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Export positivo, ma il rischio dazi incombe. I numeri del settore farmaceutico

I dati elaborati da Farmindustria e da Iqvia restituiscono una fotografia particolarmente positiva dell’export, che nel 2024 ha raggiunto i 54 miliardi di euro. Ma le misure protezionistiche degli Stati Uniti potrebbero mettere in pericolo il trend positivo del pharma

L’industria farmaceutica non rappresenta solo un comparto produttivo strategico, ma un vero e proprio motore per l’economia nazionale e un asset cruciale nella competizione geopolitica globale. In un contesto internazionale caratterizzato da tensioni e ridefinizioni degli equilibri commerciali, il settore si conferma come una leva di crescita e di stabilità per l’Italia, contribuendo in modo determinante al Pil e alla bilancia commerciale del Paese.

L’innovazione scientifica, gli investimenti in ricerca e sviluppo e la capacità di attrarre talenti e capitali sono alcuni degli elementi che rendono l’industria farmaceutica un comparto trainante. Il settore non solo genera occupazione qualificata, con un impatto positivo sulle filiere industriali e sulla formazione di competenze avanzate, ma si configura anche come un elemento essenziale per la sicurezza sanitaria nazionale. La recente crisi pandemica ha infatti evidenziato l’importanza di una produzione farmaceutica forte e autonoma, in grado di rispondere rapidamente alle emergenze globali e di garantire la disponibilità di medicinali e vaccini.

Un export da record 

Secondo le elaborazioni di Farmindustria su dati Istat e Iqvia, nel 2024 l’export farmaceutico ha raggiunto il valore record di 54 miliardi di euro, contribuendo a un valore della produzione complessivo di oltre 56 miliardi di euro. Si tratta di un incremento significativo rispetto ai 52 miliardi dell’anno precedente, reso possibile grazie a un’espansione sui mercati esteri superiore alla media dell’Unione Europea: negli ultimi cinque anni l’Italia ha registrato un +65% nelle esportazioni di farmaci, contro il +57% dell’Ue.

“Innovazione scientifica e tecnologica e nella produzione, investimenti crescenti sul territorio, eccellenza delle risorse umane e nelle capacità manageriali e imprenditoriali, sistema pubblico con molte eccellenze e un Ssn rafforzato dalle politiche di questi anni, sono i fattori che hanno guidato la crescita dell’industria farmaceutica in Italia, che si conferma come un asset portante dell’intera nazione”, ha commentato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria.

Questo trend si inserisce in una trasformazione più ampia dell’industria manifatturiera italiana, in cui il peso delle esportazioni di medicinali è quasi triplicato in vent’anni, passando dal 3,5% del 2004 al 9,1% nel 2024. Un risultato che conferma il ruolo del comparto farmaceutico come traino dell’economia nazionale e settore chiave per l’export italiano.

Il più alto surplus commerciale

A rafforzare ulteriormente il peso dell’industria farmaceutica è il saldo estero positivo di farmaci e vaccini, che si attesta a +21,2 miliardi di euro, pari al 18% del totale del manifatturiero italiano. Un primato che porta le aziende farmaceutiche al primo posto per surplus commerciale e che dimostra l’elevata competitività del comparto a livello globale.

Parallelamente, il settore si conferma anche come il principale contributore alla crescita del Pil italiano: tra il 2022 e il 2024 l’industria farmaceutica ha registrato un aumento del 17,7%, a fronte di un incremento dell’1,4% del Pil complessivo. Questa dinamica si riflette anche sul mercato del lavoro, con un incremento dell’occupazione che ha raggiunto quota 71 mila addetti (+1,5%), con un picco del 3% nelle aree della ricerca e della produzione.

Protezionismo e rischio dazi

Se da un lato la crescita dell’export farmaceutico italiano ha consolidato il settore come motore economico del Paese, dall’altro le nuove politiche commerciali statunitensi potrebbero innescare una pericolosa inversione di tendenza. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la reintroduzione di misure protezionistiche, il rischio non si limita ai dazi sulle esportazioni, ma si estende alla tenuta stessa dell’industria farmaceutica sul territorio nazionale.

Le aziende multinazionali con sede in Italia, attratte dagli incentivi e dalla stabilità del mercato Usa, potrebbero ritenere sempre meno conveniente mantenere le loro produzioni nel Paese, scegliendo di rientrare oltre Atlantico. Una fuga che rischierebbe di svuotare il tessuto industriale italiano, privandolo di investimenti strategici e di un know-how essenziale per la competitività globale.

Lo stesso discorso vale per le aziende farmaceutiche italiane che operano sui mercati internazionali: l’inasprimento delle barriere commerciali potrebbe renderle meno competitive, spingendole a delocalizzare parte della loro produzione per evitare rincari e restrizioni. In entrambi i casi, il pericolo non è solo economico, ma riguarda anche la sicurezza sanitaria nazionale: perdere capacità produttiva significherebbe dipendere sempre di più da fornitori esteri, compromettendo l’autonomia dell’Italia nella produzione di farmaci e vaccini. Un rischio che, in un contesto geopolitico instabile, il Paese non può permettersi di correre.

Governance e investimenti strategici

A fronte di questi risultati straordinari, le sfide per il settore farmaceutico restano numerose. L’aumento del 30% dei costi di produzione, unito alla stabilità o alla riduzione dei prezzi dei farmaci rimborsati, impone una riflessione sulle politiche industriali e regolatorie. In questo contesto, emerge con forza la necessità di una strategia nazionale sulla farmaceutica, che sappia coniugare sostenibilità economica, accessibilità alle cure e attrazione di nuovi investimenti.

“Il governo ha posto come obiettivo per l’export nel quinquennio 2022-2027 l’aumento da 626 a 700 miliardi, il che equivale al +12%. Le nostre aziende in due anni hanno già superato il target, raggiungendo il 13%”, ha asserito Cattani. “Risultati straordinari – ha continuato il presidente di Farmindustria – ottenuti a fronte di un incremento dei costi complessivi della produzione del 30% che sono in ulteriore aumento e con prezzi dei prodotti rimborsati stabili o in diminuzione. L’eccellenza del settore, fondamentale anche per la sicurezza nazionale in un contesto geopolitico sempre più competitivo e con equilibri delicati, è così confermata a livello internazionale. L’esecutivo segue con attenzione l’industria farmaceutica e le scienze della vita con azioni che è importante si rafforzino nei prossimi mesi per consolidare il ruolo da protagonista della nostra industria. È ora necessario procedere alla veloce definizione di una Strategia nazionale sulla farmaceutica, con una profonda revisione della governance che continui ad aumentare le risorse e introduca nuovi modelli basati sul valore delle cure, per migliorare l’accesso ai medicinali e attrarre sempre nuovi investimenti e competenze. Possiamo farcela, noi ci siamo”, ha concluso Cattani.

L’industria farmaceutica italiana ha dimostrato di essere un’eccellenza a livello globale, capace di coniugare innovazione, crescita economica e benessere sociale. Ora è il momento di rafforzare questa traiettoria con una strategia chiara e lungimirante, che assicuri all’Italia un ruolo da protagonista nel panorama farmaceutico internazionale.


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