L’accordo tra i francesi di Vivendi e la società guidata da Matteo Del Fante chiude una stagione lunga dieci anni, decisamente tribolata. Adesso lo Stato può dare per davvero una spinta al consolidamento delle telecomunicazioni in Italia
Il cambio di pelle era cominciato già settimane fa. Quando Poste e Cassa depositi e prestiti si erano scambiate le quote in Tim, mantenendo solido il presidio dello Stato dentro l’ex Telecom. Perché? I francesi di Vivendi, per quasi dieci anni primi azionisti del gruppo telefonico, non hanno mai digerito la cessione di Netco (rete primaria e secondaria) al tandem Kkr-Tesoro, necessaria per alleggerire Tim del gigantesco debito e ridare potenza di fuoco agli investimenti. Non a quel prezzo (19 miliardi, espandibili fino a 22). A Parigi ne volevano almeno 5 o 6 in più. Di qui, carte bollate a parte (il ricorso di Vivendi contro la vendita della rete è stato respinto a gennaio), la voglia di disimpegnarsi, scendendo dalla nave.
E così Poste e Vivendi hanno trovato la quadra. Il gruppo francese ha ceduto quasi interamente il suo pacchetto di azioni alla società guidata dal ceo Matteo Del Fante. L’operazione riguarda il 15% delle azioni ordinarie di Tim (10,77% del capitale sociale). Il costo è di 684 milioni di euro, per un prezzo per azione pari a 0,2975 euro, inferiore ai valori di mercato degli ultimi giorni. La mossa, subordinata al via libera libera dell’Antitrust, porterà Poste al 24,81% delle azioni ordinarie di Tim (17,81% del capitale ordinario). A questo punto, a poco più di un mese dall’ingresso nel capitale, il gruppo delle spedizioni, controllato al 65% dal governo, è diventato il primo azionista della compagnia telefonica, arbitro delle strategie industriali e degli assetti di vertice.
La stessa Poste ha spiegato che l’operazione rappresenta un investimento di natura strategica, con l’obiettivo di svolgere un ruolo di azionista industriale di lungo periodo “e che possa favorire la creazione di sinergie tra Poste e la società guidata da Pietro Labriola. Poste si propone anche di promuovere il consolidamento del mercato delle telecomunicazioni in Italia”. Dall’1 gennaio 2026, inoltre, potrebbe partire l’utilizzo della rete Tim da parte di Poste Mobile. E il gruppo ha comunicato che la trattativa è in fase avanzata per sostituirla alla rete Vodafone”. Ma altre sinergie sono allo studio nell’ambito dei servizi finanziari, di pagamento, assicurativi, nei contenuti media e nell’energia. Nonché nel cloud, di cui Tim è fornitore e di cui Poste investe circa 800 milioni di euro all’anno come maggior utente del Paese.