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Elkann scommette sull’Italia e lancia un monito all’Europa contro la Cina. I piani di Stellantis

A Montecitorio l’attesissima audizione del presidente e azionista di Stellantis. L’Italia rimane centrale, un falso storico dire che l’azienda non ha contribuito all’economia del Paese. La Cina sta avanzando perché ha una capacità industriale e competitiva maggiore. E l’Europa è in stato confusionale sulle auto elettriche

E venne il giorno di John Elkann. Mancavano una spicciolata di minuti alle 14.30 quando il presidente e azionista di Stellantis ha varcato la soglia di Montecitorio per essere ascoltato dalle Commissioni Attività produttive di Camera e Senato, riunite per l’occasione nella grande sala del Mappamondo. L’evento ha avuto una sua portata, non tanto per il fatto che il numero uno dell’ex Fca non si vede tanto spesso a Roma, quanto per la rilevanza del suo intervento, a lungo atteso dai partiti di maggioranza e opposizione. Al centro dell’audizione, presenti una gran quantità di giornalisti, il futuro del costruttore dentro e fuori l’Italia. Nella consapevolezza (il gruppo sta ancora cercando il successore dell’ex ceo, Carlos Tavares, che dovrebbe arrivare entro il mese di giugno) che la pressione delle case cinesi si sta piano piano facendo insostenibile per l’industria europea dell’auto, alle prese con immatricolazioni in stallo e riconversione degli stabilimenti.

L’avanzata di Byd e le sue sorelle appare inarrestabile, specialmente sul terreno dell’elettrico, dove le linee di produzione continentali hanno un passo ancora troppo corto rispetto a quello cinese, senza considerare l’impatto del Green new deal, ancora non del tutto metabolizzato dai costruttori europei. Non è certo un caso che pochi giorni fa, Alfredo Altavilla, manager ed ex braccio destro di Sergio Marchionne ai tempi di Fca e oggi in forza proprio a Byd, in veste di special advisor per il Vecchio continente, abbia chiarito che una competizione tra Europa e Cina sul campo dell’auto sarebbe persa in partenza per la prima. Ma Elkann, nel corso della sua esposizione, ha rilanciato il ruolo di Stellantis e di un’industria che ha ancora molto da dire e da dare.

UNA STORIA ITALIANA

Premessa: l’Italia per Stellantis, “ricopre oggi un ruolo centrale: il Paese rappresenta per il gruppo cultura, crescita, benessere sociale e responsabilità”, ha esordito Elkann, accompagnato per l’occasione da Jean Philippe Imparato, responsabile di Stellantis in Europa, Antonella Bruno, responsabile per Italia, Santo Ficili, amministratore delegato di Alfa Romeo e Maserati e Monica Genovese, responsabile acquisti di tutta la parte powertrain. “Oggi Stellantis è il quarto costruttore al mondo, vent’anni fa lottavamo per la sopravvivenza, oggi fatturiamo 157 miliardi. In questo straordinario sviluppo, l’Italia ha avuto un grande merito. Ora la domanda è, quale contributo dà Stellantis all’Italia?”.

“Negli ultimi anni il mercato italiano è calato del 30% e questo vuol dire che l’azienda nella Penisola ha difeso la produzione e i posti di lavoro”, ha spiegato Elkann. “Il nostro contributo alla crescita dell’economia italiana non è mai venuto meno, dal 2003 al 2024 il gruppo ha prodotto in Italia oltre 16 milioni di veicoli, inclusi quelli commerciali, per un valore della produzione totale di 700 miliardi: per ogni euro di ricchezza generato da Stellantis, oggi in Italia se ne generano nove. E negli ultimi 20 anni l’azienda ha pagato oltre 38 miliardi di stipendi, speso oltre 50 miliardi in ricerca e sviluppo a fronte di contributi statali per un miliardo”, ha spiegato Elkann. Ebbene, “di questa nostra lunga storia, la storia della Fiat che ora è diventata Stellantis, noi siamo, io personalmente lo sono, molto orgoglioso. Non è un fatto scontato, considerato che meno dell’1% delle aziende fondate all`inizio del Novecento risultano ancora in vita. E se vi parlo di investimenti, nuovi modelli e di tecnologie avanzate, significa che questa forza, questa volontà di progresso e il coraggio di guardare al futuro sono sempre presenti”.

CUORE TRICOLORE

Elkann è poi entrato nel merito degli investimenti del gruppo in Italia. “Ci sono numeri che dimostrano e testimoniano il legame di Stellantis con la filiera italiana, a cominciare dalla spesa sostenuta dall’azienda verso i fornitori italiani. Al tavolo Stellantis (presso il Mimit, ndr), abbiamo preso degli impegni e questi impegni li stiamo rispettando. Vorrei ricordare come, negli ultimi due decenni, calcolando gli effetti sulla filiera e le ricadute sui consumi delle famiglie, il valore complessivo della produzione in Italia è salito a 1.700 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 417 miliardi. Un fatto ancora più importante se si considera il contributo che i nostri poli industriali hanno dato e tuttora danno al Mezzogiorno, portando lavoro, investimenti, sviluppo imprenditoriale, crescita infrastrutturale. L’auto italiana ha unito il Paese riducendo i divari e creando opportunità”.

Stringendo il campo, gli stabilimenti italiani “sono e saranno dotati di tutte le piattaforme multi-energia di Stellantis per la produzione di autovetture, STLA Small, Medium e Large, con quest`ultime due già operative a Melfi e Cassino. Inoltre, ad Atessa è installata una piattaforma dedicata ai veicoli commerciali leggeri. Questi investimenti permetteranno agli stabilimenti italiani la massima flessibilità per poter produrre la più ampia gamma di modelli Stellantis e soddisfare i clienti sia in termini di prodotto che di motorizzazioni. Vorrei adesso vedere con voi come abbiamo pensato di inserire queste piattaforme all`interno dei nostri siti produttivi”. Certo, non sarà certo immune dalle politiche neo-protezionistiche messe a terra dagli Stati Uniti. “Dal 2026 si prevede un aumento della produzione grazie al lancio di 10 nuovi aggiornamenti di prodotto nelle fabbriche italiane i cui livelli produttivi dipenderanno dal mercato e da fattori esterni come i dazi”.

Tirando una prima conclusione, “spero che da oggi il bilancio dare/avere tra il Paese e l’azienda non sia più un tema divisivo, ma un’opportunità per continuare questo percorso virtuoso insieme che dura da 125 anni, orgogliosamente con l`Italia. Per l’anno in corso stiamo spendendo circa 2 miliardi di euro di investimenti e 6 miliardi di euro in acquisti da fornitori italiani, dalla sua nascita nel gennaio 2021, Stellantis ha acquistato servizi e componenti dalla filiera italiana dell`auto per un valore di 24 miliardi di euro, che diventeranno 30 alla fine del 2025. Queste risorse spese in Italia dimostrano l`importanza del legame con la filiera italiana, rappresentata dall’Anfia. Un’eccellenza che ci ha accompagnato nel mondo e che è cresciuta insieme a noi. Vorrei in questo senso ribadire il nostro impegno per l’Italia, siamo convinti che si possa fare per l’Italia quello che abbiamo sempre fatto”.

EUROPA OSTAGGIO DELLA CINA

Il discorso si è poi allargato all’Europa, con tutte le variabili geopolitiche annesse. “Il mercato mondiale degli autoveicoli conta circa 80 milioni di unità vendute nel 2024, di cui 30 in Cina e 16 negli Stati Uniti e 14 in Europa. In quest’ultima le vendite sono calate del 12% e se oggi in Europa si vendono meno autovetture è diretta conseguenza della contrazione del mercato. Il futuro è quindi legato allo sviluppo e alla crescita dell’elettrico”. Elkann ha poi spostato l’attenzione sulla Cina. “L’Europa sconta uno svantaggio strutturale in termini di competitività rispetto alla Cina. Per questa ragione l’Ue dovrebbe provvedere a una discesa dei prezzi dell’energia, al fine di riequilibrare la competitività”.

“I produttori automobilistici europei stanno affrontando uno svantaggio strutturale rispetto ai loro concorrenti cinesi, pari al 40% del costo manifatturiero complessivo. In particolare, i prezzi dell’energia di paesi produttori di auto europei risultano cinque volte più alti di quelli cinesi. Bisogna inoltre rammentare che per quanto riguarda una Gigafactory, il consumo di energia necessario è 10 volte superiore a quello di uno stabilimento produttivo di autovetture. Per questa ragione, l’Europa dovrebbe far scendere i prezzi dell`energia a valori competitivi globali e di mantenerli a livelli costanti e prevedibili”.

Altra questione, “l’eccessiva dipendenza dell’Europa dalle forniture cinese, soprattutto sul versante delle batterie: oggi nel mondo ci sono 263 gigafactory, di cui 213 in Cina. In Europa ce ne sono 14, di cui sette sono asiatiche. Voglio ribadire un concetto: ci sono Paesi, come la Cina, che stanno mettendo al primo posto gli interessi nazionali. Considerato che il futuro della mobilità è l’elettrico, l’Europa deve necessariamente dotarsi di un quadro normativo certo, oltre ad attrezzarsi con un mix energetico che permetta l’abbassamento dei prezzi in bolletta”.

LE COLPE DEL GREEN NEW DEAL

Nelle colpe dell’Europa c’è anche l’aver messo i costruttori nelle condizioni di non poter rispettare i vincoli, troppo stringenti, del Green new deal. “In Stellantis continuiamo a sostenere che l’elettrificazione è lo strumento più efficace per raggiungere la decarbonizzazione. Allo stesso tempo, per centrare gli obiettivi climatici del 2035 è necessario utilizzare l’intera gamma di tecnologie a basse e zero emissioni, sia per i nuovi veicoli che per la flotta esistente”.

“Le modifiche al regolamento CO2 annunciate due settimane fa dalla Commissione europea vanno nella direzione di posticipare gli oneri a carico dei costruttori che non riescono a rispettare gli obiettivi nel breve termine. Si tratta tuttavia di interventi di corto respiro, che non danno la necessaria certezza al mercato. In Acea (l’Associazione europea dei costruttori, ndr) auspichiamo di trovare il punto di sintesi capace di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale. Nel frattempo, è urgente potenziare l’infrastruttura di ricarica: la mancanza di una solida rete di colonnine scoraggia gli acquirenti di veicoli dall’optare per i modelli elettrici. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il ritmo di installazione rimane troppo lento e non sufficiente a convincere i clienti a passare all’elettrico. Quasi il 60% di tutte le stazioni di ricarica europee si trova in soli tre paesi: Germania, Francia e Olanda. In Italia ci sono meno di un terzo delle colonnine installate in Olanda”.


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