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La denatalità non si combatte a colpi di bonus. I consigli di Rosina

Dietro il drammatico e costante calo delle nascite, ci sono decenni di politiche per la famiglia mal calibrate. E ora il punto di non ritorno per la previdenza e le pensioni è dietro l’angolo. Conversazione con il docente e demografo della Cattolica di Milano, Alessandro Rosina

Figli? Se ne fanno sempre meno e se sì, sempre più tardi. E si vive sempre di più. In Italia è emergenza demografica e non è certo una novità. Secondo i dati provvisori dell’Istat, nel 2024 i nati residenti in Italia sono stati solo 370mila, in diminuzione di circa 10mila unità (-2,6%) rispetto all’anno precedente. Il tasso di natalità si è dunque attestato al 6,3 per mille (contro il 6,4 del 2023) a fronte di una fecondità è stimata in 1,18 figli per donna, sotto quindi il valore osservato nel 2023 (1,20) e inferiore al precedente minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. Insomma, culle sempre più vuote.

Inoltre, cresce la speranza di vita. Nel 2024, comunica ancora l’Istat, si contano 651mila decessi, 20mila in meno rispetto al 2023. In rapporto al numero di residenti, sono deceduti 11 individui ogni mille abitanti, contro gli 11,4 dell’anno precedente. Questo vuol dire un guadagno di vita rispetto al 2023 di circa cinque mesi sia per gli uomini sia per le donne. La speranza di vita alla nascita nel 2024 è stimata in 81,4 anni per gli uomini e in 85,5 anni per le donne (+0,4 in decimi di anno), valori superiori a quelli del 2019.

Ora, mettendo a sistema sia il dato sulle nascite, sia quello relativo all’allungamento della vita, si evince come il sistema del welfare italiano sia vicino a un punto di non ritorno: meno figli vuol dire meno giovani, dunque meno lavoratori e meno contributi per lo Stato: dunque meno soldi per pagare prestazioni, bonus e pensioni, le quali invece aumentano visto l’invecchiamento in atto. Come fare, sempre che ci sia qualcosa da fare? Formiche.net ne ha parlato con Alessandro Rosina,  professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano.

“Siamo in una situazione quasi disperata, ma non siamo ancora al punto di non ritorno. Abbiamo delle chance per invertire la rotta prima di cadere nel baratro”, premette Rosina. “Gli ultimi dati dell’Istat certificano il peggioramento della situazione, che va verso un burrone: l’Italia da oltre 40 anni è in crisi di fecondità. Siamo molto lontani dall’equilibrio tra generazioni, con due figli per donna che sostituiscono i due genitori al momento del decesso. L’ultimo muro che rimaneva da abbattere era il numero di figli per donna, al suo minimo nel 1995. E ora quel muro è stato abbattuto. Abbiamo, nella sostanza, una riduzione di un terzo di persone in grado di avere figli. E poi abbiamo perso la possibilità di rientrare nello scenario ottimale, perché fino a pochi anni fa si prevedeva che le nascite tornassero ad aumentare, cosa che non è successo”.

Il punto è che “abbiamo meno giovani in grado di diventare genitori: i salari in Italia sono bassi a fronte di un costo della vita alto in tutta Europa. E poi c’è tanta incertezza sul futuro. Il che pone molte coppie nelle condizioni di rinunciare ad avere un figlio. Purtroppo questa è la realtà dei fatti”. Va bene, ma come la mettiamo con i conti del welfare? Con la previdenza? Con la spesa pensionistica? Anche qui il problema c’è, ed è piuttosto grosso.

“Il punto di non ritorno è vicino, la prospettiva di ritrovarci tra pochi anni un rapporto uno a uno tra persone che lavorano e persone che stanno in pensione è reale. Se non si inverte la rotta, migliorando le condizioni dei giovani, aiutandoli a entrare nel mondo del lavoro, sostenendo le donne che lavorano, rischiamo di superare la famosa linea rossa. Con una spesa sociale fuori controllo e con un sistema pensionistico a rischio. Anche perché, attenzione, parliamo di spese incomprimibili: non si può smettere di pagare le pensioni o di erogare le prestazioni per gli anziani”.

Dai ragionamenti di Rosina emerge poi una verità: i soli sussidi non bastano a salvare la natalità. “L’errore compiuto fin qui dalla politica italiana è stato quello di non lavorare di politiche strutturali, ricorrendo ai soli palliativi, come i bonus. Vede, fare un figlio è un orizzonte temporale, che richiede scelte precise, chiare, verticali. Tutto questo non è stato fatto, sono mancate le politiche abitative, per la famiglia, per il sostegno alle donne. Se si pensa di elargire qualche bonus ogni tanto, la situazione non cambierà. Ma se invece si cominciano a mettere a terra politiche strutturate, come per esempio un ciclo di sussidi duraturo nel tempo, penso all’assegno unico, che convinca i giovani a fare un figlio, che rassicuri le coppie, allora la situazione potrebbe migliorare”.


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