La Pboc ha inviato agli istituti vigilati le nuove linee guida sulla gestione delle riserve bancarie. Con l’imperativo di vendere dollari e comprare yuan
L’operazione dollaro è partita. O meglio, ripartita. Non è certo la prima volta che il Dragone tenta la spallata al dollaro. Pochi giorni fa Formiche.net ha raccontato della non ancora ufficializzata estensione del circuito di pagamenti a mezzo yuan digitale, all’intera area Asean e al Medio Oriente. Con l’obiettivo, peraltro dichiarato, di mettere alle corte il biglietto verde, ancora l’unico vero baricentro del sistema monetario globale. Una missione finora fallita, dal momento che il dollaro continua a rimanere il punto di riferimento dei mercati. Ma a Pechino la pensano diversamente, lo yuan formato digitale può essere l’arma in più per detronizzare la valuta americana.
E le dimensioni contano, perché aumentare i volumi dei pagamenti in yuan, per giunta su un’area geografica molto più estesa della Cina, vuol dire andare a erodere porzioni di globo finora dominate dal dollaro. La questione è stata presa molto seriamente da Pechino, come dimostrano anche le manovre in corso in patria. La Banca centrale cinese, la Pboc, ha chiesto alle principali banche statali di ridurre gli acquisti di dollari americani. Il che vuol dire intaccare direttamente le riserve degli istituti che, come noto, si approvvigionano di valute straniere per permettere le transazioni.
Ma adesso del dollaro si può fare a meno secondo il Dragone. Anzi, si deve. Tutto nero su bianco nelle linee guida inviate dalla stessa Pboc alle banche vigilate, alle quali è stato anche chiesto di intensificare i controlli quando eseguono ordini di acquisto in dollari per i loro clienti Secondo quanto riferito da due fonti separate, mercoledì le principali banche statali del Paese hanno avviato la vendita di dollari per fare spazio all’acquisto di yuan in modo aggressivo e repentino. De-dollarizzazione a parte, dietro il cambio di marcia cinese ci sono anche ragioni più prettamente valutarie. Lo yuan ha perso circa l’1,3% nel mese di marzo, toccando quota 7,35 per dollaro.
Una questione, quella del sostegno allo yuan, legata a doppio filo anche ai dazi. Pechino ha chiarito di voler combattere fino alla fine con un’ulteriore escalation lo scontro con Washington, soprattutto dopo la minaccia di Trump di tariffe aggiuntive del 50% che porterebbero i dazi imposti ai prodotti cinesi intorno al 100%. La banca centrale cinese deve comunque procedere con cautela. Un brusco calo del cambio dollaro/yuan, a discapito di quest’ultimo, potrebbe infatti anche favorire un deflusso dei capitali e mettere a rischio la stabilità finanziaria oltre a compromettere le possibilità di una trattativa con la Casa Bianca.