Le forze armate americane e ucraine stringono i legami nello sviluppo di droni kamikaze adatti alle nuove necessità del campo di battaglia. Mettendo a sistema le tecnologie di Washington e l’esperienza di Kyiv
Le forze armate americane e quelle ucraine sono divenute ancora più vicine, grazie all’ultima iniziativa relativa al comparto unmanned. Il nuovo progetto, chiamato “Artemis”, mira allo sviluppo di loitering munitions (termine tecnico per i sistemi comunemente noti come “droni kamikaze”) con raggio d’azione esteso e capacità di resistenza alle minacce di disturbo/spoofing Gps e di guerra elettronica, secondo le lezioni apprese proprio dagli scontri avvenuti nel teatro ucraino. Collaborando anche con aziende del paese in guerra con la Russia.
La Defense Innovation Unit (Diu) ha infatti annunciato l’assegnazione nell’ambito di Artemis di quattro contratti per la produzione di prototipi di droni, che saranno poi valutati in condizioni operative rilevanti. Due contratti sono stati assegnati ai produttori statunitensi di droni Aerovironment e Dragoon Technologies, mentre gli altri due sono andati alle aziende di software statunitensi Auterion e Swan, le quali però collaborano con non meglio precisate aziende ucraine che producono sistemi unmanned. Sono 165 le proposte presentate sotto l’egida di Artemis e valutate dal Diu negli ultimi quattro mesi, prima di scegliere il gruppo finale per passare alla fase di valutazione operativa.
Secondo un comunicato del Diu, sono già state effettuate dimostrazioni di volo per verificare le capacità dichiarate dalle aziende selezionate. “Per avere un prototipo di successo entro la fine dell’anno fiscale 2025, il passo successivo è il rispetto di un programma aggressivo di test e integrazione per completare la prototipazione e dimostrarne il successo entro la fine di maggio 2025”.
Il Diu non ha fornito alcun dettaglio sui progetti di droni selezionati, ma sono stati resi pubblici una serie di requisiti fondamentali. “Le capacità finali che usciranno dal progetto Artemis saranno piattaforme Uas monodirezionali, lanciate da terra e a prezzi accessibili, che opereranno a distanze comprese tra 50 e 300 km, si lanceranno in modo rapido e veloce, navigheranno a basse altitudini, trasporteranno una varietà di carichi utili, saranno rapidamente aggiornabili e aggiornabili e funzioneranno in ambienti disturbati, disconnessi, intermittenti e a bassa larghezza di banda e con il sistema satellitare di navigazione globale negato” si legge nel comunicato.
The War Zone nota anche che la linea di demarcazione tra i droni kamikaze a più lungo raggio e i tradizionali missili da crociera sta diventando sempre più labile, e che un sistema senza equipaggio che soddisfi i requisiti di Artemis, come la capacità di “trasportare una varietà di carichi utili”, potrebbe essere adattato ad altri ruoli, compreso quello di fungere da esca trasportando un sistema di guerra elettronica. Le munizioni a sosta possono anche avere capacità intrinseche di sorveglianza e ricognizione secondaria.
Sebbene nel suo comunicato il Diu non faccia riferimenti diretti al conflitto in Ucraina, si legge che “gli obiettivi del Progetto Artemis sono direttamente legati all’osservazione delle attuali condizioni di combattimento nel mondo reale e al feedback degli utenti finali del Dipartimento della Difesa su quali capacità potrebbero essere necessarie in questo spazio per affrontare le capacità di minaccia quasi alla pari in tutto il mondo”.