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Attenzione al nesso tra epidemia Fentanyl e legalizzazione. Mantovano all’Onu

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, con delega alle politiche antidroga, è intervenuto alla 68esima sessione annuale della Commissione sugli Stupefacenti (Cnd) delle Nazioni Unite, in corso a Vienna. Ecco cosa ha detto

Attenzione al nesso tra epidemia Fentanyl e legalizzazione. Lo ha sottolineato, tra le altre cose, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Alfredo Mantovano, con delega in materia di politiche antidroga, in occasione della 68esima sessione annuale della Commissione sugli Stupefacenti (Cnd) delle Nazioni Unite, in corso a Vienna. Un momento di riflessione sì sociale, ma anche politica, vista la densità di effetti che il tema droghe ha su una serie di ambiti interconnessi.

Primo punto, secondo Mantovano, è rappresentato dalle drammatiche immagini che arrivano dal Nord America, “uomini e donne completamente incoscienti per l’ingestione di fentanyl, ci parlano di qualcosa che non è un caso, ma la conseguenza di ‘culture’ e nozioni distorte di libertà in voga dagli anni Sessanta”. Alla luce di quell’istantanea “vale la pena considerare la possibilità di una correlazione tra i picchi pandemici di questa tragedia e le esperienze locali di legalizzazione”.

Inoltre l’azione di contrasto ai cartelli non è sufficiente, ma secondo Mantovano è necessario un salto di qualità. “Qualsiasi sforzo è destinato a fallire se non si affronta il problema culturale della droga con un approccio globale alla società”. Cita la sensibilità che più di cinquant’anni fa manifestava lo scrittore italiano Pier Paolo Pasolini, non un proibizionista, che “si diceva allarmato dal fatto che la droga fosse passata dall’essere un fenomeno che riguardava essenzialmente poche elite a diventare un fenomeno di massa; lo definiva un ‘vuoto culturale’, inteso non come mancanza di ‘erudizione’ ma come perdita di principi e di orizzonti di fronte alle sfide della vita”.

In precedenza aveva citato un caso specifico risalente all’agosto 2021 in cui un membro chiave di un’organizzazione criminale italiana, ritenuto uno dei più influenti facilitatori del traffico internazionale di droga, era stato arrestato a Dubai. La relativa indagine aveva consegnato agli inquirenti il modus operando usato per la sua azione criminale, come l’utilizzo di money mules; l’utilizzo di canali hawala; la creazione di entità legali in diverse giurisdizioni per fornire servizi inesistenti; l’uso di valute virtuali; le operazioni di investimento nel settore immobiliare; e infine l’acquisto di grandi quantità di oro, fino a 40 chili al mese. Ovvero una concentrazione in una sola persona dei principali aspetti che caratterizzano l’attuale fenomeno del traffico di droga.

In questo senso Mantovano nel corso del suo intervento ha evidenziato l’aspetto della “consolidata sovrapposizione tra criminalità organizzata e criminalità economico-finanziaria, caratterizzata dalla vicinanza tra i gruppi mafiosi più potenti finanziariamente e alcuni settori del mondo finanziario legale, nazionale e internazionale, con l’obiettivo di riciclare e reinvestire denaro, con vere e proprie distorsioni delle normali dinamiche di mercato”.

Il sottosegretario è poi intervenuto nell’evento “National strategies to address synthetic drugs”, ricordando che l’Italia è in prima linea nella lotta a tutte le droghe ed è stata uno dei primi Paesi a sviluppare un piano contro l’abuso di fentanyl e altri oppioidi sintetici. “Il piano coinvolge tutti i principali attori, è diviso tra prevenzione e gestione delle emergenze e comprende tra l’altro: prevenzione della diversione di sostanze medicinali, identificazione rapida delle droghe sintetiche, laboratori di tossicologia forense, sensibilizzazione delle autorità giudiziarie, standardizzazione dei protocolli dei laboratori, riunioni periodiche di coordinamento, cooperazione delle agenzie internazionali e di tutti i partner”.


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