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Perché l’Italia non può fare a meno dei Balcani occidentali. Scrive l’amb. Castellaneta

La recente visita del ministro Tajani a Trieste simboleggia l’impegno strategico di Roma e la necessità di rinnovare la collaborazione europea per supportare il percorso di adesione dei Balcani all’Unione europea e rafforzare gli anticorpi democratici contro possibili interferenze esterne. Il commento dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta

In un momento in cui il mondo ha gli occhi puntati su crisi più urgenti e immediate – la guerra in Ucraina, il conflitto a Gaza tra Israele e Hamas, la situazione in Libano, gli attacchi degli Houthi, i disordini in Turchia – bene ha fatto il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a visitare Trieste, dove ha sede l’Iniziativa Centro-Europea (InCE) – gemella della Iniziativa Adriatico Ionica che ha sede, invece, ad Ancona – per ribadire l’importanza per l’Italia della regione dei Balcani occidentali e e la centralità della politica estera italiana. Una zona che è stata storicamente caratterizzata da turbolenza e instabilità, e che non si è ancora del tutto stabilizzata nonostante siano passati più di 25 anni dalla fine della guerra tra Serbia e Kosovo. Una regione, inoltre, che si trova letteralmente alle porte del nostro Paese e con la quale abbiamo da secoli avuto rapporti strettissimi tornando indietro, ad esempio, fino alla Repubblica di Venezia. Ma anche di recente l’Italia ha avuto un ruolo di primo piano nella regione, sia guidando missioni militari sorte per l’iniziativa di coalizioni di volenterosi (come l’operazione ‘Alba’ di peacekeeping in Albania), che attraverso la missione Kfor in Kosovo nel quadro della Nato.

Oggi, fortunatamente, i Balcani occidentali non stanno più vivendo nell’instabilità e nella violenza che hanno caratterizzato anche il recente passato, e la regione ha intrapreso un cammino convinto verso la democratizzazione e lo sviluppo economico. Non mancano, tuttavia, diversi punti di crisi, che vanno tenuti attentamente sotto controllo per evitare pericolosi passi indietro. A cominciare dai Paesi dell’ex Jugoslavia, con la Serbia che vede proprio in queste settimane una fase di tensione tra il primo ministro Miloš Vučević e il presidente Aleksandar Vučić, con le massicce proteste popolari proprio contro quest’ultimo. Non mancano poi i riflessi sul Kosovo, mai pienamente pacificato e con rapporti sempre problematici con Belgrado, nonostante buona parte della comunità internazionale ne abbia ormai riconosciuto l’indipendenza. C’è poi l’Albania, che da anni ha intrapreso un percorso di forte recupero rispetto al sottosviluppo del passato, anche se il governo attuale asseconda le tendenze in voga al momento di esecutivi “forti” che potrebbero rappresentare qualche problema per il pieno esercizio della democrazia. Senza dimenticare ovviamente la Macedonia del Nord, dove il recente incendio in una discoteca ha sottolineato il persistere di fragilità e debolezze istituzionali, e la Bosnia Erzegovina, dove le tre componenti etnico-religiose (serbi, croati e musulmani) non hanno ancora trovato una sintesi ottimale con i serbi della Repubblica Srpska che agiscono in maggiore sintonia con Belgrado che con Sarajevo.

Non vanno sottovalutate, inoltre, le influenze russe – più o meno sotterranee – anche attraverso la chiesa ortodossa che potrebbero rappresentare ulteriori elementi di instabilità e di allontanamento dall’Europa occidentale. In questo panorama, fa eccezione il Montenegro che sembra invece vicino a maturare tutti i requisiti formalmente necessari per poter essere ammesso nell’Unione europea e che ha avuto il coraggio di esprimersi nettamente a favore della Unione europea.

Insomma, la regione dei Balcani occidentali si trova ancora in una fase intermedia del suo percorso per accelerare le sue istituzioni civili e il suo sviluppo economico. All’Italia quale principale partner in tutti i settori di quei Paesi il compito – insieme all’Unione europea più in generale – di sostenere questi Paesi consentendo loro di mantenere la barra dritta e di rafforzare gli anticorpi democratici che permettano di resistere ai tentativi di interferenze esterne. A questo scopo, l’impegno europeo andrebbe rilanciato cercando di accelerare – considerando eventualmente la possibilità di adottare formule meno stringenti di partecipazione – la piena adesione dei Balcani occidentali all’Unione europea, rispettando le tappe e le tempistiche stabilite. A questo scopo, sarebbe importante il rilancio dell’iniziativa europea EUSAIR (Strategia europea per la regione adriatico e ionica), dando nuovo impeto alle organizzazioni regionali ad essa collegate quali la stessa InCE e la Iniziativa Adriatico Ionica che festeggia a giugno prossimo il venticinquesimo anniversario della sua costituzione, all’interno delle quali l’Italia gioca un ruolo fondamentale.

È giusto, dunque, che il governo italiano continui a puntare su queste iniziative e su questa area geografica, fondamentale per i nostri interessi strategici e per la nostra leadership nel più allargato quadro euro-mediterraneo. Trenta anni fa si sparava alle porte delle nostre frontiere e la Ucraina sembrava distante. Gli avvenimenti di questi ultimi tre anni hanno dimostrato che l’Europa non può essere considerata una isola felice e prospera dopo la fine della Seconda guerra mondiale e che dobbiamo prepararci in tempo ad ogni evenienza anche le peggiori a difesa dei nostri valori e della nostra indipendenza.


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