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Verso il Consiglio europeo. Gli intrecci geopolitici sull’Ucraina

Non solo l’Italia si interroga sulle decisioni future da prendere a Bruxelles, per vari motivi anche Germania, Francia e Regno Unito hanno macro obiettivi interni che si affiancano ai grandi temi continentali. Una radiografia delle scelte e delle prospettive di Parigi, Londra e Berlino alla vigilia del Consiglio di giovedi

Le decisioni su difesa e Ucraina degli “altri” membri, come Francia, Germania e Regno Unito si intersecano con partite interne, riconversioni industriali e una certa lotta di potere all’interno dei nuovi equilibri europei (dove spicca il ruolo italiano di ponte fra usa e Ue). Ecco un’analisi che, al netto delle novità che giocoforza verranno dalla call Trump-Putin o dal tavolo di Gedda, prova a capire come procederà il consiglio europeo di giovedì e venerdì, e come potrebbe determinare scelte e azioni.

Qui Londra

Il primo ministro inglese si è messo alla testa dei cosiddetti volenterosi, chiamati ad una riunione operativa il prossimo giovedì dopo le conversazioni da remoto dei giorni scorsi, con l’obiettivo di coagulare consenso attorno alla proposta invasiva che prevede l’invio di truppe europee. Palazzo Chigi ha già detto di no a truppe italiane da spedire in missioni a Kyiv, anche perché prima sarebbe utile vedere i frutti del tavolo diplomatico di Gedda e della telefonata tra Trump e Putin. Ma Starmer, al contempo, rilancia: “Armi tacciano, ora è tempo di agire”, una frase che si spiegherebbe anche come il tentativo di evitare il dualismo con Parigi, che per prima si era mossa con il vertice informale sull’Ucraina convocato da Macron nella capitale francese due settimane fa. Una sorta di corsa a due, che i vecchi alleati di ieri (oggi in sana competizione per motivazioni diverse) stanno alimentando.

Dalla Brexit al ReArmEu

Non va dimenticato che il premier laburista ha come obiettivo la ricostruzione di un rapporto tra Ue e Regno Unito che sani le ferite della Brexit, per cui qualcuno vede nell’iperattivismo sull’Ucraina anche l’occasione per Starmer di diminuire le distanze politiche dai palazzi del potere di Bruxelles.

Accanto a ciò ecco il quadro industriale. “Starmer vuole che la Gran Bretagna venga trattata come un membro dell’Ue nel piano di difesa da 800 miliardi di euro”, scrive oggi il Telegraph, mettendo in evidenza che il titolare di Downing Street preme perché le aziende di difesa inglesi siano classificate come europee per il progetto “ReArm”, ma si scontra con l’opposizione di Emmanuel Macron.

Qui Parigi

Il presidente francese vuole che su Mosca “la pressione sia chiara” perchè “non dà l’impressione di volere sinceramente la pace”. Un assunto che non è di oggi, ma sul quale tutto l’occidente era già d’accordo tre anni fa. Ma se l’inquilino dell’Eliseo lo riprende in mano oggi, alla vigilia della programmazione sulla difesa e della decisione sulla proposta inglese di inviare truppe a Kiev, significa che ha la necessità di non restare indietro rispetto a Londra e, perché no, a Berlino. Tre settimane fa ospite alla Casa Bianca, Macron ha corretto nello Studio Ovale il presidente degli Stati Uniti sugli aiuti Ue all’Ucraina. “L’Europa sta recuperando i soldi prestati all’Ucraina”, ha detto Trump. “A essere onesti, abbiamo pagato il 60% del totale e abbiamo fornito soldi veri” con “prestiti, garanzie e sovvenzioni”, ha ribattuto Macron.

Parigi-Pechino-Kyiv

Anche l’Eliseo può vedere nella questione ucraina l’intreccio con altre partite, che riguardano il futuro industriale e le relazioni con Washington e Pechino. Incontrando Xi Jinping in Cina lo scorso novembre, Macron si era sentito dire dal presidente cinese che la Cina è disposta ad approfondire la comunicazione strategica con la Francia e a rafforzare una cooperazione reciprocamente. Nel maggio dell’anno scorso Macron e Xi avevano siglato anche una serie di accordi in settori chiave come l’energia, i trasporti, le banche, le batterie, l’aerospazio. In occasione del suo primo tour europeo dal 2019, Xi dieci mesi fa iniziò le sue visite proprio da Parigi. E qualche giorno fa intervistato da Fox News, Macron ha detto che gli Stati Uniti non possono avere “guerre commerciali simultanee con Cina ed Europa”.

Qui Berlino

Si è discusso spesso anche sulla stampa tedesca negli ultimo giorni del legame tra RearmEu, dossier Ucraina e riconversione industriale tedesca, con il cancelliere in pectore Fredrich Merz chiamato a gestire al contempo la grave crisi industriale dei colossi teutonici dell’automotive. Nel frattempo si registra una decisione storica del Bundestag, che ha detto sì al pacchetto di debiti per centinaia di miliardi di euro per la difesa e le infrastrutture (mentre Roma chiede sostenibilità e conti in ordine). Se da un lato certa classe imprenditoriale legata all’austerità di Wolfgang Schaeuble critica la Cdu per i nuovi debiti, dall’altro c’è lo scatto di Rheinmetall, che già sta riconvertendo la sua divisione automotive alla produzione di carri armati e che contribuisce al sostanziale cambio di passo sulla difesa da parte del nuovo governo.

Attenzione a due elementi: i licenziamenti della Volkswagen e quelli della Siemens. Il colosso taglia più di 6.000 posti di lavoro in tutto il mondo, principalmente nella divisione digitale e in Germania i tagli sono massicci. Il tutto mentre la Germania affronta un decennio senza crescita e le previsioni per il futuro immediato sostengono che la produzione economica continuerà a diminuire.

 


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