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Ora anche la Russia ha paura delle auto cinesi. E Mosca impallina Pechino

La pressione dei costruttori del Dragone sul mercato russo ha costretto la Federazione ad aumentare le tariffe per i veicoli in entrata. E così la Cina diventa una minaccia industriale globale

Chi ha paura della concorrenza cinese su quattro ruote? L’Europa, certo, tanto dall’essere corsa ai ripari con un ambizioso piano che, nella sostanza, dà più tempo all’industria dell’auto continentale di decifrare il Green new deal da una parte e rispondere alla sfida dei costruttori cinesi, come Byd, soprattutto nel campo dell’elettrico. Ora però un po’ di apprensione comincia ad avercela anche la Russia, alleata e grande amica, almeno sulla carta, del Dragone.

Perché il punto è questo: le auto cinesi, specialmente quelle verdi, costano molto meno di quelle prodotte in altre Paesi, ex Urss inclusa. Inoltre, Pechino ha volumi di produzione molto più elevati rispetto alle linee europee e, in generale, di molti suoi concorrenti. Un modo, quello di spingere sulle auto, anche per compensare la drammatica crisi dei consumi interni che continua ad attanagliare l’economia. A febbraio, i prezzi in Cina hanno conosciuto un calo maggiore delle attese, visto che dal +0,5% annuale fatto registrare a gennaio l’inflazione è passata in territorio negativo per la prima volta in 13 mesi: i prezzi hanno infatti segnato -0,7% annuale (le attese prevedevano –0,4%).

Tornando alle quattro ruote, tutto questo sta nei fatti aumentando la pressione sui mercati extra-Cina, compresso quello russo, anche per effetto delle sanzioni imposte alla Russia dall’Occidente, che hanno tagliato fuori molti marchi dalla Federazione, aprendo praterie al Dragone e ai suoi costruttori. Tanto per fare un esempio, prima dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, le auto cinesi rappresentavano meno del 10% del mercato russo. Negli ultimi mesi, invece, la quota di vendite dei marchi cinesi ha registrato un notevole aumento, raggiungendo quasi il 56% del totale.

Per tutti questi motivi, al Cremlino hanno deciso di prendere la situazione in mano, cercando di frenare l’ondata di importazioni di veicoli cinesi che nel 2024 si sono moltiplicate rispetto al livello del 2022. Le autorità russe hanno così aumentato le cosiddette tasse di riciclaggio, che funzionano in modo simile ai dazi, a 667 mila rubli (7.500 dollari) per la maggior parte delle autovetture, più del doppio del livello dello scorso settembre. Le tariffe sono destinate ad aumentare del 10-20% all’anno fino al 2030.

E chi sarà il marchio più colpito dai dazi russi sulla Cina? Certamente Chery, principale casa automobilistica cinese in Russia, dove ha venduto 430 mila veicoli nei primi nove mesi del 2024, pari al 28% delle vendite totali in volume. La società, che sta avviando l’ipo a Hong Kong, ha affermato di aver generato notevoli ricavi dalle vendite in Russia nei documenti di quotazione, ma ha poi aggiunto di voler ridurre le vendite in Russia per mitigare i rischi di sanzioni. Ma forse è troppo tardi.


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