Skip to main content

India e Italia fanno sempre più sistema. Ecco come

Una è ormai la terza economia globale, con la ragionevole prospettiva di scalzare la Cina entro pochi anni. L’altra il simbolo della manifattura di qualità che piace al globo. Per questo i due Paesi hanno un grande potenziale da sfruttare. Spunti e riflessioni dal seminario organizzato da Unioncamere

La geografia non deve ingannare. A dispetto dei quasi 6 mila chilometri che separano Roma da Nuova Delhi, Italia e India sono più vicine che mai. Merito delle imprese e di quel collante speciale che è l’export, entrato suo malgrado nel tunnel dei dazi dopo l’apertura della seconda stagione neo-protezionista da parte dell’amministrazione americana. Ma l’India è e rimarrà un compagno di viaggio affidabile per il Sistema Italia.

L’ultimo tassello è stato aggiunto lo scorso novembre quando, in occasione del G20 di Rio, i governi di Giorgia Meloni e Narendra Modi hanno sottoscritto l’aggiornamento del partenariato strategico, che si snoda su settori chiave per ambedue le economie, dai trasporti, allo spazio, passando per la difesa e la tecnologia. D’altronde, non è certo un mistero, l’India corre più della Cina ed entro una manciata di mesi sarà la terza economia globale. Con la ragionevole prospettiva di diventare la seconda, qualora il Dragone non riuscisse a risolvere i suoi atavici problemi di consumi e anemia.

Di tutto questo si è ragionato in occasione del seminario “Doing business in India: experiences of italian companies and financial instruments to support the internationalization”, organizzato e promosso da Unioncamere presso la prestigiosa sede degli Horti Sallustiani, a Roma. Il panel era decisamente ricco e ha visto la presenza, tra gli altri, di Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, Vani Rao, ambasciatrice indiano in Italia, il suo collega italiano in India, Antonio Bartoli, Regina Corradini D’Arienzo, ceo di Simest, Akash Gupta, consigliere presso l’Ambasciata dell’India, Francesca Alicata, head of financial instruments di Simest e Pietro Infante, a capo dell’area internazionalizzazione di Unioncamere.

ANATOMIA DI UN BOOM

Nel 2025, probabilmente, il Pil dell’India supererà quello del Giappone per stabilirsi in quarta posizione nella classifica delle maggiori economie del mondo, con una ricchezza prodotta di oltre 4.300 miliardi. Nel 2027, se tutto continuerà positivamente, supererà la Germania e occuperà il terzo posto, dietro a Stati Uniti e Cina. La tendenza è chiara, soprattutto se la stagnazione tedesca sarà lunga e se l’euro continuerà a essere debole rispetto al dollaro. A fine decennio, il terzetto di testa sarà dunque formato dalla potenza dominante, gli Stati Uniti, dalla potenza che li sfida, la Cina, e dalla potenza emergente, l’India.

Poi ci sono altri numeri, emersi un poco alla volta nel corso del seminario. Il punto di partenza è quanto importa, oggi, l’India dal resto del mondo, almeno per quanto riguarda il settore legato a Industria 4.0: 10 miliardi di dollari. E l’Italia, nemmeno a dirlo, figura nella rosa ristretta dei partner più affidabili, dietro a Germania e Giappone con un flusso di 755 milioni di dollari, ma atteso a oltre un miliardo entro il 2028, con un’accelerazione dell’8,6%. Tra le aree dello Stivale più direttamente esposte all’interscambio con l’India, ci sono le province di Milano, Lodi, Napoli, Roma, Bergamo, Torino, Vicenza, Brescia, Bologna e Reggio Emilia. Tra i segmenti del business, poi, dallo spazio alla green economy, passando per la cosmetica e i trasporti, l’Italia figura quasi sempre tra i primi dieci fornitori globali.

DUE PAESI, UN UNICO INTERESSE

Ed è stato lo stesso segretario generale Tripoli a mettere una chiosa sui rapporti tra Italia e India. “Le Camere di commercio, che Unioncamere rappresenta, sono il filo conduttore tra i due Paesi. Noi stiamo insistendo molto, in veste di sistema camerale, sull’attrazione dei grandi investitori esteri in Italia. La Camera di commercio indiana, tanto per fare un esempio, si sta facendo portatrice di questi interessi nel nostro Paese. Perché con l’India, non dobbiamo mai dimenticarlo, abbiamo in comune tantissimi settori di interesse, inclusa la green economy. L’incontro odierno vuole andare a fondo di questa cooperazione, non sono solo chiacchiere ma esempi concreti di quanto questi due Paesi abbiano da dare l’uno all’altro”.

NEL NOME DELL’EXPORT

L’ambasciatore Bartoli ha parlato apertamente di partnership strategica, “con i due governi, quello italiano e quello indiano, che si sono dati un piano d’azione in cinque anni molto preciso. Il dialogo è oggi più intenso che mai: noi dobbiamo in sostanza far crescere e rimettere in equilibrio il rapporto commerciale tra i due Paesi, incrementando il numero di aziende che sono in India”.

“Questo investimento verso l’India sarà un volano per l’export delle imprese tricolori. Dall’altra parte, va incentivata la presenza delle imprese italiane nel territorio nazionale. Seguendo questa strategia, indicata nello stesso piano di azione menzionato, noi andiamo a valorizzare senza dubbio due business: la tecnologia e la sostenibilità. Rendendoli competitivi e attraenti. E anche le ferrovie sono una grande opportunità, l’India è un Paese dove ogni giorno si mettono a terra chilometri e chilometri di binari. L’Italia non può essere competitiva su tutti i settori, ma può esserlo su quelli più strategici per ambedue le economie”.

IL SENSO DELL’INDIA PER L’ITALIA

A sottolineare un certo feeling tra Italia e India ci ha pensato anche l’ambasciatrice Rao. La quale, parlando dal palco di Unioncamere, ha elencato un po’ tutti gli anelli di congiunzione tra Roma e Nuova Delhi. E mettendo i vari settori industriali sotto il cappello della buona diplomazia e del riconoscimento del ruolo italiano nello scacchiere mediterraneo. “Le relazioni tra India e Italia stanno crescendo, va detto, la nostra partnership strategica riflette la sintonia nei nostri valori e nei nostri interessi comuni. Per l’India, l’Italia è un Paese molto importante in Europa, in particolare nell’Unione europea. Ed è un attore influente nel Mediterraneo”, ha chiarito Rao.

L’ambasciatore ha poi spostato l’attenzione sulla crescita indiana. “Oggi l’India è un’economia da quasi 3,9 trilioni di dollari. Lo scorso anno abbiamo registrato una crescita di oltre il 7%. Quest’anno, di nuovo, manterremo una crescita intorno al 7,7%. È una storia di successo. Il settore dei servizi ha spinto la maggior parte di questa crescita: rappresentano circa il 55% del Pil. Il nostro obiettivo nell’ultimo decennio è stato anche quello di rafforzare l’industria e il settore manifatturiero, perché è lì che verranno generati posti di lavoro e sviluppo delle competenze. Abbiamo investito molto nelle infrastrutture”.

LA SPINTA DI SIMEST

Tornando al punto di vista italiano, la numero uno di Simest, Corradini D’Arienzo, ha parlato del ruolo centrale delle imprese nel rafforzamento dei rapporti tra i due Paesi (ad aprile a Nuova Delhi ci sarà il forum imprenditoriale-scientifico italo-indiano mentre lo scorso dicembre il ministro per il made in Italy, Adolfo Urso, ha inaugurato un nuovo ufficio Simest a Mumbai). “L’India ha una particolarità, ovvero un potenziale di crescita enorme. Come Italia, dobbiamo capire come sfruttare questo gigantesco capitale. Per questo in Simest stiamo strutturando una serie di strumenti, formato India, con cui accompagnare le nostre imprese nel Paese e aumentare così da una parte il grip italiano sull’economia indiana, dall’altra incrementare il peso dell’export italiano, oggi ancora troppo ridotto”.

Nel merito degli strumenti, la manager ha chiarito un concetto. “La finanza è importante, ma non è tutto. Serve creare opportunità commerciali per le aziende. Anche per questo, in questi ultimi giorni, abbiamo creato un fondo pubblico, gestito da Simest, che grazie alle equity può sostenere le aziende che vogliono crescere all’estero”. Alicata ha poi spiegato come si muove Simest nel sostegno alle imprese italiane. “Noi possiamo intervenire sia nel capitale, entrandovi e dunque allargando le spalle dell’azienda, sia con il venture capital, strumento dedicato alle aziende che vogliono acquisire delle attività all’estero. Poi c’è il credito fornitore, dedicato soprattutto alle imprese attive nel comparto dei macchinari”.


×

Iscriviti alla newsletter