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L’Italia accelera sulla Space economy. Ecco cosa prevede il nuovo ddl

Di Riccardo Leoni e Marco Battaglia
Satellite

Inizia la discussione alla Camera sul ddl Spazio, la misura che prevede di migliorare la governance del settore per l’Italia, proiettandola nella nuova era della Space economy. Il testo, condiviso in larga parte tra maggioranza e opposizioni, ambisce a colmare l’attuale vuoto normativo e aprirà la strada agli investimenti nel nostro Paese. Resta tuttavia il nodo sulla sicurezza, sui cui non sono mancate frizioni per gli emendamenti che impedirebbero concessioni totali a operatori non nazionali

Dopo i lavori in Commissione, è approdato alla Camera dei deputati il disegno di legge in materia di economia dello spazio, che si prefissa l’obiettivo di proiettare l’Italia nella Space economy. Da terzo Stato nella storia a mandare in orbita un satellite – il San Marco 1 – a protagonista della nuova economia delle orbite, è questo il percorso tracciato da Andrea Mascaretti, relatore del ddl Spazio e presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Space economy, presentando il nuovo documento. L’Italia non può (e non dovrebbe) restare indietro rispetto al resto del mondo. Nonostante il testo sia in gran parte frutto di una negoziazione bipartisan, nel primo giorno di discussione in Aula non sono mancati momenti di frizione tra maggioranza e opposizione, in particolare rispetto ai temi legati alla sicurezza nazionale e agli operatori extra-europei (leggasi Elon Musk).

Il testo, al netto degli eventuali emendamenti che verranno apportati dall’Aula, si occupa di colmare il vuoto normativo che caratterizza il nostro Paese rispetto alle attività spaziali condotte da privati. In particolare, la nuova regolamentazione introduce un regime di autorizzazioni per gli operatori che intendono condurre missioni spaziali dall’Italia o per aziende italiane che operano all’estero. Il ddl istituisce un fondo per l’economia dello spazio, allinea l’ordinamento nazionale ai trattati internazionali in materia e prevede l’introduzione della responsabilità civile per danni causati da oggetti spaziali. Infine, dispone la creazione di un regime di vigilanza affidato all’Agenzia spaziale italiana (Asi), con l’ultima parola sulla sicurezza affidata al Comitato interministeriale, eventualmente integrato con il segretario generale della presidenza del Consiglio (art. 7), e con sanzioni severe per chi svolge attività senza i necessari permessi.

L’obiettivo finale non è solo quello di regolamentare, ma (e forse soprattutto) quello di rendere l’Italia un candidato ideale per gli investimenti pubblico-privati. Come esposto più volte durante la discussione generale alla Camera, nonché come ravvisabile a un rapido esame del mercato spaziale, la nuova corsa allo spazio è una competizione troppo impegnativa perché possa essere portata avanti senza una partecipazione decisiva delle realtà private, come peraltro dimostrato dal rilancio stesso del settore, largamente riconducibile all’input dato dalle iniziative dei privati negli ultimi anni.

Pochi giorni fa, ha fatto discutere il caso di Andrea Stroppa, collaboratore del patron di SpaceX, che in un post su X attaccava in particolare l’articolo 25 del testo, definendolo “anti-Musk”, relativo alla creazione di una riserva di capacità trasmissive satellitari nazionali, per cui il Partito democratico ha invocato l’inserimento di una clausola di preferenza prima per gli operatori nazionali, poi per quelli europei e solo in seguito per “gli operatori di altri Paesi della Nato” riguardo la concessione dell’appalto per il servizio. La proposta, non del Pd non è stata approvata in Commissione. Altri due emendamenti, approvati, prevedono invece di garantire un “ritorno industriale adeguato al sistema Paese” e una quota di partecipazione pubblica per garantire la sicurezza della suddetta riserva. Misure, come esposto dall’opposizione, proposte per tutelare la sicurezza nazionale e garantire l’integrità dei dati sensibili che passerebbero dalla riserva strategica satellitare. Secondo Andrea Casu (Pd), che in aula cita il discorso tenuto a Marsiglia da Mattarella sui “neofeudatari del terzo millennio”, un dibattito parlamentare relativo a questioni inerenti alla sicurezza nazionale, quali le comunicazioni satellitari, non può non essere approfondita nel dibattito parlamentare, promettendo che gli emendamenti bocciati in Commissione saranno presentati nuovamente, dato che “la sicurezza del futuro passa dalla sicurezza delle connessioni”.

Più che il discusso articolo 25, che assegna capacità trasmissiva via satellite per esigenze di Difesa, il vero nodo della bozza di legge sulla space economy è rappresentato dall’articolo 26 del ddl Spazio. Il testo apre alla sperimentazione dell’uso dello spettro elettromagnetico per applicazioni satellitari sul territorio italiano, un passaggio strategico in uno scenario globale sempre più competitivo. Negli Stati Uniti, la corsa alle frequenze satellitari è già in pieno svolgimento, con attori del calibro di Starlink e Airbus impegnati nel posizionarsi sulle bande disponibili. In Italia, l’assegnazione sperimentale di queste risorse a un operatore potrebbe tradursi in un vantaggio competitivo significativo, soprattutto in vista di una futura regolamentazione che definirà i contorni del mercato.


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