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Per il futuro dell’Ue, il ruolo del nuovo cancelliere tedesco può rivelarsi decisivo. La versione di Paganetto

Non è chiaro cosa abbia davvero spinto la Casa Bianca a inasprire le tariffe per le merci in entrata negli Usa. Una cosa è certa, l’Europa non può pensare di cavarsela solo con una risposta muscolare, ma deve lavorare a una politica estera comune che porti a una nuova Bretton Woods. Conversazione con il presidente della Fondazione Economia Tor Vergata, Luigi Paganetto

Le tensioni commerciali innescate dall’attivismo della seconda amministrazione Trump, rischiano di giocare un brutto scherzo all’economia. Cina, Canada, Messico, ora l’Europa, nessuno sembra essere immune dall’inasprimento tariffario per le merci in ingresso negli Stati Uniti.

Le stesse Borse europee, lo scorso martedì hanno avuto un crollo nervoso, mandando al macero decine di miliardi in una sola seduta. Di questo si è parlato nel corso dell’incontro in scena al Cnel e promosso dal Gruppo dei 20, Dazi, squilibri commerciali e ordine economico internazionale. Quali scelte per l’Europa? al quale hanno preso parte il presidente del Cnel, Renato Brunetta, il docente, già ministro dell’Economia, Giovanni Tria, Rainer Masera, economista all’Università Marconi e Luigi Paganetto, presidente dalla Fondazione Economia Tor Vergata.

E proprio con Paganetto Formiche.net ha affrontato alcuni dei temi oggetto del dibattito a Villa Lubin. “È chiaro che una guerra commerciale non conviene a nessuno e che la minaccia Usa dell’imposizione di dazi si è rivelata più un’arma negoziale, che una scelta di policy. La questione che rimane aperta per Trump è il problema del deficit federale, che ha ormai raggiunto i 2mila miliardi di dollari”, spiega Paganetto. “In quest’ottica, a poco servono i dazi, mentre è decisiva la sottoscrizione di titoli del Tesoro da parte di finanziatori esteri che, ovviamente, sono sensibili alla stabilità del dollaro che, viceversa, solo se si svalutasse, potrebbe sostenere la bilancia commerciale”.

Per l’economista, “sono questioni che mettono in primo piano un ripensamento delle regole di Bretton Woods, che sembra peraltro la strada su cui l’amministrazione americana si è, di fatto, incamminata. In questo quadro quali scelte ha di fronte l’Europa? La risposta è difficile, ma la soluzione non può venire soltanto da dazi ed export. Il ruolo della Germania e del nuovo cancelliere può rivelarsi decisivo”. Paganetto entra poi nel merito del punto di vista statunitense.

“Trump in campagna elettorale ha promesso il controllo dell’inflazione e sgravi fiscali e come presidente ha mostrato impegno nel mantenere fede alle promesse. Ora, con l’introito dei dazi vuole forse finanziare gli sgravi promessi con un’azione mirata per classi di merci o con una applicazione generalizzata? Direi che è possibile, ma i dazi comportano un’aumento dei prezzi, che può essere controllato da una stretta monetaria che però farebbe aumentare il valore del dollaro e a sua volta peggiorare la bilancia commerciale. L’inflazione, poi, non gli consentirebbe di mantenere le promesse di cui sopra”.

Ma mentre non è ancora chiaro l’obiettivo degli Stati Uniti dietro i dazi, la domanda è: quali scelte può fare l’Europa? “Intanto interrogarsi sui propri dazi e sulle barriere interne agli scambi (come sostiene Mario Draghi nel suo rapporto, ndr). E poi lavorare a una politica estera comune, comunque necessaria anche per contribuire a una nuova Bretton Woods in presenza del declino del ruolo del Wto”.


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