Coi cantieri fermi a causa della crisi immobiliare, la domanda per le industrie siderurgiche del Dragone è crollata e con essa i prezzi. Il problema è che tutto quello che non viene venduto in Cina finisce in Occidente
Dal mattone all’acciaio il passo è breve. La Cina che più di tutti produce e vende, sta assistendo a un lento declino di una delle sue industrie più competitive: quella siderurgica. Premessa. L’acciaio cinese non ha la stessa qualità di quello prodotto in Europa, ma costa molto meno. Nel corso degli ultimi 50 anni la struttura dell’industria siderurgica mondiale ha subito una rivoluzione epocale con il progressivo trasferimento delle capacità produttive in Asia e nei Paesi emergenti. I tradizionali Paesi siderurgici (Stati Uniti, Stati dell’Europa occidentale e Giappone) hanno subito una crisi inesorabile dell’industria.
Ed ecco i numeri. Nel 1970 la produzione di acciaio in Cina era stata di 18 milioni di tonnellate, quella dell’Europa occidentale aveva superato di poco i 137,5 milioni di tonnellate, seguita da quella sovietica (117,9) e da quella americana (119) con un totale mondiale di 419 milioni. Nel 2023 la situazione è radicalmente cambiata: la Cina è oggi il primo produttore mondiale e rappresenta più della metà (54%) della produzione globale. Tutti gli altri produttori sono molto lontani nella classifica. Di più. La produzione cinese di acciaio grezzo è salita da 920 milioni di tonnellate nel 2018 a 1.019,1 nel 2023.
Ma ecco che sull’acciaio cinese si sta scatenando una tempesta perfetta, con l’onda lunga della crisi immobiliare che si scarica sull’intera industria. Negli ultimi mesi Pechino ha fermato le autorizzazioni di nuovi impianti, alla luce del fatto che oggi il 95% delle imprese siderurgiche cinesi opera in perdita e il settore sta rallentando. Perché? Semplice, la crisi immobiliare ha abbattuto la domanda di acciaio, perché i cantieri sono fermi. Niente case, niente acciaio. E i prezzi ne risentono. I futures di Shanghai sui titoli della siderurgia hanno toccato un minimo di sei mesi la scorsa settimana.
La situazione è insomma complessa. Da un lato, le acciaierie stanno accumulando scorte di minerale di ferro, con un picco di importazioni di 120 milioni di tonnellate a ottobre 2024 e riserve che hanno raggiunto le 147,2 milioni di tonnellate, ma dall’altro lato la produzione rimane rallentata. Domanda: dove finisce l’acciaio invenduto cinese? In Occidente e a prezzi stracciati. E questo è un altro problema.