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La Cina va al primo test dei mercati dopo il Congresso

A una settimana dall’annuncio dei mastodontici piani di emissioni obbligazionarie per finanziare deficit e riarmo, ora la parola passa al mercato, con un primo assaggio di fiducia. Ma i segnali non sono incoraggianti

Palla al centro. Per la Cina arriva il primo, vero, test con i mercati all’indomani del Congresso del Popolo che ha sancito nuove, gigantesche, operazioni di raccolta fondi per rilanciare l’economia. Piccolo promemoria. Quest’anno, per finanziare un deficit al 4% e un aumento della spesa militare, saranno emessi buoni del tesoro per un valore totale di 1.300 miliardi di yuan (circa 182 miliardi di dollari), con un incremento di 300 miliardi di yuan rispetto all’anno precedente. I fondi saranno utilizzati per finanziare programmi di permuta commerciale, finalizzati a stimolare il consumo interno e gli investimenti in infrastrutture, ricerca e sviluppo.

Inoltre, Pechino prevede di spendere 1.784,7 miliardi di yuan (245,7 miliardi di dollari) per la difesa, una cifra comunque tre volte inferiore rispetto al budget di Washington. E anche per questo ha varato un piano di emissioni obbligazionarie senza precedenti: oltre ai bond sovrani speciali, saranno emessi 500 miliardi di yuan in titoli di debito per la ricapitalizzazione delle banche statali e 4.400 miliardi di yuan in obbligazioni locali speciali per le province cinesi, con un incremento rispetto ai 3.900 miliardi dell’anno precedente. In totale, il tetto massimo delle obbligazioni governative per il 2025 sarà di 11.860 miliardi di yuan, con un aumento di 2.900 miliardi rispetto all’anno precedente.

Ed ecco il primo appuntamento con il mercato, decisamente poco tenero con il Dragone in questi ultimi anni. Il prossimo venerdì i titoli di Stato cinesi saranno sottoposti a una prova cruciale, con la vendita da parte del ministero delle Finanze di 167 miliardi di yuan di obbligazioni governative biennali la più grande offerta di sempre racchiuso in un’unica asta, secondo i dati raccolti da Bloomberg. Ma il contesto non è molto favorevole, perché da diverse settimane va proseguendo il disimpegno degli investitori dal debito cinese.

I prezzi dei titoli di Stato cinesi, infatti, sono in calo, spingendo i rendimenti ai massimi dall’inizio dell’anno, poiché gli investitori hanno venduto le obbligazioni sovrane nella speranza che una maggiore spesa fiscale stimoli la crescita e rinvii i tagli dei tassi di interesse. I rendimenti sui titoli di Stato cinesi a 10 anni sono dunque saliti di 17 punti base all’1,878%, il livello più alto quest’anno secondo i dati Lseg. Tradotto, il Dragone sconta ancora una domanda debole di bond sovrani. Venerdì andrà meglio?


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