Il piano ReArm Europe annunciato da von der Leyen è positivo, ma per attuarlo occorrono per lo meno due presupposti: la riscrittura del Trattato di Maastricht e una variazione della Costituzione tedesca che ne permetta il riarmo. L’obiettivo nel lungo termine deve essere quello della costruzione di un esercito europeo all’avanguardia. Se serve, va fatto debito buono. E l’Italia può avere un ruolo centrale. Conversazione con l’economista Giulio Sapelli
Fra gli intendimenti del piano ReArm Europe c’è quello di mettere i Paesi Ue nelle condizioni di aiutare maggiormente l’Ucraina. Ma è in prospettiva che va guardato il maxi investimento da 800 miliardi annunciato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. In vista del summit straordinario previsto per domani, proprio per affrontare con urgenza il dossier Ucraina (alla luce soprattutto delle ultime decisioni dell’amministrazione statunitense), si registrano le prime reazioni al disegno europeo. Parallelamente, il cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz, parafrasando le parole di Mario Draghi, annuncia la volontà di uscire dal rigorismo economico sul pareggio di bilancio. Berlino, tra infrastrutture e Difesa, si appresta a mettere sul piatto un plafond di circa ottocento miliardi. Due passaggi molto rilevanti (oltre che inevitabilmente interconnessi) e che aprono a una nuova prospettiva europea. “Il piano ReArm Europe annunciato da von der Leyen è positivo, ma per attuarlo occorrono per lo meno due presupposti: la riscrittura del trattato di Maastricht e una variazione della costituzione tedesca”. A dirlo sulle colonne di Formiche.net è Giulio Sapelli, economista, docente alla Statale di Milano, presidente della fondazione Germozzi.
Professore, che tipo di reazione c’è da aspettarsi dai Paesi membri dell’Ue al piano della presidente von der Leyen?
Questo piano può funzionare anche come elemento di coesione fra i Paesi membri dell’Unione purché, ribadisco, venga rivisto il trattato di Maastricht proprio per dare un impulso concreto sul versante della Difesa. Vanno però tenute presente alcune considerazioni.
A cosa fa riferimento?
Il ReArm Europe difficilmente potrà dare risposte immediate sul dossier ucraino. Per costruire finalmente un esercito europeo ci vorranno almeno dieci anni, considerando anche le condizioni in cui versano alcuni eserciti degli stati membri: quello francese è in stato di forte crisi sul piano della governance; quello polacco è all’avanguardia ma non può bastare da solo, mentre quello britannico è fuori dal perimetro europeo. Ogni ragionamento sulla Difesa, comunque, deve contemperare una dimensione che comprenda anche l’anglosfera.
Questo piano come interverrà nei rapporti con la Nato?
Deve essere uno strumento per rafforzare la presenza europea nella Nato. Non possiamo immaginarci separati dalla dimensione dei rapporti con l’alleanza atlantica. E, fra l’altro, resta prioritario – benché provando a tutelare la posizione dell’Ucraina fino in fondo – cercare di allentare la tensione con la Russia evitando che rafforzi ulteriormente i suoi legami con la Cina. Seppur espresse in maniera brutale, queste sono le direttrici giuste che sta seguendo il presidente americano Donald Trump.
Alla base del ReArm Europe c’è una mobilitazione di 800 miliardi. L’orientamento di fare debito comune per sostenere gli investimenti sulla Difesa è corretto?
Certo che lo è. Questo è “debito buono” i cui effetti, però, sull’economia “civile” saranno misurabili solamente tra qualche tempo. Gli investimenti che avranno ricadute più immediate sono quelli che vengono predisposti per il settore dell’aereospazio. Comparto strategico dal quale la costruzione dell’esercito europeo non può prescindere.
Merz ha annunciato la volontà di varare misure per altri 800 miliardi, venendo meno al rigorismo economico che ha sempre contraddistinto la Germania, vincolata al pareggio del Bilancio pubblico. Ci sono le condizioni per mettere in campo questi fondi?
Merz è un abile politico e senz’altro l’annuncio di questo piano è stato efficace. In termini politici, la Cdu e i socialisti potranno anche aver trovato l’accordo. Ma sarà poi la corte costituzionale tedesca a dover pronunciare il verdetto definitivo sulla possibilità di allentare sui vincoli di bilancio e fare debito. La Germania, per avere centralità nel piano presentato da Ursula, dovrà fare una profonda revisione del proprio ordinamento.
Si riferisce alla Costituzione?
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Costituzione tedesca venne concepita per evitarne, di fatto, il riarmo. Questo aspetto, evidentemente, confligge con l’obiettivo del ReArm Europe. L’epoca della “mano” americana poggiata sulla testa, probabilmente è finita.
Il ruolo italiano in questo quadro come lo vede?
Noi potremo essere centrali in questo percorso. Abbiamo aziende come Leonardo che hanno sviluppato un grande know-how rendendole eccellenze a livello mondiale. L’Italia ha una Marina Militare fra le migliori al mondo e un grande pragmatismo – a differenza dei tedeschi – in ordine al debito pubblico. Sul piano europeo, però, dobbiamo impegnarci a gran voce affinché tutte le ideologie green vengano messe a tacere. Per dirla con una battuta: l’esercito europeo non può andare avanti con le pale eoliche.