Skip to main content

Cosa Francesco (non) avrebbe voluto al suo funerale. L’opinione di Cristiano

Quella di ieri è stata un’omelia a mio avviso perfetta, che non ha risparmiato nessuno tratto “costitutivo” della sua personalità e della sua agenda. Ho trovato invece desolante lo svolgimento della cerimonia a Santa Maria Maggiore, dove gli ultimi non sono diventati i primi neanche per il breve momento di un funerale. La riflessione di Riccardo Cristiano

Ho letto e sentito molte critiche per la presenza ai funerali di papa Francesco di molti leader politici che a dir poco non lo apprezzavano, o molto peggio. Ma quei leader sono venuti a rendere omaggio all’istituzione e hanno partecipato ai funerali di un loro collega, cioè del Capo di Stato Francesco. Non si va solo alle esequie dei Capi di Stato amici, c’è di mezzo anche l’istituzione che quel Capo di Stato ha rappresentato. Dunque queste presenze non mi hanno sorpreso: direi “affari loro”, se proprio dovessi esprimere un mio giudizio che come tale sarebbe più opportuno tenere per me. E devo dare atto al cardinale Re, decano del collegio cardinalizio che ha nell’anagrafe il motivo per cui non è papabile, ma che ha pronunciato un’omelia a mio avviso perfetta, di non aver risparmiato nessuno tratto “costitutivo” della sua personalità e della sua agenda.

Ho trovato invece desolante lo svolgimento della cerimonia a Santa Maria Maggiore, dove gli ultimi non sono diventati i primi neanche per il breve momento di un funerale. Per espressa volontà del pontefice ancora regnante, sul sagrato di questa basilica c’erano, come si sa, 40 svantaggiati. Alcuni li hanno “categorizzati”, a me questo non sembra opportuno e preferisco definirli così, “i prediletti”, di Jorge Mario Bergoglio, di Francesco e mi sembra del Vangelo, il libro che, aperto, stava sopra la sua bara, come prevede il rito.

Mi aspettavo che prendessero la testa del drappello di uomini (e donne, ritengo) che avrebbero seguito il feretro fino alla sepoltura. Non è andata così. Stavano lì fuori, da una parte. E ci sono rimasti per tutto il tempo che le telecamere li hanno inquadrati. Questo è ciò che non mi è piaciuto. Uno di loro ha raccontato che dopo anni che dormiva per strada, quando Francesco ha disposto che un edificio antistante il colonnato di Piazza San Pietro venisse destinato non a diventare un albergo lusso, come si dice che dovesse, ma alloggio per senza tetto, lui è stato ammesso lì. Forse Bergoglio avrebbe previsto una diversa collocazione per lui e per gli altri al momento della sua tumulazione. Posso dire quel che penso: il cerimoniale avrà le sue regole, saranno rigide, ma si sente odore di chiuso, di stantio, in questo “cerimoniale”.

Eppure questa ultima traslazione ha avuto un grande valore. Paolo VI, come è noto, definì una benedizione Porta Pia per la Chiesa, la fine del potere temporale. Eppure da allora la Chiesa è rimasta, almeno formalmente, arroccata nella sua cittadella, chiusa lì dentro. Fino al momento in cui il corteo funebre non ha portato la salma di papa Francesco per le strade di Roma, la Roma repubblicana, nella quale il papa venuto quasi dalla fine del mondo riposa, al di là di territorialità ed extra territorialità.

Le due anime di Roma si sono ricongiunte, la Chiesa ha accettato anche esteriormente lo Stato civile, i romani non sono andati dal papa, è lui che è uscito dal Vaticano per raggiungerli, salutari, credenti e non; lui avrebbe detto “Fratelli tutti”. Questa traslazione, per strano che appaia, ha mosso da Via Gregorio VII, un papa molto diverso da quello a cui si diceva “A Dio”, “Addio”, o “Arrivederci”, e molto probabilmente anche “Grazie Francesco”, oppure “Grazie Santo Padre”, dipende; ma comunque grazie.

Ed è uno dei tratti del vasto e complesso pluralismo di Francesco, il papa che riteneva che le differenze, i “conflitti” politico-culturali, non vanno risolti. A meno che non ci siano posizioni contraddittorie, quelle contrapposte devono proseguire il loro confronto, cercando di portarlo sempre a un livello più alto, perché solo i poli creano energia, senza di cui non c’è vita. Questo pluralismo che è anche interno alla Chiesa si è in lui articolato in tanti altri modi, importantissimi e decisivi per credere in una vera fratellanza. Ma questo discorso ci porterebbe altrove.


×

Iscriviti alla newsletter