O l’Italia resta disarmata, o paga le sue spese militari, con tutto quello che comporta. Non c’è alternativa fuori dal mondo dei sogni. Se l’Italia non si arma perde comunque il suo stato sociale, solo che lo perde insieme alla sua indipendenza politica
Il ruolo della Santa Sede come diplomazia disarmata è essenziale in questi tempi di guerra calda o fredda, come ho cercato di argomentare in una recente intervista al Servizio informazioni religiose. Ma l’Italia non è la Santa Sede, non può essere disarmata se non vuole essere solo una definizione geografica.
Sunzi, il Classico della strategia militare cinese, comincia con: 兵者,國之大事,死生之地,存亡之道,不可不察也 traducibile con: “Il militare è la questione più importante dello Stato, il terreno che ne decide la vita o la morte, il metodo per la sua sopravvivenza o la fine. Perciò deve essere assolutamente esaminata”.
Logicamente fa rima con il vecchio adagio: tu puoi non essere interessato alla guerra ma la guerra è interessata a te. È l’eredità di si vis pacem para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra.
Ora secondo alcuni sondaggi d’opinione il 70% degli italiani sono contrari al riarmo e molti politici e opinionisti dicono: vogliamo la pace non la guerra, come se l’affermazione irenica bastasse a creare l’arcobaleno.
La realtà è più forte delle idee, dice il papa. La realtà è che, giusto o sbagliato, l’America di Donald Trump non vuole più pagare per la difesa italiana. Del resto, gli americani non hanno la sanità, la scuola gratuita, l’assistenza sociale che ci sono in Italia e in Europa.
Nella ricchissima New York donne abbandonate da mariti o compagni faticano notte e giorno in due, tre lavori contemporaneamente per mantenere i figli senza alcun aiuto dallo Stato. Perché gli Usa devono maltrattare propri cittadini per fare risparmiare alle forze armate dell’Italia che poi spende in coccole ai suoi?
Quindi o l’Italia resta disarmata, o paga le sue spese militari, con tutto quello che comporta.
Non c’è alternativa fuori dal mondo dei sogni. Se l’Italia non si arma perde comunque il suo stato sociale, solo che lo perde insieme alla sua indipendenza politica e facendo iniziare una guerra. Un Paese disarmato, o poco armato, non è mai restato indipendente o ha evitato la guerra. Anzi ha perso l’indipendenza e attirato un attacco militare esterno.
Il problema non è una scelta tra pace o guerra. Nessuno, sano di mente, vuole la guerra, la distruzione della propria casa, la sua famiglia, i suoi affetti. Ma proprio per evitare la guerra bisogna prepararsi. Chi non si prepara, di fatto la istiga, la fomenta. I veri guerrafondai sono coloro che si oppongono al riarmo del proprio Paese.
Ciò non significa essere contro il papa, anzi. Il papa invita tutti a lavorare per la pace e disarmarsi. Infatti, il disarmo funziona quando due o più contendenti si siedono a un tavolo e si accordano su un piano di riduzione della tensione. Significa che bisogna lavorare con la politica, la diplomazia. Parte di ciò è prepararsi alla guerra.
Ma se l’altra parte si riarma e noi restiamo immobili, invitiamo la sua invasione: la politica come la fisica non tollera i vuoti. Oggi la Russia ha ricostruito in tre anni la sua industria bellica, con l’aiuto di Cina, Nord Corea e Iran. Questa industria non può essere riconvertita in civile nello spazio di un mattino, anche se la pace scoppiasse domani e Mosca volesse. L’ombra della minaccia russa potrebbe restare per molti anni.
Se l’America non può o non vuole occuparsi della difesa italiana, che può fare realisticamente l’Italia? La scelta è essere invasa direttamente o indirettamente dalla Russia o da una banda di predoni libici, oppure unirsi attivamente al piano di difesa europea che oggi solo può tutelare il Paese.
Può darsi che l’Italia desideri diventare una colonia di Tripoli, una succursale di Benghazi, che Mosca, a cui è sfuggita la conquista di Odessa, luogo di nascita di “O sole mio”, voglia cantare la canzone direttamente a Napoli.
Può darsi che gli italiani preferiscano essere trucidati in una guerra di invasione, piuttosto che tentare di evitare un conflitto armandosi, ma l’alternativa deve essere posta ai cittadini senza infingimenti o menzogne. “Volete cercare di evitare una guerra armandovi oggi, oppure essere massacrati sicuramente da un’invasione domani?”.
Poi come attivare il piano di riarmo, è un altro discorso, ma la scelta deve essere posta in maniera autentica, non finta. È questione che non ha destra o sinistra, nord o sud, ma fa o disfa la nazione. Ai cittadini italiani, i suoi intellettuali, le sue classi dirigenti, la gente che vive nelle periferie, nelle province spaventate dai cambiamenti e dalle sfide, i vecchi abbarbicati nelle campagne, la stima.