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Le due facce della concorrenza. Ecco come Byd inguaia i costruttori cinesi

In Cina quasi otto auto elettriche su dieci sono a marchio Byd e alle decine di restanti produttori rimangono solo le briciole. E così la concorrenza cinese si ritorce contro Pechino

Le due facce di una concorrenza. Da una parte la lenta, ma inarrestabile, avanzata delle auto elettriche cinesi verso l’Europa, con la sola Tesla rimasta a contrastare e a resistere allo strapotere di Byd. Dall’altra, e questa forse a Pechino piace meno, la progressiva cannibalizzazione del mercato della mobilità green anche dentro i confini del Dragone. Sì, perché il principale costruttore cinese di auto sta creando non pochi problemi al governo di Xi Jinping. Come? Semplice, comportandosi da asso piglia tutto anche in patria.

Premessa, entro la fine del 2025 le vendite in Cina di auto elettriche dovrebbero aumentare di circa il 20%, attuando il sorpasso sui motori ad alimentazione tradizionali, ovvero endotermici. Ora, il grosso delle vendite di auto verdi, circa il 78%, è riconducibile quasi esclusivamente a Byd. Nella sostanza, secondo gli ultimi dati di Hsbc, poco meno di otto vetture su dieci vendute in Cina, sono a marchio Byd. E questo significa che il restante 22% del mercato, va suddiviso tra i 52 marchi di auto elettriche presenti in Cina. Un vero e proprio assalto alla diligenza.

Il problema c’è, e non solo dal lato dei costruttori che competono con Byd, che rischiano di fatto l’oblio. E le prime crepe, cominciano già a vedersi. William Li, fondatore del gruppo EV, quotato al Nasdaq, a marzo, ha per esempio dichiarato al personale che la società sta tagliando i costi in tutta l’azienda mentre la concorrenza di Byd aumenta. La società ha anche annunciato un aumento di capitale di 450 milioni di dollari. Ancora, Neta, un produttore di veicoli elettrici sostenuto dalla ben più grossa Catl, è stato costretto a chiudere temporaneamente le sue fabbriche in Cina a causa di una stretta di cassa dovuta al fatto che il suo bacino di mercato si è ristretto a causa dell’avanzata di Byd.

Tutto questo non può far piacere al governo cinese, che ha puntato sulla mobilità elettrica una cospicua quota dei suoi piani per la ripresa. Pechino, infatti, ha investito molto sui produttori di auto green, anche sotto forma di sussidi e bonus alle linee di produzione. Il fatto dunque che Byd stia cannibalizzando il mercato, crea un vuoto nell’industria. Ma non è finita.

Lo scorso 17 marzo Wang Chuanfu, il fondatore di Byd, ha annunciato qualcosa di davvero importante. Non si è trattato dell’ennesima novità strategica. Era qualcosa di più. L’annuncio riguarda l’avvio in Cina di un sistema di ricarica iper-veloce per le auto Bev. Un apparato tecnologico che incrocia due elementi: da un lato il veicolo, dotato di un’architettura di ricarica ad alto voltaggio e un corposo volume batterie, dall’altro una rete di fornitura da 1 megawatt: tradotto, colonnine ultra-charge mai così potenti. Fino ad ora solo i supercharger di Tesla, con i loro 500kW, non avevano rivali. Ora Byd addirittura li raddoppia.


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