Regno Unito e Giappone potrebbero avviare una collaborazione per sviluppare i droni gregari che affiancheranno il futuro caccia di sesta generazione. Le discussioni sono solo all’inizio e non si esclude anche una partecipazione dell’Italia, la quale però, tramite le sinergie Leonardo-Baykar, potrebbe anche decidere di muoversi in autonomia
BAE Systems, la prima azienda della Difesa in Europa, starebbe valutando di avviare delle collaborazioni con le industrie giapponesi nel campo dei droni, con l’obiettivo di sviluppare velivoli gregari destinati ad affiancare il caccia di sesta generazione del Global combat air programme (Gcap).
A rivelarlo è stato Rob Merryweather, group technology director di BAE Systems, che, durante un incontro con i media a Tokyo, ha illustrato i benefici di una potenziale sinergia su questo dossier. I droni gregari, pur essendo considerati un tassello essenziale dei futuri sistemi di combattimento aereo, non rientrano attualmente negli accordi trilaterali tra Regno Unito, Italia e Giappone sul Gcap e, dunque, si configurano come un programma parallelo. “Tutti i Paesi che sono impegnati sul Gcap hanno la stessa necessità di avere programmi di collaborazione autonomi (alias droni gregari, ndr) da affiancare al velivolo”, ha dichiarato Merryweather. “In termini di collaborazione con il Giappone, penso che siamo nelle fasi iniziali delle conversazioni in merito, ma è certamente un’area in cui lavorare con partner internazionali è di nostro interesse”.
Un drone economico e complementare al caccia
L’idea alla base di questa collaborazione è chiara: sviluppare un drone che possa operare a fianco del caccia Gcap ma con costi contenuti. Secondo Merryweather, il velivolo dovrebbe avere un prezzo pari a circa un decimo di quello del caccia. Questo permetterebbe di mantenere la sostenibilità economica del programma, garantendo al contempo un incremento delle capacità operative della piattaforma.
Non si tratta solo di una questione di costi. I droni gregari potrebbero svolgere compiti ad alto rischio, come la soppressione delle difese aeree nemiche, consentendo ai caccia pilotati di entrare in combattimento in condizioni più sicure. Per poter configurare un simile impiego, sarà necessario poter disporre di un gran numero di gregari. La loro produzione, inoltre, potrebbe essere accelerata rispetto ai tempi lunghi previsti per il Gcap, il cui volo inaugurale è previsto per il 2035.
E l’Italia? Forse non ne avrebbe bisogno
Merryweather non ha menzionato il possibile coinvolgimento dell’Italia nel progetto congiunto anglo-nipponico sui droni gregari. Questo lascia aperta la domanda su quale ruolo potrebbe avere Roma in questo scenario. Tuttavia, l’Italia potrebbe non sentire la necessità di entrare in una nuova partnership su questo specifico segmento.
Recentemente, infatti, Leonardo ha annunciato una collaborazione con Baykar, l’azienda turca leader nel settore dei sistemi aerei senza pilota. La partnership mira a combinare le eccellenze della sensoristica italiana con l’esperienza turca nella produzione di droni avanzati. La collaborazione italo-turca sui droni è ancora agli albori ma, una volta rodata, potrebbe sicuramente ambire a sviluppare un suo programma gregario. D’altronde, le competenze per farlo non mancherebbero. Se questo scenario dovesse andarsi effettivamente a verificare, l’Italia potrebbe perseguire un approccio indipendente per lo sviluppo dei suoi droni gregari, puntando su una sinergia tra Leonardo e Baykar. Sull’altro piatto della bilancia andrebbero certamente considerate le implicazioni che uno sviluppo autonomo del gregario italiano potrebbe avere sulla più ampia collaborazione con Regno Unito e Giappone sul Gcap ma, almeno per ora, il tutto rimane nel dominio delle ipotesi.