Il settarismo produce settarismo e i partiti interconfessionali sono la cura più evidente. Ci si potrebbe arrivare anche con la costituzione di un partito cristiano che tolga ruolo politico ai patriarchi, unisca al di là delle loro appartenenze ecclesiali, rinnovi il loro discorso, ne purifichi la memoria e poi, auspicabilmente, si proponga per riaggregazioni intercomunitarie. Qualcosa del genere accadde in Libano dopo l’assassinio di Hariri. L’analisi di Riccardo Cristiano
Come tutti sanno la grande sollevazione popolare araba del 2011 fece perno su uno slogan unificante: “Il popolo vuole la caduta del regime”. Se questo era il suo slogan, il suo eroe-simbolo era un umile venditore ambulante tunisino, che davanti alle angherie del regime disse “basta” dandosi fuoco.
Uno dei luoghi topici di quella stagione da tutti per me giustamente chiamata “Primavera araba”, perché finalmente riconosceva nei regimi il loro nemico, è stata la Siria. Ma poi la caduta del regime è arrivata, Assad è scappato, con la cassa statale ma è scappato. Poi però ci si è dimenticato l’eroe-simbolo, che non si qualificava per appartenere a un gruppo religioso o etnico, ma per essere una vittima dei regimi. Essersi dimenticati di lui ha significato perdere il bandolo della risposta alla domanda che giunge dopo lo slogan “il popolo vuole la caduta del regime”: e cioè “per fare cosa?”
Da quando gli islamisti sunniti guidati dall’attuale presidente al-Sharaa hanno preso il potere le parole, spesso belle, non hanno corrisposto ai fatti: il conflitto infatti ha cominciato a cambiare e dallo scontro tra un regime con i suoi adepti, beneficiari e beneficiati, molto spesso appartenenti alle minoranze confessionali come alla maggioranza sunnita, è cominciata una deriva settaria.
Questo riflesso quasi automatico ha portato a diverse conseguenze: la prima, gravissima, è stata quella del massacro settario degli alauiti, in quanto tali. Tutto è nato da provocazioni armate messe in atto, con tanto di assassinii, da lealisti del deposto presidente, ma ciò che è seguito è stato un rigurgito settario, gestito da alcuni gruppi, ma che ha riguardato il profondo, emerso ritengo per spinta “emotiva”: si sono uccisi strada per strada, quartiere per quartiere, alauiti, donne e bambini inclusi, perché tali.
Migliaia di loro sono fuggiti a piedi in Libano, vi sono giunti esausti e non vogliono tornare. Denunciare non basta, occorre andare a fondo. Il governo ha insediato una commissione d’inchiesta, ma sin qui nulla è emerso di ufficiale. Secondo Najib George Awad, ricercatore siriano che ne ha scritto su Daraj, il settarismo è nel cuore della matrice salafita jihadista regressiva della federazione eterogenea che sostiene al Sharaa, l’attuale presidente. Nella sua visione questa costellazione di forze diverse fa perno su una matrice virtuale il cui eroe leggendario è al-Sharaa. Negli anni in cui costoro lottavano in una periferia siriana, a Idlib, hanno consentito a chi ne fosse attratto di fuggire dal mondo reale e rifugiarsi in questa Siria virtuale, il cui l’eroe era l’attuale presidente. Ora che hanno conquistato la Siria userebbero a suo avviso, tutti i mezzi per trasformare questa realtà virtuale nella Siria reale. E lo fanno con tutti i mezzi coercitivi possibili. La questione si può ulteriormente allargare?
Sebbene appaia di segno opposto è molto preoccupante un piccolo fatto di queste ore: per l’apparente desiderio di distensione con un’altra minoranza, quella cristiana, il ministro della Sanità, parente del presidente al Sharaa, ha ricevuto suor Agnese De La Croix, la “suora di Assad”: non negò che il massacro chimico del 2013 fosse stato perpetrato dal regime, come è ormai conclamato? Questa scelta indica un pericolo: consegnare i cristiani, ridotti anche loro a una setta, ai tragici epigoni di Assad. Le minoranze tutto sommato devono essere altro da loro. È di tutta evidenza invece che i cristiani non vanno “protetti” in quanto tali: se hanno commesso reati vanno perseguiti, come tutti gli altri. Ma se non li hanno commessi o li hanno avversati, vanno rispettati e difesi come tutti gli altri. È questo il significato profondo della scelta del vero eroe, non al-Sharaa, ma colui che nella lontana Tunisia avviò la Primavera araba non per la sua etnia, non per la sua fede, non per la sua tribù, ma per il suo essere perseguitato ingiustamente.
Il problema dunque è il settarismo, e questo si desume con la public story, cioè con l’analisi critica dell’uso del passato per orientare l’opinione pubblica. Leggendo quel che si riesce a trovare il discorso diventa settario, non più popolo oppresso contro regime. Questo purtroppo non si vede, si sente invece uno spirito di “fierezza identitaria”.
Infatti il governo intercomunitario e interconfessionale che doveva essere varato ai primi di marzo ancora non si vede. È uno snodo decisivo che il presidente ancora non affronta perché deve fare i conti, dentro di sé o tra i suoi, conta poco, il discorso della fierezza identitaria.
Ecco allora che la costituzione provvisoria che ha varato non può soddisfare. Lui e i suoi si sono sgolati in tutti i modi per spiegare che il testo è provvisorio, potrà essere cambiato in un prossimo futuro, ha inserito però il rispetto delle libertà individuali di tutti i cittadini e la distinzione tra poteri. È vero, ma confermare disposizioni antiche in Siria, come che il presidente deve essere un musulmano, dimostra insensibilità verso ciò di cui ci si vanta. Cosa di meglio per allontanarsi dal vecchio che scegliere questo simbolo potente: “Il presidente della Siria non deve più essere, come è stato nel doloroso secolo trascorso, un musulmano!”. Difficilmente qualcuno lo avrebbe chiesto, difficilmente sarebbe accaduto, ma un cristiano avrebbe potuto candidarsi e dimostrare che non ci sono settarismi, che si è in cammino per costruire l’uguaglianza, a tappe magari; partire da questo dato formale sarebbe stato molto meglio che ricevere suor Agnese.
Come non si è fatto questo non si è saputo fare neanche altro. La Repubblica si chiama sempre Repubblica Araba, benché ne siano cittadini anche molti curdi, la giurisprudenza islamica è sempre la fonte principale di ispirazione. Ma se queste disposizioni sono un bagaglio che, come hanno argomentato dagli ambienti vicini al presidente, non si è voluto toccare nel testo provvisorio ma potrà essere fatto dopo, in cosa si è voltato pagina rispetto ad Assad? Nella garanzie di libertà? Ma queste disposizioni non le ledono?
Al-Sharaa poteva benissimo tornare provvisoriamente alla costituzione precedente la cinquantennale dittatura degli Assad e proseguire davvero il confronto costituzionale. Ora però bisogna cambiare indirizzo, con scelte per l’oggi. Le risultanze della commissione d’inchiesta sul massacro degli alauiti saranno un crocevia decisivo. Ma occorre una leva e questa oggi sarebbe la costituzione di uno o partiti interconfessionali, strada maestra per sconfiggere il settarismo. Il settarismo infatti produce settarismo e i partiti interconfessionali sono la cura più evidente. Ci si potrebbe arrivare anche con la costituzione di un partito cristiano che tolga ruolo politico ai patriarchi, unisca al di là delle loro appartenenze ecclesiali, rinnovi il loro discorso, ne purifichi la memoria e poi, auspicabilmente, si proponga per riaggregazioni intercomunitarie. Qualcosa del genere accadde in Libano dopo l’assassinio di Hariri.