Tra la ritualità del Conclave, storia e simboli della Chiesa che toccheranno anche gli equilibri internazionali. Cosa succede dopo la morte del pontefice
La morte di papa Francesco apre al processo secolare del Conclave, con cui la Chiesa individuerà il prossimo Vicario di Cristo. Nel cuore del Vaticano, sotto gli affreschi immortali della Cappella Sistina, si consumerà uno dei riti più affascinanti e segreti delle religioni. È qui che i cardinali elettori, provenienti da tutto il mondo, si riuniranno nelle prossime due settimane per scegliere il successore di Jorge Mario Bergoglio, in un processo che intreccia teologia, tradizione, simbolismo e potere. Una scelta che avrà anche forti riflessi sul piano della politica internazionale, vista la centralità che la figura a capo dello Stato Vaticano ha nelle dinamiche globali — basta pensare che nelle sue ultime ore Francesco aveva incontrato figure come il vicepresidente statunitense e il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
Il termine “conclave” deriva dal latino cum clave, “con la chiave”: un riferimento all’antica pratica di chiudere a chiave i cardinali fino alla decisione finale. Solo i cardinali con meno di 80 anni possono votare, in un’assemblea che, per alcuni giorni, restituirà a Roma il suo antico titolo imperiale di caput mundi, capitale del mondo, mentre 1,2 miliardi di cattolici attendono il nuovo pontefice.
Il rito si apre con una solenne messa nella Basilica di San Pietro, “Pro Eligendo Romano Pontifice”. Dopo la funzione, i cardinali – avvolti in paramenti rossi sopra le vesti liturgiche bianche – si dirigono in processione (o in minibus, per i più anziani) verso la Cappella Sistina, guidati da un coro che intona la Litania dei Santi, invocando lo Spirito Santo.
Sotto lo sguardo drammatico del Giudizio Universale di Michelangelo, ogni cardinale presta giuramento di segretezza con la mano sulla Bibbia. La cappella viene bonificata da dispositivi elettronici: niente telefoni, niente computer. Anche guardie svizzere, gendarmi e personale medico prestano giuramento per garantire la riservatezza assoluta.
“Extra omnes!” – tutti fuori – proclama il cerimoniere vaticano, e la porta della Sistina si chiude con un tonfo che segna l’inizio della clausura. “Ricordo che pensai: uno di noi uscirà di lì con l’abito bianco,” raccontava al Telegraph il cardinale britannico Cormac Murphy-O’Connor.
I cardinali, i cosiddetti “principi della Chiesa”, siedono su sedie in legno di ciliegio disposte attorno a dodici tavoli coperti da drappi. Il tredicesimo tavolo, posto davanti all’altare, accoglie l’urna d’argento per le schede. Ogni scheda reca la formula latina: “Eligo in Summum Pontificem” — “Eleggo come Sommo Pontefice”.
Il primo giorno si tiene un’unica votazione. Nei giorni successivi, quattro al giorno: due al mattino e due al pomeriggio. Dopo ogni seconda votazione, le schede vengono bruciate in uno dei due forni installati nella cappella. Il secondo forno è collegato alla famosa ciminiera sul tetto, da cui esce il fumo nero (nessun accordo) o bianco (Papa eletto). Per evitare confusioni, alla fumata bianca si unisce il suono delle campane di San Pietro.
Raggiunta la maggioranza dei due terzi, il cardinale più anziano domanda all’eletto se accetta l’incarico. Se risponde “Accepto”, viene condotto nella Stanza delle Lacrime per rivestirsi di bianco – un momento intimo, spesso carico di emozione. Lì sceglie anche il nome papale, una tradizione nata nel VI secolo (prima di allora i papi mantenevano il nome di battesimo), quando un prete di nome Mercurio divenne Papa e scelse un nome meno pagano: Giovanni II.
Infine, il nuovo Papa si affaccia dalla loggia centrale della basilica e il cardinale protodiacono proclama al mondo: “Annuntio vobis gaudium magnum. Habemus Papam!”. Seguono il nome e il titolo scelto dal nuovo pontefice, che impartisce la sua prima benedizione alla folla riunita in Piazza San Pietro e ai milioni di fedeli collegati in tutto il mondo.
Nei giorni successivi, avrà luogo la cerimonia ufficiale d’insediamento. Ma è lì, tra quei marmi antichi e quei silenzi carichi di attesa, che prende forma il futuro spirituale della Chiesa universale e si segna l’inizio di un nuovo capitolo anche per le relazioni internazionali.
Il nuovo pontefice dovrà affrontare sfide complesse, come il dialogo con la Cina, su cui papa Francesco aveva lavorato intensamente, e il dialogo inter-religioso avviato con la regione del Golfo (“Ha dedicato la sua vita a promuovere i principi della convivenza pacifica e della comprensione”, ha detto Mohammed bin Zayed nel suo commiato). Inoltre, dovrà gestire i rapporti con l’Europa (“Ha ispirato milioni di persone, ben oltre la Chiesa cattolica, con la sua umiltà e il suo amore così puro per i meno fortunati”, commenta Ursula von der Leyen), gli Stati Uniti (“Il mio cuore va ai milioni di cristiani in tutto il mondo che lo amavano”, dice JD Vance appena ripartito da Roma), l’America Latina, e costruire ponti con realtà come l’India (“Ricordo con affetto i miei incontri con lui e sono rimasto profondamente ispirato dal suo impegno per uno sviluppo inclusivo e a 360 gradi”, ha commentato Narendra Modi) e il mondo orientale. Tutto mentre la voce del Vaticano è tornata forte su dossier aperti con la guerra israeliana a Gaza, quella russa in Ucraina e le ingiustizie africane (come l’enorme crisi umanitaria in Sudan). Un compito immenso, che richiede saggezza e diplomazia — elementi centrali di ogni Conclave.