azerbaijian, il tenente comandante Gavin Tarbard.

L’Italia

L’Italia nei primi due mesi del 2025 si è affermata come il primo partner commerciale dell’Azerbaigian, coprendo oltre un quarto del fatturato commerciale totale del Paese. In totale sono 2,3 miliardi di dollari fatti registrare tra gennaio e febbraio, con un aumento del 24,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Inoltre tra Roma e Baku c’è in ballo il possibile accordo sull’Ilva di Taranto, su cui il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha confermato che la “proposta migliore” per aggiudicarsi il mega polo siderurgico è arrivata dalla cordata azera composta da Baku Steel Company e dalla holding statale Azerbaijan Investment Company, controllata dal ministero dell’Economia dell’Azerbaijan.

Tra i due Paesi, come è noto, c’è un forte legame alla voce gas grazie al gasdotto Tap, e per il futuro ci potrebbe essere anche un nuovo rigassificatore da realizzare nello Ionio. Per cui la mossa di Rubio sulla bozza di accordo tra Armenia e Azerbaijan è un elemento che può cambiare le carte in tavola dell’intera area, su cui si aspetta a questo punto una iniziativa europea per chiudere il cerchio.


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