Questa interdipendenza tra sistemi operativi rappresenta un formidabile punto di forza, nonché un robusto collante politico e culturale, tale per cui nulla di ciò che accade sul piano della polemica quotidiana può scalfire una collaborazione che si appoggia su montagne di dati condivisi, decine e decine di miliardi di euro (o dollari) spesi e da spendere, migliaia di ore di esercitazione in comune
L’annuncio italiano di forte implementazione del numero di velivoli F-35 in dotazione all’Aeronautica Militare è segnale forte ed apprezzabile: in questo modo l’Italia si colloca opportunamente al vertice operativo in ambito europeo per quanto riguarda le dotazioni di caccia di ultima generazione.
Se però associamo questa notizia alle turbolenze che caratterizzano i rapporti tra Stati Uniti e membri europei della Nato, ecco che ne viene fuori uno scenario meritevole di qualche considerazione.
Dobbiamo infatti partire da un elemento noto agli addetti ai lavori, nonché ribadito in un recente articolo di Marco Battaglia per Formiche: gli F-35 sono necessariamente operativi in modalità congiunta tra l’Aeronautica Militare della nazione che li schiera e la casa madre che li ha costruiti, (o fatti costruire) negli Stati Uniti.
In buona sostanza, quindi, il più sofisticato sistema d’arma volante attualmente disponibile su scala mondiale è per sua natura “costretto“ ad un impiego congiunto con gli americani.
Se poi a questa condizione, diciamo così, “intrinseca“ al velivolo aggiungiamo il fatto che nessuna guerra del nostro tempo (ed ancor meno quelle del futuro) può essere combattuta in assenza di una imponente disponibilità di dati scambiabili ad elevatissima velocità, ecco delinearsi nella sua disarmante semplicità il reale stato delle cose, tanto diverso da quello descritto o evocato a chiacchiere.
Nella realtà tutti gli aspetti operativi che contano (o che fanno la differenza) parlano un solo linguaggio: quello della interconnessione imprescindibile tra ciò che si può fare dall’Europa e ciò che si può controllare dagli Usa.
Ciò vale per quello che si muove via terra, via mare (in superficie o sotto di essa) e, soprattutto, per tutto ciò che vola: un certo numero di chilometri più in alto c’è la vera infrastruttura che fa la differenza, cioè la copertura satellitare.
Tutto questo deve essere considerato un ostacolo per sviluppi virtuosi in materia di difesa europea?
Io penso esattamente il contrario, penso cioè che questa interdipendenza rappresenta invece un formidabile punto di forza, nonché un robusto collante politico e culturale, tale per cui nulla di ciò che accade sul piano della polemica quotidiana può scalfire una collaborazione che si appoggia su montagne di dati condivisi, decine e decine di miliardi di euro (o dollari) spesi e da spendere, migliaia di ore di esercitazione in comune (e per la verità anche una pratica di guerra dal 2022 a oggi tutt’altro che di poco conto).
Poi certo, la battaglia delle parole probabilmente continuerà a vedere le due sponde dell’Atlantico in posizione di dialettica “vivace“, o se preferiamo dirla altrimenti di scontro.
Poi, però, ci sono gli aspetti operativi e lì è tutta un’altra storia.
Mi verrebbe da dire (ma lo penso davvero), per fortuna.