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Niente scontro Nato-Russia (con gli Usa a bordo). Le idee di Macron e Meloni secondo Checchia

“Roma non ha tradito i principi su cui si fonda la nostra vicinanza a Kyiv, ma li ha declinati in maniera più che responsabile. L’avallo Onu? Potrebbe prevedere una serie di attori anche esterni all’Ue, come Turchia, Cina e Brasile. Un’operazione sul terreno anche di truppe europee? Richiederebbe comunque uno stretto coordinamento con gli Stati Uniti in termini di raccolta di dati di intelligence e di protezione antiaerea e antimissile”. Conversazione con l’esperto diplomatico, già ambasciatore d’Italia presso l’Ocse, alla Nato, in Libano, Gabriele Checchia

Avere a bordo gli Stati Uniti ed evitare un confronto diretto di truppe di Paesi Nato con la Russia. Per questa ragione, spiega a Formiche.net dopo il vertice di Parigi Gabriele Checchia, già ambasciatore d’Italia presso l’Ocse, alla Nato, in Libano, la proposta formulata da Giorgia Meloni sul contesto euroatlantico è la strada giusta per giungere a una soluzione ottimale, accanto alla non partecipazione nazionale italiana a una eventuale forza militare sul terreno e all’importanza di continuare a lavorare in stretto raccordo con gli Stati Uniti per fermare il conflitto. “Bisognerà essere molto attenti che questa trazione franco-britannica non si traduca poi nella tutela di interessi molto più prosaici, che vanno al di là della tutela della sovranità o dell’indipendenza ucraina, trasformandosi in ricadute industriali che ci vedrebbero esclusi”.

Dopo il vertice di Parigi, quali crede siano i vantaggi della posizione italiana che guardava all’Onu e all’art. 5 per l’Ucraina?

In quella proposta l’Italia ha mostrato ancora una volta di non essere precipitosa, ma di voler prendere in considerazione tutti i tasselli del puzzle, perché sono temi estremamente sensibili in cui si tocca l’essenza del potere statuale e il dispiegamento di uomini sul terreno. Sono decisioni che vanno prese con cognizione di causa e con assoluta consapevolezza di tutti i fattori dell’equazione. Direi che mi auguro un coinvolgimento dell’Onu a cui da Roma, da parte del nostro Presidente del Consiglio e dei ministri competenti, da tempo si guarda come l’unica via praticabile. In questo senso l’Italia trova confermata la propria linea che è una linea di saggezza, che è stata accompagnata da un perdurante sostegno all’Ucraina aggredita, quindi non abbiamo tradito i principi su cui si fonda la nostra vicinanza a Kyiv ma li abbiamo declinati in maniera mi sembra più che responsabile.

Perché sarebbe utile trovare una cornice sovranazionale?

È chiaro che uno dei fattori che inducono alla prudenza nell’inviare uomini sul terreno, i famosi boots on the ground, è la necessità di evitare un confronto diretto di truppe di paesi Nato con la Russia che potrebbe aprire scenari imprevedibili, anche devastanti. Ciò non significa chiudere la porta alla soluzione negoziata, ma facilitarla. Anche perché un eventuale avallo delle Nazioni Unite a una missione di interposizione con anche Paesi europei, potrebbe prevedere una serie di attori anche esterni all’Unione europea, come Turchia, Cina e Brasile. Tutto questo andrà valutato al momento opportuno oltre al fatto che avrebbe necessità del consenso russo, essendo la Russia membro permanente del Consiglio di sicurezza e quindi sarebbe difficile poi per Mosca ostacolare l’attività di questa missione. Si tratterebbe dunque di rendere compatibili esigenze diverse. Credo che la strada italiana sia quella giusta accanto all’altra opzione da noi prospettata, ovvero di un ricorso all’articolo cinque del Trattato Atlantico da applicare all’Ucraina come garanzia.

Emmanuel Macron dice che non tutti gli alleati europei parteciperanno alla proposta ma questa sarà una iniziativa guidata da Francia e Gran Bretagna. Quali secondo lei gli elementi positivi e quali quelli di rischio?

Gli elementi positivi, secondo me, risiedono nel fatto che l’Europa comunque intende far sentire la propria voce con un proprio contingente a guida franco-britannica anche se il Regno Unito non fa più parte dell’Unione europea. Ma certamente emerge una volontà dell’Europa di profilarsi, di non restare passiva ed evitare che il gioco venga condotto esclusivamente da Washington e da Mosca. Questo penso possa essere apprezzato anche negli Stati Uniti: ovvero un’Europa che contribuisce con propri mezzi militari al mantenimento della pace nel dopo tregua, una volta che una tregua sarà stata negoziata. Quindi un’Europa, e questo a noi può fare solo piacere, assertiva ma responsabile.

I rischi invece?

Sul versante invece meno positivo io vedo questa missione a trazione franco-britannica con implicazioni in termini di difesa europea, finendo col fare soprattutto il gioco degli interessi francesi e britannici, anche delle industrie rispettive nel settore della difesa, a scapito delle eccellenze italiane come Leonardo. Quindi bisognerà essere molto attenti ad evitare che questa trazione franco britannica non si traduca poi nella tutela di interessi molto più prosaici, che vanno al di là della tutela della sovranità o dell’indipendenza ucraina, trasformandosi in ricadute industriali che ci vedrebbero esclusi. Ma sono convinto che la nostra presidente del Consiglio abbia tutte le carte in regola per fare, anche in questo caso, la scelta più ponderata, ben assistita dai suoi collaboratori e dai ministri competenti, per evitare derive che, con il pretesto di tutelare l’indipendenza ucraina, finirebbero poi per penalizzarci in Europa, laddove siamo sempre stati tra i più convinti assertori della indipendenza o sovranità di Kyiv. Tale nostro principio va tutelato nel momento in cui si dovesse passare a una fase operativa, con un forte coinvolgimento europeo.

Quali gli errori da evitare?

Tutto è in divenire, quindi è difficile adesso sbilanciarsi sulle previsioni però credo che dobbiamo evitare una sorta di dominio franco-britannico nel momento in cui si tratterà di tradurre in realtà i segnali che vengono dal vertice appena conclusosi a Parigi. Decisivo, ovviamente, sarà anche un dispiegamento di una forza di alcuni Stati europei, più che di una forza europea in quanto tale e decisivo però sarà anche un coinvolgimento Usa, quantomeno una non ostilità americana perché, come ci spiegano illustri analisti, un’operazione sul terreno anche di truppe europee richiederebbe comunque uno stretto coordinamento con gli Stati Uniti in termini di raccolta di dati di intelligence e di protezione antiaerea e antimissile. Quindi avere a bordo gli Stati Uniti mi sembrerà importante. In qualche modo bisognerà ottenerlo questo risultato.

In che modo?

E anche qui credo che trovi conferma la saggezza della scelta del nostro governo di lavorare sin dall’inizio per evitare che questo problema della messa in atto della tregua con contingenti multinazionali non avvenga a scapito del rapporto transatlantico. Del resto è uscito come elemento chiaro da Parigi e lo hanno detto anche il nostro presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri che il quadro migliore per avere questa forza di interposizione, oltre all’avallo Onu, deve poggiare su un saldo contesto euro atlantico per il quale Giorgia Meloni si è spesa sin dall’inizio.

Come la forza di rassicurazione europea di cui parla Macron dovrà coordinarsi con Nato e Onu?

Non mi pare impossibile. Il fatto che il segretario generale della Nato Mark Rutte fosse presente al vertice di Parigi già depone a favore di una concertazione tra gli Stati europei e l’Alleanza. Quest’ultima deve essere parte integrante anche nella messa a fuoco degli aspetti operativi di questa forza di interposizione. Non dimentichiamo, per quanto riguarda le Nazioni Unite, che lo stesso articolo cinque, cioè la spina dorsale del Trattato atlantico dell’aprile ’49, prevede un raccordo preciso e stringente con il Consiglio di sicurezza. Si parla appunto di diritto all’autodifesa e soprattutto del passaggio della competenza per la conduzione delle operazioni al Consiglio di sicurezza, non appena sia stata superata la fase di emergenza. Già i padri fondatori dell’Alleanza atlantica si erano posti il problema di una sintonizzazione tra le azioni Onu e quelle della Nato. Credo, quindi, che si dovrà continuare a lavorare in questa direzione. Inoltre il fatto che il segretario generale Rutte e la presidente Meloni abbiano un buon rapporto col presidente Trump mi pare sia un elemento positivo da non sottovalutare.


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