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Siria, un nuovo governo tra inclusività e incertezze. L’analisi di Cristiano

La composizione dell’esecutivo segna un’apertura oltre i confini della confederazione islamista, con la presenza di ministri appartenenti a diverse minoranze, inclusi cristiani, alawiti, drusi e curdi. Tuttavia, persistono dubbi sulla reale portata del cambiamento

La Siria prova a riprendere il suo cammino e il presidente ad interim, Ahmed al Sharaa, tenta di rimettere in moto il suo corso politico varando un governo di 23 ministri che non è più espressione soltanto della confederazione islamista che guida, Tahrir al-Sham (HTS), visto che comprende: una donna cristiana, Hind Kabawat, titolare del dicastero degli Affari sociali e del lavoro e dal 2011 impegnata nel movimento politico contro il regime di Bashar al Assad; l’alawita Yaroub Badr, oggi ministro dei Trasporti; il druso Agad Badr, ministro dell’Agricoltura; inoltre, molto rilevante, il ministero dell’Educazione è stato assegnato al curdo Mohammad Terko. Di rilievo per tutto il mondo siriano che si è opposto al regime degli Assad è la nomina del capo dei famosi Caschi Bianchi (che soccorrevano le vittime dei bombardamenti del regime), Raed al Saleh, oggi ministro dell’Ambiente, le emergenze e le calamità.

L’aspetto politicamente più rilevante è la nomina di questi ministri che non appartengono certo alle milizie islamiste federate da al Sharaa, a partire dal ministro alawita, dopo il massacro di alawiti (comunità colpita da vendette indiscriminate perché quella originaria della famiglia Assad e di molti suoi gerarchi) che ha spinto la comunità internazionale, a cominciare dagli Stati Uniti, a porre come paletto per ridurre le sanzioni alla Siria una vera svolta non settaria, una politica e quindi un’amministrazione inclusiva.

In certa misura l’inclusività c’è, sebbene preoccupi che il ministro della Giustizia sia un giudice di legge islamica, Mazhar al Wais. Di certo però le minoranze sono rappresentate da un ministro ciascuna, anche se alcuni nella società civile siriana obiettano che questa è la vecchia logica, l’inclusività dovrebbe essere il punto di arrivo del superamento delle frontiere comunitario-religiose, la creazione di una vera cittadinanza. Ma se questo è fuor di dubbio e determina perplessità, va anche detto che comunque il governo appena nato è un passo in avanti rispetto al governo monocolore di HTS con cui al Sharaa ha governato sin qui dalla caduta del regime di Assad. Se poi si considera che ognuno ha sue milizie, gruppi armati o bande irregolari, si capisce che non siamo in un contesto ordinario, e creare lo Stato è certamente la priorità, come però lo è anche evitare davvero, e punirne i responsabili, i massacri etnici come quello che ha colpito gli alawiti e che certamente ha alcuni ispiratori tra i gruppi più radicali della confederazione islamista che ha portato al potere al Sharaa. La commissione d’inchiesta da lui nominata si è presa un mese di tempo per comunicare le sue risultanze, e questo tempo sta per scadere. Sarà prorogato? Dall’altra parte va preso atto che proprio mentre formava il nuovo governo il presidente al Sharaa, che è anche primo ministro, ha proibito il velo integrale e il proselitismo islamico, praticato sin qui da un partito estremista, anche inviando auto che invitano alla preghiera islamica in quartiere a prevalenza cristiana.

Dunque, tra le tante rese dei conti si deve tener conto anche di un possibile “confronto di forze” tra il governismo e i gruppi più radicali che vorrebbero sospingere su una strada non governista, potremmo dire “rivoluzionaria”. Ma questo governismo comporta qualcosa di concreto?

Sin qui si era visto molto poco, ma per alcuni la riunione-confronto tra drusi dopo la loro accettazione di entrare nel governo di al Sharaa è la spia di un cambiamento reale che comincia. Un capo dei dissidenti, infatti, si è alzato e si è espresso pubblicamente contro l’intesa con termini estremamente duri, di fuoco, dicendo no al sostegno a un islamista come al Sharaa. Questo ai tempi di Assad non poteva accadere.

È un cambiamento reale? Difficile dirlo, come è difficile escluderlo: il problema è quel che al Sharaa può ottenere da chi lo spinge verso un governismo inclusivo e quindi verso le concessioni che riesce a fare o accetta di fare per ottenere il massimo. Dall’altra però c’è anche chi lo sospinge verso la via “rivoluzionaria” e bisogna vedere anche qui cosa deve o vuole concedere, nei fatti.

Al-Sharaa viene dalla via rivoluzionaria, i suoi vengono da un mondo in cui lui rappresenta una realtà parallela che ora vogliono realizzare. La realtà e il potere si spera lo sospingano verso l’opzione governativa. Sta il fatto che tutti i ministeri di peso li ha tenuto per i suoi fedelissimi. È presto per dire dove andrà al Sharaa, ma i più ritengono che l’opzione “condizionamento” sia la sola percorribile. Il nuovo governo, guardando così, aprirebbe uno spiraglio. È quello che emerge dal comunicato con cui la Germania ha salutato favorevolmente la formazione del nuovo governo dando la propria disponibilità ad assistere le autorità siriane nella costruzione del nuovo Stato, fondato, ribadisce il documento, sull’“inclusività”.


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