In tre ore le piazze del Vecchio continente hanno bruciato quasi 900 miliardi, dopo il nuovo knock-out dei listini asiatici. A Palazzo Chigi si punta a capire come aprire un ombrello per le imprese. E anche la grande finanza americana alza la voce
Un’altra giornata di forti ribassi per le Borse, di passione allo stato puro. Dopo i crolli di giovedì e venerdì, che in Europa hanno mandato in fumo centinaia di miliardi di capitalizzazione, anche oggi i dazi di Donald Trump hanno affossato mercati e listini, demolendo l’umore degli investitori. Il risveglio del lunedì nero è arrivato con l’Asia: Seul -5,57%, Tokyo -7,83%, Hong Kong precipitata a -13,22%, Shanghai -7,34%, Shenzhen -10,79%. Mentre l’Europa, a età giornata, mandava in fumo quasi 890 miliardi in poco meno di 3 ore di contrattazioni. Guardando i singoli listini, Milano perdeva il 6,17% (chiusura -5,3%), Francoforte il 5,68%, Parigi il 5,56%, Madrid il 5,33% e Londra il 4,52%.
E pensare che per Trump va tutto bene, o quasi. Il presidente americano continua a minimizzare il panico sui mercati azionari, paragonando i dazi a “una cura” destinata a risolvere i mali dell’economia americana: “A volte è necessario assumere farmaci per curarsi”. E comunque, gli Stati Uniti non sono a rischio inflazione, anche con merci in ingresso più care. “I prezzi del petrolio sono in calo, i tassi di interesse sono in calo, i prezzi dei prodotti alimentari sono in calo, non c’è inflazione e gli Stati Uniti, sfruttati da anni, stanno incassando miliardi di dollari a settimana dai Paesi sfruttatori grazie ai dazi già in vigore”, ha scritto Trump, sul suo profilo di Truth Social.
A Bruxelles, intanto, si continua a ragionare su come rispondere ai dazi reciproci: si parla più di contromisure che solo di contro-dazi, uscendo dal binario della più classica guerra commerciale e imboccando la strada nei negoziati. Nel mirino resterebbe comunque il settore dei servizi, con l’idea di una web tax europea, una sorta di equo compenso da far pagare alle Big Tech. Anche di questo si è parlato nel Consiglio europeo sul commercio in Lussemburgo.
Il tutto mentre a Palazzo Chigi si sta svolgendo un vertice con in ministri Francesco Lollobrigida, Antonio Tajani, Adolfo Urso e Giancarlo Giorgetti, convocati da Giorgia Meloni per fare il punto e mettere a punto una strategia che funga da ombrello per le imprese. I responsabili del Mimit e dell’Economia, si sarebbero presentati con alcuni documenti, da discutere con la premier, per valutare il miglior piano di difesa, una sorta di linea Maginot a difesa delle imprese. Aziende che nelle prossime ore varcheranno il cancello di Palazzo Chigi, proprio per un confronto con Meloni.
La grande finanza americana, comunque, è in allarme. Il ceo di Jp Morgan Jamie Dimon ha chiesto di risolvere il prima possibile la questione dei dazi per via degli effetti che rischia di produrre sull’economia e delle molte incertezze che genera e definisce disastrosa una frammentazione del sistema delle alleanze Usa, a partire dall’Europa. “Quanto prima si risolve questo problema, tanto meglio è perché alcuni degli effetti negativi aumentano cumulativamente nel tempo e sarebbero difficili da invertire», ha avvertito nella lettera agli azionisti della banca. “Mantenere le nostre alleanze unite, sia militarmente che economicamente, è essenziale”.