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Flessibilità sulle emissioni e più batterie. Così l’Europa prova a fermare la Cina e salvare l’auto

La Commissione europea ha alzato il velo sull’ambiziosa strategia che va incontro alle richieste dei costruttori, travolti dalla concorrenza della Cina. Più tempo per rispettare i target di CO2 e quasi due miliardi per la produzione di batterie. Ma la sfida è tutt’altro che vinta

Per l’industria automobilistica europea è quella mano tesa che i costruttori aspettavano da tempo. Ma certo, non sarà la soluzione finale al problema. La Commissione europea ha finalmente alzato il velo sull’ambizioso piano di rilancio per il comparto delle quattro ruote continentale, schiacciato da una crisi per certi versi culturale, innescata dall’inarrestabile avanzata dei produttori cinesi e dalla mancata preparazione alla svolta imposta dal Green new deal.

Come noto, le case automobilistiche europee non riescono a stare al passo della Cina, sul terreno delle auto elettriche, dal momento che Pechino produce più veicoli e a minor costo, distorcendo la concorrenza globale. E poi, è mancata in Ue la giusta consapevolezza relativamente alla fine del motore endotermico entro il 2035, con le linee di produzione ancora in piena fase di riconversione e in ritardo sulla tabella di marcia. Tutto questo ha affossato il mercato, mandando in crisi l’intero sistema industriale tedesco, da sempre imperniato sull’automotive.

Ed ecco il piano dell’Europa per salvare l’industria dell’auto. Il punto di caduta è rafforzare la domanda di auto elettriche attraverso misure prioritarie, a partire da un approccio comune per sostenere gli incentivi all’acquisto, sia nazionali che europei, passando per la promozione del leasing sociale e l’elettrificazione delle flotte aziendali. Al centro del piano, posto che l’obiettivo di chiudere con benzina e diesel entro il 2035 rimane in essere, c’è la promessa di una modifica mirata al regolamento sulle emissioni CO2 per compensare il superamento dei target di emissioni in uno o due anni con risultati superiori negli altri anni. Dunque, una maggiore flessibilità nel raggiungimento dei target di emissioni, non più calcolati su base annua, bensì spalmati su un periodo più lungo. Il che di fatto evita lo scatto della temutissima tagliola delle multe, che ai costruttori europei sarebbero costate fino a 15 miliardi.

Insomma, le case automobilistiche europee la scampano, almeno per ora. Con le regole attuali, infatti, dal 2025 le case auto che sforeranno il limite di 94 grammi di CO2 per chilometro sulle nuove immatricolazioni rischiano sanzioni pesantissime. Le stime parlano per l’appunto di oltre 15 miliardi di euro solo nel primo anno di applicazione. Una batosta che avrebbe colpito soprattutto i marchi tradizionali, alle prese con una transizione elettrica rallentata da crisi geopolitiche, colli di bottiglia nelle forniture e una domanda di auto elettriche ancora debole da parte dei consumatori. Con il nuovo piano, il meccanismo sanzionatorio verrebbe diluito su un orizzonte triennale, dando respiro alle aziende in difficoltà.

“Abbiamo concordato che abbiamo bisogno di una grande spinta nel software e nell’hardware per la guida autonoma. Sappiamo che la concorrenza globale su questo argomento è spietata, quindi dobbiamo agire in grande e dobbiamo essere grandi. La grande scala conta in questo argomento più che mai, ed è per questo che abbiamo concordato che creeremo e sosterremo un’alleanza di settore”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Le aziende saranno in grado di mettere in comune le risorse. Svilupperanno chip, software condivisi e tecnologia di guida autonoma e, da parte nostra, perfezioneremo le regole di test e distribuzione. Dobbiamo portare i veicoli autonomi sulle strade europee più velocemente”.

Non è finita. Ci sarà anche spazio per un maggiore ricorso ai biocarburanti. E qui Bruxelles è andata direttamente incontro alle richieste che arrivano da Roma per accelerare i lavori sulla revisione del regolamento, al momento prevista per il 2026, per sancire nero su bianco il principio di piena neutralità tecnologica nella transizione dei motori e che dovrebbe spianare una volta per tutte la strada ai carburanti sintetici, gli e-fuels, come richiesto anche dalla Germania. E sempre la Commissione europea metterà a disposizione 1,8 miliardi di euro nei prossimi due anni (2025-2027) per sostenere la produzione di batterie nell’Ue, mobilitando risorse dal Fondo europeo per l’innovazione.

L’industria dell’auto può tirare un sospiro di sollievo, se non altro perché avrà più tempo per preparare e mettere a terra la transizione. Ma il problema non è risolto alla radice. Se infatti la Cina continuerà a produrre più veicoli elettrici di quanto ne sfornino le case europee e, soprattutto, a venderle a un prezzo minore, i nodi arriveranno comunque al pettine.


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