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In Arabia Kyiv e Washington cercano una convergenza. I temi sul tavolo

Il presidente Trump è pronto a rivedere il blocco dell’intelligence verso l’Ucraina, ma pretende concessioni nei negoziati con Mosca. Zelensky dovrà scegliere tra il sostegno americano e la fermezza sui suoi “punti cardine”

Nella settimana che si è appena aperta l’Arabia Saudita ospiterà l’incontro tra la delegazione ucraina e quella statunitense per discutere di un eventuale negoziato finalizzato a porre termine al conflitto scoppiato nel 2022. Tra le questioni che l’Ucraina intende affrontare con priorità assoluta c’è il superamento del blocco americano agli aiuti militari e alla condivisione dell’intelligence con le forze armate di Kyiv. E per farlo, i rappresentanti del Paese europeo in lotta con Mosca sono pronti a mettere sul tavolo una serie di proposte già suggerite negli scorsi giorni dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dal un cessate il fuoco parziale con la Russia per gli attacchi con droni e missili a lungo raggio alle operazioni di combattimento nel Mar Nero, nella speranza che questo approccio convinca Washington a revocare la sua decisione, definita come “temporanea”.

“L’obiettivo di qualsiasi negoziato tra le autorità ucraine e statunitensi in Arabia Saudita sarà, in particolare, quello di concordare la ripresa dell’assistenza”, aveva dichiarato già la scorsa settimana Fedir Venislavsky, deputato ucraino del partito di Zelensky e membro della commissione parlamentare per la sicurezza nazionale. Le prospettive in questo senso non sembrano troppo pessimiste. Poche ore fa, parlando con i reporter a bordo dell’Air Force One, il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato domenica che gli Stati Uniti hanno la sospensione della condivisione di informazioni con l’Ucraina sia “sul punto di” terminare, e che si aspetta buoni risultati colloqui in Arabia Saudita.

Ma il livello di urgenza è alto. Da quando Washington ha bloccato la condivisione di informazioni con Kyiv, le forze ucraine al fronte hanno visto la situazione deteriorarsi sempre più rapidamente. Le conseguenze maggiori sono state osservate nell’oblast russo di Kursk, in cui le forze armate ucraine avevano lanciato una sortita a sorpresa nell’estate del 2024: sfruttando l’impossibilità di accesso ucraino alle informazioni dell’intelligence americane le truppe di Mosca hanno lanciato una controffensiva che le ha portato a riconquistare due terzi dei territori occupati dal nemico negli ultimi otto mesi, sottoponendo le unità di Kyiv rimaste nell’area a un concreto rischio di accerchiamento.

Sul tavolo in Arabia Saudita ci sarà ovviamente anche la questione dell’accordo sui minerali, accordo che doveva essere firmato in occasione di quella visita di Zelensky negli Stati Uniti di due settimane fa che è sfociata nella discussione avvenuta nello studio ovale tra lo stesso Zelensky, Trump e il vicepresidente americano J.D. Vance. Fino ad ora Kyiv aveva condizionato la firma del suddetto accordo alla presenza di garanzie di sicurezza da parte di Washington per il post-conflitto. Ma con l’evolversi della situazione nelle ultime settimane, è plausibile che anche l’approccio ucraino alla questione sia cambiato.

Anche perché, come riporta Nbc News, sembra che per Trump la firma dell’accordo sui minerali sia condizione necessaria ma non sufficiente al ripristino del sostegno militare e di intelligence da parte statunitense. Oltre all’accordo, il presidente Usa vuole anche vedere un cambiamento nell’atteggiamento del presidente ucraino nei confronti dei colloqui di pace, tra cui la disponibilità a fare concessioni come la cessione di territori alla Russia, o ancora qualche passo avanti verso le elezioni in Ucraina e possibilmente verso le dimissioni da leader del Paese.

“Come ha dimostrato il presidente Trump leggendo il messaggio del presidente Zelenskyy alla sessione congiunta, gli ucraini hanno fatto dei movimenti positivi. Con gli incontri che si terranno in Arabia Saudita la prossima settimana, ci aspettiamo di sentire altri movimenti positivi che, si spera, porranno fine a questa guerra brutale e allo spargimento di sangue”, è il commento rilasciato sulle richieste di Trump dal portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca Brian Hughes.


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