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Carri, non chiacchiere. La ricetta Leonardo-Rheinmetall che supera il progetto franco-tedesco

Prosegue spedita la collaborazione tra Italia e Germania sui nuovi mezzi corazzati per l’Esercito italiano, con Cingolani che annuncia la consegna dei primi 100 carri entro il 2029. Nel frattempo, tutto continua a tacere sul fronte del Mgcs, il supposto carro euro-franco-tedesco del futuro. In un momento in cui le contingenze strategiche impongono all’Europa un cambio di passo, il modello di collaborazione perseguito da Leonardo e Rheinmetall potrebbe rappresentare un’alternativa concreta per il futuro dell’industria della difesa continentale

Nel panorama europeo della difesa, segnato da iniziative ambiziose ma spesso ostacolate da divisioni politiche e frammentazioni industriali, l’intesa tra Italia e Germania sul nuovo carro armato destinato all’Esercito italiano si distingue come un’eccezione concreta. Mentre il programma franco-tedesco Mgcs fatica ancora a vedere la luce, Roma e Berlino accelerano lungo una traiettoria parallela, puntando su una collaborazione che non si fondi su dichiarazioni d’intenti, ma su un piano industriale definito e un bilanciamento operativo che tenga conto delle tempistiche.

“L’Esercito italiano vuole modernizzare i suoi sistemi terrestri e ci ordinerà carri armati per oltre venti miliardi di euro nei prossimi anni”, ha dichiarato Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, in un’intervista al quotidiano tedesco Der Spiegel. Il riferimento non riguarda soltanto le forniture a breve termine, ma un progetto di lungo respiro che punta allo sviluppo congiunto di “un sistema di combattimento per i prossimi 40-50 anni, un carro armato connesso a satelliti e droni”.

La partnership tra Leonardo e Rheinmetall ha preso forma nella joint venture Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (Lrmv), che avrà sede legale a Roma e impianto produttivo a La Spezia. La nuova società è destinata a diventare il centro nevralgico per la produzione dei veicoli blindati di nuova generazione che equipaggeranno le forze terrestri italiane. Il carro Panther KF-51, sviluppato da Rheinmetall, costituirà la base tecnologica del futuro corazzato italiano. Ma è soprattutto il modello di cooperazione a rappresentare un elemento di discontinuità, con una chiara ripartizione delle competenze, un’equa distribuzione dei carichi industriali e, soprattutto, un cliente, l’Esercito italiano, che ha già formalizzato le proprie esigenze operative.

Un aspetto tutt’altro che marginale. Nel contesto europeo, dove le ambizioni strategiche faticano spesso a tradursi in progetti concreti, l’accordo italo-tedesco rappresenta un esempio di cooperazione pragmatica. È lo stesso Cingolani a marcare la differenza con il programma Mgcs, ancora fermo alla fase concettuale: “La differenza è che il Mgcs è solo un annuncio e noi sappiamo già come dividerci il lavoro nei prossimi quindici anni”.

L’affondo di Cingolani tocca uno dei nodi strutturali della difesa europea, ovvero l’incapacità di tradurre le sinergie politiche in una vera integrazione industriale. Se il Mgcs resta avvolto in una nebulosa progettuale, Lrmv ha già definito compiti, ripartizioni (60% delle attività saranno svolte in Italia, mentre il restante 40% in Germania) e tappe di consegna. L’intesa tra Roma e Berlino, in questo senso, si configura non solo come convergenza di interessi nazionali, ma come possibile laboratorio per una difesa europea fondata sulla concretezza più che sulla retorica. In un momento in cui l’Europa è chiamata a rivedere le sue priorità di difesa e a intervenire sul proprio tessuto industriale con rapidità e pragmatismo, non è da escludersi che il modello Lrmv potrebbe anticipare – o forse persino rimpiazzare – programmi più ambiziosi ma meno strutturati nella loro attuazione.


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