Il Global combat air programme (Gcap), progetto congiunto tra Italia, Giappone e Regno Unito, è l’occasione per rendere l’Italia davvero protagonista, non solo nel settore dei sistemi aerei, ma anche nel più vasto panorama tecnologico e industriale globale. Se il programma promette di rafforzare le capacità difensive e industriali, la sua riuscita dipenderà anche da un forte impegno politico ed economico che permetta di sfruttare al meglio le sinergie tra i partner in un momento cruciale per lo sviluppo di capacità realmente sovrane
La presentazione dell’ultimo studio realizzato dall’Istituto affari internazionali (Iai) è stata l’occasione per fare il punto sul Global combat air programme (Gcap), il programma di sviluppo congiunto con Giappone e Regno Unito che porterà l’Italia nella sesta generazione dei sistemi di combattimento aereo. L’evento, dal titolo “Gcap e sistema-Paese: sfide e opportunità per l’Italia”, ha riunito esponenti delle istituzioni, delle Forze armate e dell’industria che, moderati dalla direttrice di Formiche Flavia Giacobbe, hanno delineato sfide e opportunità per il sistema Paese per quello che per Italia, Regno Unito e Giappone rappresenta uno dei più ambiziosi programmi di sviluppo congiunti dalla Seconda guerra mondiale. Lo studio, condotto dai ricercatori Iai e presentato dal presidente dell’Istituto, Michele Valensise, ha visto anche la partecipazione di un ricercatore britannico e di uno giapponese, a simboleggiare come la crescente cooperazione tra Roma, Londra e Tokyo non si limiti solo agli accordi tra governi e aziende. Come sottolineato dal sottosegretario di Stato alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, in un momento in cui il termine “riarmo” rischia di essere equivocato, il Gcap rappresenta un esempio di come investire sulla Difesa significhi innanzitutto investire sullo sviluppo tecnologico ed economico delle eccellenze italiane ed europee, con l’obiettivo di rendere il Paese sempre più competitivo.
Un programma congiunto ma anche sovrano
Il Gcap, benché simile ad altri programmi congiunti come l’F-35 e l’Eurofighter, porta in sé delle differenze sostanziali rispetto al passato. Alessandro Marrone, responsabile del Programma Difesa, sicurezza e spazio dello Iai, ha sottolineato come, dalla ripartizione paritetica all’organizzazione flessibile, il Gcap sia l’esempio di come si possa apprendere dalle lezioni delle passate collaborazioni. In particolare, l’Italia, mostrando una certa lungimiranza, ha spinto sui principi-guida di freedom of action e freedom of modification, che permetteranno ai singoli partner di essere autonomi nell’impiego operativo e nell’aggiornamento dei sistemi che andranno a comporre il Gcap. Così facendo, i tre Paesi, pur unendo forze e capacità per produrre un sistema all’avanguardia, potranno riservarsi singoli ambiti di discrezionalità a seconda delle proprie esigenze operative senza per questo frenare l’intero programma.
L’importanza di un sostegno politico prolungato
Si stima che, nei prossimi trentacinque anni, il Gcap rimarrà tra i principali programmi di sviluppo della Difesa italiana. Stefania Craxi, presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Senato, ha ribadito come il Gcap sia “un progetto che può proiettare il nostro Paese come player internazionale nel campo della sicurezza”. Tuttavia, avverte Craxi, perché questo e altri obiettivi del programma siano raggiunti, sarà necessario un impegno — soprattutto finanziario — concreto da parte delle istituzioni. Senza certezze su budget e commesse (altro errore del passato), il rischio è che i tempi e le prospettive di sviluppo vadano incontro a ritardi, arresti e ripartenze che, in ultima istanza, il Paese non può permettersi.
Un’esigenza per la sicurezza nazionale
“Il Gcap non è solo un’idea, ma un’esigenza concreta per garantire la sicurezza nazionale nel 2035 e oltre”. Secondo il generale Luca Goretti, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, l’esperienza maturata con l’F-35 ha accelerato il processo decisionale del sistema Paese, permettendo all’Italia di mostrarsi da subito come un partner credibile e affidabile. Inoltre, a differenza di altri Paesi europei, in questi anni l’Italia ha continuato a sostenere le proprie industrie della Difesa. Questo permette oggi al Paese non solo di distinguersi come security provider per i partner esteri, ma anche di poter contare su una filiera che, una volta completato il nuovo velivolo, sarà in grado di assicurare l’interezza della produzione entro i confini nazionali.
La sicurezza dei dati critici
Altro aspetto cruciale della collaborazione tripartita tra Italia, Regno Unito e Giappone consisterà nella messa in campo di strategie e infrastrutture deputate a mantenere al sicuro dati e informazioni relativi allo sviluppo del Gcap. Come spiegato dal generale Giuseppe Lupoli, direttore di Armaereo, in un mondo dominato dal traffico di dati e dalla pervasività del cyber-spionaggio, un programma internazionale come il Gcap necessiterà di strutture digitali ad hoc, in grado di garantire al contempo perimetri di sicurezza informatica senza per questo pregiudicare la condivisione di dati e informazioni tra i partner. In un momento storico in cui il progresso tecnologico apre a scenari securitari finora inediti, l’evoluzione tecnologica portata dal Gcap costituirà un vettore di innovazione per l’intero sistema della difesa nazionale.
L’impatto in termini economici e occupazionali
Carlo Gualdaroni, chief commercial & business development officer di Leonardo, ha illustrato le ricadute del programma Gcap sotto il profilo occupazionale. Attualmente, il Gcap impiega globalmente circa 9.000 persone, 3.000 delle quali in Italia, e nel futuro presenta prospettive di crescita ancor più significative. Nei prossimi 35 anni, il programma genererà oltre 8.600 nuovi posti di lavoro. Inoltre, l’Italia ha già stanziato 200 milioni di euro per lo sviluppo delle competenze nelle oltre 450 realtà industriali coinvolte nella filiera, tra cui Pmi, università e centri di ricerca. Gualdaroni ha anche evidenziato la necessità di costruire infrastrutture adeguate per supportare la produzione e l’innovazione tecnologica. Sempre sul piano della sicurezza dei dati, Gualdaroni ha anche anticipato che Leonardo sta lavorando a una piattaforma di condivisione dei dati che permetterà a tutti i team operanti in Italia coinvolti nel programma. Secondo Gualdaroni questo aspetto è cruciale, in quanto, senza una simile accortezza di sovranità nazionale, sarebbe stato necessario rivolgersi a servizi offerti da altri operatori, configurando un possibile rischio per l’integrità del programma stesso.