Il gigante cinese dell’auto elettrica potrebbe avviare i lavori per l’apertura di un terzo stabilimento nel Vecchio continente, dopo lo sbarco in Ungheria e Turchia. E proprio in Germania, il Paese più colpito dalla concorrenza cinese sulle quattro ruote. Ma la partita per il nuovo sito è ancora aperta
E pensare che la Germania è finita nei guai proprio per colpa sua. Byd è oggi il principale costruttore cinese di auto elettriche, la vera testa di ponte industriale tra il Dragone e l’Europa. La sconfitta dell’automotive europeo contro le case di Pechino, ha una ragione precisa: la Cina produce più veicoli e li vende a un prezzo minore rispetto all’asticella del mercato. Tanto basta a mettere a soqquadro una delle industrie più strategiche dell’intero Vecchio continente. L’Europa, poi, avrebbe preso anche le sue contromisure contro l’avanzata cinese, rifilando lo scorso anno una raffica di dazi contro le importazioni di veicoli cinesi in Europa, mettendo nel mirino, oltre alla stessa di Byd, anche Geely e Saic.
Non sembra essere servito a molto, però. Dopo Ungheria e Turchia, dove la produzione dovrebbe iniziare rispettivamente a ottobre 2025 e a marzo 2026, Byd, infatti, potrebbe aprire una terza fabbrica in Europa. Non in Italia, nonostante il governo sia ormai da anni alla ricerca di un nuovo costruttore da attirare nel Paese, ma in Germania. Va detto che Berlino è stata contraria fin da subito contraria ai dazi per le auto elettriche provenienti dalla Cina apposti da Bruxelles. E questo avrebbe favorito la stessa Germania.
Perché? Il colosso automobilistico, che in questi giorni ha già firmato i primi contratti con Brembo, Pirelli e Prima Industrie per la fabbrica in Ungheria, starebbe semplicemente rispettando una direttiva di Pechino che invita a non investire in Paesi che hanno sostenuto le tariffe punitive, tra cui appunto l’Italia insieme alla Francia. Ma non la Germania, appunto. Tuttavia, fa sapere l’agenzia Reuters, la decisione per il terzo sito produttivo non è ancora definitiva: a frenare sarebbero gli alti costi del lavoro e dell’energia, oltre che le basse produttività e flessibilità tedesche.
D’altronde, sempre più case automobilistiche cinesi stanno avviando fabbriche sul territorio europeo, in primis per fornire prodotti più velocemente in un mercato di conquista ma anche per evitare i dazi imposti dalla Ue, che in alcuni casi sfiorano il 40%. All’inizio di marzo, la vicepresidente esecutiva della Byd, Stella Li, aveva confermato la possibilità di avere una terza fabbrica sul Vecchio continente, da attivare nel giro di due anni. La manager non si era sbilanciata sul luogo, ma la Germania potrebbe attirare anche per la possibilità di sfruttare gli impianti che si appresta a dismettere il gruppo Volkswagen, sui quali già si paventa da tempo un interesse cinese.
Sempre che la Germania non si faccia una riconversione dei siti fatta in casa. La stessa Rheinmetall, il più grande produttore di armi in Europa, sta valutando di rilevare da Volkswagen lo stabilimento di Osnabrück, una delle tre fabbriche che il gruppo auto vuole chiudere in Germania. L’acquisto dipenderà dall’aumento degli ordini di carri armati, ha sottolineato Rheinmetall che dall’inizio della guerra in Ucraina ha decuplicato il suo valore di Borsa.
Di sicuro, per il momento Byd mantiene la linea della cautela. Come ha spiegato Alfredo Altavilla, special senior advisor Europa di Byd, “il processo di selezione del terzo stabilimento è cominciato, prevediamo di concluderlo nel giro dei sette otto mesi quindi diciamo prima della fine dell’anno. Ma al momento non c’è nessuna traiettoria stabilita e non c’è nessuna decisione presa. Quindi tutte le opzioni sono sul tavolo”.