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Porti italiani e influenza cinese. L’alert dei servizi segreti

Cresce l’attenzione dell’intelligence italiana verso le infrastrutture marittime, minacciate da attori stranieri con strategie extra-economiche. Sebbene non menzionata esplicitamente, la Cina è al centro dell’analisi, con il suo attivismo nei porti italiani e la diffusione della piattaforma Logink, già presente in diversi scali europei. Questa tecnologia solleva gravi preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e sull’influenza strategica di Pechino, spingendo gli esperti a chiedere contromisure politiche urgenti

“L’attuale scenario geopolitico ha reso centrale l’attività intelligence in direzione dell’operatività dell’infrastruttura logistica marittima nazionale, cruciale per i flussi delle merci in esportazione e importazione dal nostro Paese”. È quanto si legge nella Relazione annuale 2024 sulla politica dell’informazione per la sicurezza, che è stata pubblicata oggi.

A tal proposto, l’azione dell’intelligence italiana “si è concentrata sull’attivismo e le proiezioni straniere verso il settore delle infrastrutture marittime, volte a penetrare, in chiave extra-economica, diversi punti della catena del valore o a incentivare l’adozione di soluzioni digitali di ultima generazione, strumentali a controllare i flussi del trasporto marittimo, delle merci e delle attività nei terminali”.

Non ci sono riferimenti espliciti ma l’analisi non lascia dubbi. Si sta parlando della Cina, che ha da tempo messo nel mirino porti italiani – come Savona, Genova, Gioia Tauro, Taranto e Trieste – e che cerca di espandere il traffico commerciale via mare in linea con il suo crescente potere economico e la sua influenza nell’ambito della Belt and Road Initiative. E si sta parlando di Logink, piattaforma cinese di gestione dati della logistica, su cui l’amministrazione Trump potrebbe presto imporre restrizioni, se non addirittura un divieto.

Come raccontiamo da tempo su Formiche.net, si tratta di uno strumento che, venduto a basso prezzo (anche in Italia) e spesso compreso nei pacchetti delle portuali, consente al Partito comunista cinese di sfruttare colli di bottiglia ma anche tracciare carichi militari su navi commerciali.

Logink, presente in almeno sette grandi porti europei (Anversa, Brema, Amburgo, Barcellona, Sines, Riga e Rotterdam), “non solo mette in mostra i progressi della Cina nella tecnologia logistica, ma suscita anche preoccupazioni sulla proprietà dei dati, sulla sicurezza economica e sulle conseguenze strategiche dell’influenza tecnologica straniera nella sfera marittima dell’Unione europea”, scriveva un anno fa l’esperta Tereza Corradi consorzio Choice (China Observers in Central and Eastern Europe). Alla luce del ruolo cruciale dei porti nella pianificazione strategica, è “fondamentale” che la politica assuma “misure specifiche volte a ridurre la crescente influenza della Cina sui sistemi di dati connessi a Internet”, osservava Corradi. “Il crescente utilizzo di Logink nei porti europei evidenzia la necessità impellente per i responsabili politici di stabilire piani solidi in grado di contrastare efficacemente il crescente dominio della Cina sulle infrastrutture globali critiche e sulle strutture operative”, concludeva.

Ma non solo. L’alert sembra riguarda anche gli scanner. Come raccontato nei mesi scorsi dal Foglio, il colosso cinese degli scanner Nuctech, in parte di proprietà del governo di Pechino, qualche settimana fa ha vinto due bandi di gara dell’Agenzia delle dogane italiana per l’istallazione di sei scanner mobili per altrettanti porti italiani e quattro scanner a retrodiffusione di raggi X per gli uffici dell’Agenzia.


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