Il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini: “La fusione avrà bisogno di maggior tempo per rendersi disponibile sul mercato, ma quando arriverà renderà tutte le altre tecnologie energetiche obsolete: c’è da investire, l’Italia lo sta facendo e l’Europa lo sta facendo, se lo facessimo ancora di più accorceremmo i tempi”
Tecnologia e fusione, un binomio che alla luce delle nuove sfide geopolitiche alla voce energia è di estrema attualità e al contempo offre una opportunità all’Italia, che nel documento finale del G7 di Borgo Egnazia lo ha inserito con estrema precisione. Ne è convinto il partito dei conservatori europei di Ecr, che ha presentato a Roma uno studio sullo stato di maturazione della tecnologia della fusione nucleare, con tempistiche e opportunità di sviluppo nel vecchio continente. Un’occasione sia per riflettere su quanto il progresso dei piccoli reattori può sposarsi con il mercato italiano, sia per cerchiare in rosso le nuove competenze che l’Ue dovrebbe avere (più tematiche strategiche, rivendica Procaccini, e meno tappi di bottiglia).
Sì al nucleare
Presenti il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini, il ministro dell’ambiente e sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, il responsabile energia di Fratelli d’Italia alla Camera Riccardo Zucconi, l’ordinario di Fisica Sperimentale all’Università di Padova Piero Martin. Il paper presentato è il più aggiornato documento “sui progressi ottenuti in Europa e nel mondo, e di cui l’Italia è assoluta protagonista” e al contempo rappresenta l’occasione di killer Energy, sostituendo quindi le altre tipologie di energie, mettendo l’accento sul quando: “Non è un fattore irrilevante, soprattutto per un continente come quello europeo e un Paese come l’Italia, che ha un grave problema di produzione e di autoproduzione energetica. Il governo guarda con favore alla fissione nucleare nelle tecnologie che stanno per rendersi disponibili da qui a breve. Con breve periodo intendiamo dal 2030 in poi. Si tratta di tecnologie da fissione nucleare che non hanno nulla a che vedere con le tecnologie del passato, non sono le centrali atomiche degli anni 80-90. Si tratta di evoluzioni, nel caso degli SMR in particolare, ma anche e soprattutto degli AMR, che hanno una capacità di prestazioni incomparabilmente migliori rispetto al nucleare di vecchia generazione”.
Le nuove prospettive per l’Italia e l’Europa
Il punto di caduta principale è senza subbio alla voce economia reale. Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, l’abbattimento del peso sulle bollette potrebbe essere nell’ordine del 30/40% e quanto ai tempi si dice certo che dall’inizio del “prossimo decennio potremo vedere i piccoli reattori”. Assicura che non ci sono più centrali vecchio stile, ma piccoli reattori: “Si tratta di reattori che possono essere come un blocco di 10 metri per 10 metri, 5 metri per 5 metri, trasportabili addirittura, che occupano uno spazio molto ristretto”. Accanto a ciò il ragionamento di Ecr verte anche sul piglio futuro dell’Ue, ovvero tornare ad occuparsi “di poche grandi domande, anziché infilarsi in ogni anfratto della vita delle persone”. Il riferimento è a difesa e sicurezza, materie prime e fonti energetiche, “quelle di oggi e quelle del prossimo futuro, come la fusione nucleare”.
Il rapporto
Nel rapporto si fa il punto sullo stato nel mondo della ricerca sulla fusione nucleare controllata per scopi energetici, con particolare enfasi sull’Europa, sostenendo che la fusione ha il potenziale per diventare una componente chiave di un futuro mix energetico che non emetta gas serra. Inoltre, la fusione è intrinsecamente sicura e non produce rifiuti radioattivi a lungo termine. “Negli ultimi anni – si legge – abbiamo osservato una forte accelerazione delle attività legate alla fusione. Gli esperimenti finanziati da programmi pubblici hanno prodotto risultati d’avanguardia; la teoria ha fatto progressi; sono state ideate nuove tecnologie; nuovi esperimenti sono in fase di costruzione; inoltre si è notato un crescente interesse dei capitali privati. Tutto ciò ha portato a una maggiore attenzione da parte dei decisori politici, dei media e dell’opinione pubblica”.
Per cui il rapporto esamina i principi fondamentali dell’energia nucleare, i principali vantaggi, le lacune e le prospettive attuali per la fusione come fonte di energia. Una parte dello studio è dedicata a una revisione su ricerca e sviluppo sulla fusione in Europa e allo stato della ricerca sulla fusione nel mondo. Sono inoltre descritti alcune ricerche in corso, tra cui lo stato dell’esperimento internazionale Iter, il progetto di punta della comunità internazionale sulla fusione, e l’impegno privato sulla fusione.
Le prospettive economiche
Cita inoltre il 2024 Global Fusion Industry Report pubblicato dalla Fusion Industry Association, secondo cui “l’industria della fusione ha ora attratto oltre 7,1 miliardi di dollari di investimenti, con oltre 900 milioni di nuovi fondi dal 2023 a sostengono di questa tecnologia”. Secondo il rapporto, “i finanziamenti totali provengono da un’ampia gamma di investimenti in molte delle 45 aziende di fusione e gli Stati Uniti sono ancora leader globali nella fusione commerciale con 25 aziende nel sondaggio, seguiti da Regno Unito, Germania, Giappone e Cina, tutti con tre aziende”.
Tre gli elementi finali messi in risalto dal report: la crescita della fusione circa maturità scientifica e tecnologica, grazie a decenni di ricerca pubblica; l’interesse vero degli investitori privati nello sviluppo della fusione a livello commerciale; l’attenzione senza precedenti che governi e istituzioni stanno prestando alla fusione. “In un mondo che ha urgente bisogno di passare dai combustibili fossili a un mix di fonti di elettricità prive di CO2, la fusione può svolgere un ruolo estremamente importante”.