Dal Consiglio europeo, esce un’Unione coesa (per lo meno nei suoi 26 Paesi, al netto dell’Ungheria), a sostegno incondizionato dell’Ucraina e contro Putin. E l’Italia, sulle decisioni strategiche, è a pieno titolo allineata ai partner, senza indugi. Per la Difesa Comune serve più coordinamento sugli investimenti Made in Europe, senza dimenticare la sponda transatlantica. Colloquio con Carlo Curti Gialdino, già ordinario di Diritto dell’Unione europea alla Sapienza e vicepresidente dell’Istituto diplomatico internazionale
“Dal Consiglio europeo, esce un’Unione coesa (per lo meno nei suoi 26 Paesi, al netto dell’Ungheria), a sostegno incondizionato dell’Ucraina e contro Putin. E l’Italia, sulle decisioni strategiche, è a pieno titolo allineata ai partner, senza indugi”. Il commento su Formiche.net arriva, a lavori ancora in corso, da Carlo Curti Gialdino, già ordinario di Diritto dell’Unione europea alla Sapienza e vicepresidente dell’Istituto diplomatico internazionale.
Professore, ancora una volta viene aggirato il veto di Budapest e i 26 votano compatti per il sostegno a Kyiv. Quale segnale va colto all’esito delle conclusioni su questo punto da parte del Consiglio Ue?
Sono conclusioni positive, che ribadiscono coerentemente il sostegno all’Ucraina. Su questo, devo dire, non ci sono grosse novità se non qualche richiesta di accelerare sul processo di adesione di Kyiv all’Unione. L’Italia su questo è perfettamente allineata agli altri partner senza infingimenti.
La premier Meloni ha incontrato Ursula von der Leyen prima dell’avvio del Consiglio. Un summit nel quale ha ribadito, sulla Difesa, una linea chiara: non bisogna adoperare i fondi di coesione. Si ricorrerà dunque solo agli Eurobond?
Sono diverse le ipotesi emerse, ma sui fondi di coesione non c’è pericolo per l’Italia. Tanto più che il tiraggio dei fondi è volontario, per cui senza una chiara volontà del Paese in questo senso non si sposta neanche un centesimo.
Il ReArm Eu ha suscitato reazioni differenti anche sul piano interno, tanto in maggioranza quanto all’opposizione. Quale deve essere a suo giudizio l’approccio corretto al tema della Difesa?
Il burocrate che ha suggerito alla presidente von der Leyen la parola riarmo non ha certamente fatto un corso di comunicazione. Una parola che onestamente non mi piace. Tuttavia, l’approccio corretto a questo tema dovrebbe presupporre un coordinamento degli acquisti militari made in Europe ma senza dimenticare la sponda transatlantica.
Come va declinato questo coordinamento, all’atto pratico?
Nella scelta di un modello comune di carro armato, di aereo, di sistema di difesa più in generale. Tutto questo deve essere declinato in un ragionamento che preveda una stretta relazione con le aziende nazionali della Difesa che devono avere anch’esse un maggiore coordinamento. E, per quanto riguarda l’Italia, sicuramente Leonardo ha un know-how spendibile in questo disegno.
Sui dazi minacciati dall’inquilino della Casa Bianca, quale deve essere la risposta europea?
Ancora una volta unitaria, in ossequio ai trattati europei. Mentre la competenza sulla politica estera resta in capo ai singoli Paesi, sulla strategia commerciale la risposta deve essere comunitaria. Se verranno introdotti i dazi statunitensi, dovranno essere introdotti dazi comunitari. E l’Italia, su questo, deve allinearsi evitando parcellizzazioni.
Stanno facendo discutere le parole della premier Meloni suVentotene. Cosa ne pensa?
Meloni penso che si fosse preparata quell’uscita sul Manifesto e credo che alla base di tutto ci sia stato un errore fatto dal quotidiano La Repubblica.
Perché?
Il direttore di Repubblica ha deciso di distribuire, in allegato al giornale, il manifesto di Ventotene nel giorno della manifestazione di piazza del Popolo. Una manifestazione decisamente politica, in chiave anti-governativa. Si è quindi data un’immagine distorta del documento. Nel merito: il Manifesto è stato scritto nel 1941. E, già negli anni ’60, Spinelli aveva in parte abiurato alcuni concetti ripresi dall’intervento della premier. Peraltro, quest’ultima, ha fatto chiaramente un discorso per i suoi elettori, più che per il Parlamento. Da ultimo, sottolineo che sono molto più gravi le divisioni del Pd registrate durante il voto al Parlamento europeo piuttosto che il discorso di Meloni su Ventotene.