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Strategia industriale e bilancio. Sulla difesa è corsa al 2%

L’Italia si avvicina al traguardo del 2% del Pil in spesa per la difesa, in linea con gli impegni assunti in sede Nato. Tajani parla di scelta politica e strategica, in vista dell’incontro Meloni-Trump del 17 aprile. Ma nel governo convivono due approcci: Crosetto chiede più risorse dirette, Giorgetti punta a un conteggio più ampio. Intanto l’industria, con Cossiga (Aiad), chiede certezze per rispondere alle nuove sfide

L’Italia si prepara a raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil in spesa per la difesa, in linea con gli impegni assunti in sede Nato. “È una decisione politica che abbiamo preso”, ha detto il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani domenica, anticipando una prossima comunicazione ufficiale da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “È una risposta diretta alle richieste degli Stati Uniti – richieste legittime. Quando dicono che non possono essere gli unici responsabili della sicurezza dell’Europa, hanno ragione.” Tajani ha definito l’incremento della spesa come parte di una visione strategica più ampia: rafforzare il ruolo dell’Italia nel pilastro europeo della Nato e promuovere, in prospettiva, una difesa comune europea.

Attualmente l’Italia spende circa l’1,57% del Pil per la difesa, uno dei livelli più bassi tra i grandi Paesi dell’Alleanza. La questione sarà anche al centro dell’incontro previsto per il 17 aprile tra la premier e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump a Washington. L’appuntamento, tra l’altro, assume anche un rilievo strategico, in vista del prossimo vertice Nato che si terrà all’Aia nel mese di giugno. Gli Stati Uniti, anche per voce dello stesso Trump, hanno ribadito la necessità che i partner europei aumentino il proprio contributo alla sicurezza comune. L’Italia intende presentarsi con un impegno concreto in questa direzione.

All’interno del governo, esistono due approcci su come strutturare il percorso verso il 2%. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha sottolineato invece la necessità di aumentare gli investimenti diretti nel settore. “Il due per cento non è più un punto di arrivo, ma solo di partenza”, ha dichiarato. Secondo Crosetto, servono risorse aggiuntive per colmare le attuali carenze di scorte, infrastrutture e capacità operative, nonché riforme normative per rendere il personale militare più efficiente. L’adeguamento all’obiettivo Nato, però, rappresenta un cambiamento significativo, che il governo intende portare avanti mantenendo la disciplina fiscale. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha chiarito che l’obiettivo sarà raggiunto “senza attivare la clausola di salvaguardia nazionale” per sospendere le regole del Patto di stabilità europeo. Il ministro, infatti, ha proposto di ricomprendere nella quota del 2% anche altre voci legate alla sicurezza nazionale, come Guardia costiera, Carabinieri, servizi meteo, cyber-sicurezza e altre componenti non strettamente militari. Una soluzione che mira a contenere l’impatto sul bilancio pubblico e a valorizzare un concetto più esteso di difesa. Per Tajani, del resto, “le spese per la sicurezza non sono spese per comprare bombe e cannoni. Sono spese per le infrastrutture, per i trasporti, per garantire ogni nostro cittadino”.

Come rimarcato a Formiche da Giuseppe Cossiga, presidente di Mbda Italia e della federazione Aziende aerospazio, difesa e sicurezza (Aiad): “Lato industria non discutiamo le modalità con le quali il governo intende affrontare la questione del 2%, comprendiamo il momento e l’esigenza di fare bene e in fretta”. Le aziende italiane sono attrezzate a fare bene, ha continuato Cossiga “ma per fare in fretta c’è bisogno di certezze. Si continua a parlare ma non si riesce ad andare avanti, e questo è un problema”. Si tratta, del resto, di numeri importanti. “Il passaggio da 1,6% del Pil attuale al 2% vale grossomodo quasi dieci miliardi di euro, dei quali circa sei o sette potrebbero essere destinati al procurement. Si tratta di un salto importante. La sfida per le aziende – ha continuato Cossiga – è riuscire a soddisfare le richieste per evitare che queste risorse vadano in mano ad altri, ma prima si riesce ad avere maggiore stabilità, prima si riuscirà a lavorare con maggiore efficacia”.


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