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A volte ritornano. Cosa si muove sul fronte del carro armato franco-tedesco del futuro

La costituzione della Mgcs Project Company rappresenta un passo significativo per il programma franco-tedesco, volto a sviluppare il carro armato del futuro. Tuttavia, le difficoltà rimangono, tra divergenze strategiche, sfide industriali e la crescente autonomia di altri attori europei. Tuttavia, c’è il rischio che il progetto, pur promettente, non superi i nodi strutturali che finora ne hanno rallentato l’avanzamento. Il vero test sarà riuscire a tradurre la convergenza formale in un’effettiva piattaforma comune

Un passo atteso, forse necessario, ma non ancora risolutivo. La costituzione della società di progetto per il programma Mgcs (Main ground combat system, concepito da Francia e Germania) segna un momento formale nell’evoluzione di un’iniziativa che, nel tempo, è stata spesso presentata come “il carro europeo del futuro”. Un’etichetta ambiziosa, che oggi appare più come un auspicio che come una descrizione operativa. Più che un punto di svolta, quello compiuto in questi giorni è un passaggio tecnico in un percorso ancora disseminato di incertezze.

Storia travagliata di un carro armato

A quasi otto anni dall’annuncio del programma, l’Mgcs continua a rappresentare una delle iniziative più ambiziose e, al tempo stesso, più complesse nella cooperazione industriale tra Parigi e Berlino. Pensato come risposta comune all’esigenza di rinnovare le capacità corazzate pesanti, il progetto ha presto scontato le difficoltà di armonizzazione tra culture strategiche diverse, agende industriali nazionali e interessi aziendali non sempre convergenti.

L’ingresso di Rheinmetall nel consorzio, nel 2019, ha complicato ulteriormente un equilibrio inizialmente binario tra KNDS France e KNDS Deutschland. La gestione dei carichi di lavoro, le visioni divergenti sul profilo operativo del futuro carro e l’assenza di una governance efficace hanno rallentato le attività, allontanando di fatto la realizzazione di un primo dimostratore, oggi attesa non prima del 2030.

È in questo contesto che è nata, con sede a Colonia, la Mgcs Project Company GmbH, partecipata in modo paritetico (al 25% cadauno) da KNDS Deutschland, KNDS France, Rheinmetall Landsysteme e Thales. La società avrà un amministratore delegato tedesco (ex ufficiale delle Bundeswehr) e, in qualità di principale appaltatore, avrà il compito di gestire l’attuazione della Fase 1B del programma, che prevede di iniziare la costruzione di un numero, ancora da definire, di veicoli dimostrativi nei prossimi mesi. Una struttura pensata per razionalizzare il lavoro congiunto e fornire un punto di riferimento unico nella gestione industriale del programma. La sua formalizzazione, concordata a gennaio con il sostegno politico dei ministeri della Difesa di Francia e Germania, punta a superare la fase interlocutoria degli anni passati.

Le ombre e i dubbi sul futuro 

La costituzione della nuova entità rappresenta indubbiamente un passo in avanti rispetto al passato, ma la creazione di una società, di per sé, non basta a sciogliere definitivamente i molteplici nodi sostanziali relativi al programma. Resta aperta, ad esempio, la questione della ripartizione dei compiti progettuali, della definizione di requisiti comuni tra Forze armate con dottrine differenti, nonché della reale sostenibilità del programma in un contesto in cui altri attori europei stanno già muovendosi su binari autonomi. Non a caso, l’Italia ha avviato una propria collaborazione con Rheinmetall basata sul Panther KF51, segnando un progressivo raffreddamento nei confronti dell’iniziativa franco-tedesca verso cui, appena pochi anni fa, aveva manifestato interesse.

L’Mgcs non è solo un programma militare, ma rappresenta anche un termometro della capacità europea di costruire convergenze industriali stabili. In un sistema sempre più orientato a sviluppare soluzioni integrate e interoperabili, i ritardi accumulati e le difficoltà nel gestire la compresenza di grandi gruppi nazionali sollevano interrogativi non solo di metodo, ma anche di visione.

Un carro “europeo”?

Per ora, “il carro europeo del futuro” rimane una formula più mediatica che industriale. Il nuovo assetto societario potrà forse migliorare il coordinamento tra attori rilevanti, ma se l’Mgcs riuscirà davvero a concretizzarsi in una piattaforma comune dipenderà dalla capacità – ancora tutta da verificare – di trasformare la convergenza formale in una reale architettura produttiva condivisa. Nel frattempo, l’industria europea della difesa continua a muoversi secondo geometrie variabili. Il nodo della sovranità tecnologica resta aperto, ma la sua declinazione – anche nei programmi congiunti – sembra sempre più soggetta a dinamiche bilaterali, più che a una reale integrazione a livello continentale.


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