Come osservato da Giorgia Meloni in occasione delle comunicazioni alle Camere di qualche giorno fa, l’idea italiana formulata ai partner europei e occidentali prevede l’attivazione di garanzie di sicurezza, tra l’Ucraina e le nazioni che intendono sottoscriverle, sul modello del meccanismo previsto dall’articolo 5 del Trattato Nato, senza che questo implichi necessariamente l’adesione di Kyiv all’Alleanza Atlantica. Stessa posizione espressa dall’inviato di Trump
Si fa strada la proposta italiana al fine di individuare una strada comune che porti ad una soluzione al conflitto bellico e che apra le porte ad una pace giusta. L’Ucraina potrebbe godere di quelle garanzie di sicurezza che rientrano nel perimetro dell’Articolo 5 dell’Alleanza: lo ha detto ieri Steve Witkoff, inviato per il Medio Oriente di Donald Trump, concetto che martedì scorso Giorgia Meloni aveva espresso in Senato e alla Camera nelle comunicazioni pre consiglio europeo. L’elemento diplomatico mescolato ad un realismo ragionato è sul tavolo dei decisori, anche in vista del prossimo vertice sull’Ucraina convocato a Parigi per il 27 marzo.
Le parole di Witkoff
Intervistato da Tucker Carlson, l’inviato presidenziale Usa, Steve Witkoff, ha affrontato il tema dell’alleanza atlantica e ha detto di ritenere che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si sia ormai “per lo più rassegnato” all’idea entrare nella Nato. Al contempo ha aggiunto di non poter escludere che l’Ucraina possa godere di quelle garanzie di sicurezza che rientrano nel perimetro dell’Articolo 5 dell’Alleanza. “Ci sono stati tutti i tipi di discussioni sulla possibilità che gli ucraini possano comunque ottenere la cosiddetta protezione dell’Articolo 5, possano in qualche modo averla dagli Stati Uniti e dalle nazioni europee senza essere membri della Nato, credo che su questo la discussione sia aperta”, ha detto. E chiudendo con una riflessione di prospettiva: “Se ci sarà un accordo di pace, l’Ucraina non può essere un membro della Nato”.
Il nesso con la posizione italiana
Come osservato da Giorgia Meloni anche in occasione delle comunicazioni alle camere di qualche giorno fa, la proposta italiana formulata ai partner europei e occidentali prevede l’attivazione di garanzie di sicurezza, tra l’Ucraina e le Nazioni che intendono sottoscriverle, sul modello del meccanismo previsto dall’articolo 5 del Trattato Nato, senza che questo implichi necessariamente l’adesione di Kiev all’Alleanza Atlantica. Il premier ha spiegato in quell’occasione che i termini dell’art. 5 del Trattato Nato non prevedono, “come si dice, l’automatica entrata in guerra in caso di aggressione di uno Stato membro”, ma l’assistenza alla nazione aggredita con l’azione che si reputa più necessaria. “Il ricorso all’uso della forza è una delle opzioni possibili, ma non è l’unica opzione possibile. E il meccanismo che immaginiamo non sarebbe ovviamente a senso unico, ma permetterebbe alle Nazioni che intendono sottoscrivere le garanzie di poter contare anche sull’Ucraina in chiave difensiva, e oggi l’Ucraina possiede uno degli eserciti più solidi dell’intero continente”.
Opzione pragmatica
Il governo italiano su questo ha già riscontrato un crescente consenso e dal punto di vista di Palazzo Chigi rappresenta anche una opzione decisamente meno complessa, meno dispendiosa e più efficace delle altre proposte attualmente in campo, dal momento che le garanzie di sicurezza “restano la chiave di volta di qualsiasi ipotesi di pace duratura in Ucraina e in Europa, e rappresentano anche il modo migliore per costringere la Russia a giocare a carte scoperte: se non è nelle intenzioni di Mosca procedere in futuro a una nuova invasione, quale sarebbe il motivo di un’opposizione a garanzie di sicurezza solo difensive?”.
Lavorare senza clamore
Il tema su cui il premier italiano ha puntato con insistenza è quello del lavorìo diplomatico, silenzioso e magari anche a fari spenti, al fine di individuare un “difficile equilibrio che possa soprattutto garantire all’Ucraina un futuro sicuro e a noi la serenità che i cittadini vogliono tornare ad assaporare”. Ma per farlo, da Chigi è stata ribadita la volontà di voler insistere “su quello che per noi non è soltanto un pilastro culturale e di civiltà, ma un banale dato di realtà: non è immaginabile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l’Europa e gli Stati Uniti”. Un gancio che porta al secondo tema, legato a doppia mandata ai destini di Kiev e di Bruxelles: il rapporto tra Ue e Usa, che deve restare solido grazie a chi “getta ponti e non solchi” ta le due sponde dell’Atlantico. La cornice euro-atlantica su cui Roma lavora senza indugi.