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L’Italia tenti la via dell’atomo, rimanere appesi a gas e rinnovabili è un errore. Parla Tabarelli

Difficile per il governo fare di più per alleggerire il peso dei costi energetici per famiglie e imprese. Il problema è però a monte, un mix energetico troppo incentrato sul metano espone il Paese a nuovi shock. Per questo sul nucleare non bisogna mollare. Il Green new deal non è stato stravolto, anzi. Intervista al presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli

Le bollette? Il governo ha fatto quello che poteva. Ma ora è tempo di pensare seriamente al nucleare e a un mix energetico il più credibile e lungimirante possibile. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, torna per un momento sui recenti interventi del governo per raffreddare i prezzi in bolletta per le famiglie e le imprese. Ma poi, allarga lo spettro al delicato momento di transizione energetica italiano ed europeo.

Partiamo dalle bollette. Tre miliardi di aiuti per imprese e famiglie, secondo lei sono sufficienti?

Onestamente, più di così il governo non poteva fare. Sono interventi che hanno un loro senso, che vanno in una direzione di sostegno in un frangente di rialzo dei costi. Poi certo, se vogliamo dare uno sguardo più ampio alla questione, allora mi viene in mente il nucleare, che però arriverà tra dieci anni. Le misure messe in campo dall’esecutivo sono il massimo che si potesse fare. Per carità, si può fare sempre di meglio, ma entriamo nel campo delle scelte strategiche e strutturali.

Citiamone una…

Dovremmo puntare con maggior decisione sul gas che abbiamo sotto il nostro suolo. E poi tornare, in minima parte, al carbone. Oggi il nostro sistema energetico è troppo imperniato sul gas, che costa tanto. E allora una piccola valvola di sfogo aiuterebbe.

Se volessimo immaginare il mix energetico italiano tra dieci anni, cosa vedremmo?

A dire il vero lo abbiamo già immaginato 50 anni fa con la crisi petrolifera e poi ancora nell’81, nell’87 con l’addio al nucleare. Ma la sostanza è sempre la stessa, dobbiamo diversificare e non appoggiarci solo a una fonte. Ora, per esempio, abbiamo come baricentro energetico il gas, ma questo è rischioso, perché ci espone a nuovi shock energetici, con tutte le conseguenze del caso. Non possiamo rimanere appesi solo al metano. Per questo serve un po’ di carbone e soprattutto il nucleare.

Ci siamo dimenticati le rinnovabili…

Sì ma non possiamo vivere di sole rinnovabili, quando vedo convegni che parlano di un futuro 100% rinnovabili mi viene da sorridere. Per carità, al di fuori del gas abbiamo l’idroelettrico che è sempre stata una fonte storica per l’Italia. Ma starei attento alla sovraeccitazione sulle energie pulite: solare e fotovoltaico ci fanno risparmiare 12 miliardi di metri cubi di gas, dalla Russia ne prendevamo 29.

Parliamo del nucleare, il grande dibattito di questi tempi. Lo riavremo o no?

Una svolta culturale sarebbe un miracolo, ma è quasi un dovere. Non provarci, dopo aver avuto Enrico Fermi o persino Galilei non sarebbe giusto. Siamo un Paese che non sa ancora dove mettere e stoccare le poche scorie rimaste dagli anni Ottanta e abbiamo una forte presenza dei movimenti ambientalisti, che sostengono il non fare. Questo crea insicurezza e bollette alte, ma la strada dell’atomo va assolutamente tentata.

Che cosa rimane oggi del Green new deal? L’impressione, dopo le deroghe di pochi giorni fa per l’automotive, è che sia stato fatto a pezzi. Lei come la vede?

La mia sensazione è opposta alla sua. Direi che la Commissione europea lo ha quasi rinforzato, semmai c’è stato un po’ di imbarazzo nell’ammettere una collisione tra industria e Green deal. La scadenza del 2035 per benzina e diesel è sempre lì, i bio-carburanti non sono ancora accettati, le rinnovabili al 42% anche. Non mi pare sia stato ribaltato, anzi…


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