Pur attraversato da sottili distinguo politici e dalla catalizzazione dell’opinione pubblica sulle cronache per la scomparsa di papa Francesco, il 25 aprile resta patrimonio di tutto il Paese e soprattutto in occasione dell’80esimo anniversario rilancia l’esigenza di una riconciliazione nazionale. L’analisi di Gianfranco D’Anna
C’è tutto il dna democratico dell’Italia, la testimonianza di libertà e la ripulsa del nazifascismo, in questi ottanta anni della Liberazione. L’anima costituzionale di un Paese che nonostante le tragedie di 25 anni di dittatura, l’imposizione di una guerra ignobile, i disastri e la vigliaccheria sulla pelle di un popolo indifeso di una nefasta dinastia regnante, è riuscito a riabilitarsi con una disperata lotta di liberazione. Come in molte nazioni europee dilaniate dal nazifascismo, a cominciare dalla Francia del governo fantoccio di Vichy, ai Balcani, alla stessa Germania degli ultimi anni, per gli italiani il succedersi degli anniversari della resistenza non è ancora valso a rimuovere completamente reciproci odi, tentativi di rivalsa o peggio di negazionismo e tutte le reminiscenze di una incivile guerra fratricida. Scorie venefiche che rimbalzano ad ogni refolo di nazionalismo e razzismo.
Riconciliazione e memoria condivisa restano temi divisivi, soprattutto se non si tiene conto che la pietà per i morti dell’una e dell’altra parte non comporta il riconoscimento dell’equivalenza delle ragioni per cui sono morti. “Tutti uguali davanti alla morte”, scriveva Italo Calvino, “non davanti alla storia”. Un’inconciliabilità ideologica, perfettamente sintetizzata da Noberto Bobbio come “il rifiuto dell’antifascismo in nome dell’anticomunismo”, che si spera sia destinata all’oblio con l’alternarsi delle generazioni.
Non a caso sulla scia delle ricorrenti schermaglie dal retrogusto revisionista, sul fronte di quanti tendono a “affievolire” le celebrazioni dell’ottantesimo, viene rilanciata l’ironica battuta di Andreotti secondo il quale “l’antifascismo è come il vino. Bisogna guardare all’annata”. Ciò non toglie che ogni anno, il significato del 25 Aprile conservi ed anzi amplifichi tutto il profondo valore dell’affermazione della libertà e della democrazia sul fascismo ed il senso di un patriottismo che collega la rinascita dell’Italia al Risorgimento garibaldino. Iscritta nella storia della nascita della Repubblica, la ricorrenza della Liberazione ne ha attraversato tutte le traversie ed è stata sottoposta per 80 anni ai contraccolpi della guerra fredda, degli attacchi e delle stragi del terrorismo e della mafia e che ha visto susseguirsi attentati palesi e occulti alle istituzioni parlamentari e politiche.
Immortali restano i versi di Giuseppe Ungaretti dedicati ai caduti della resistenza:
“Qui vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tutti
li avessero aperti
per sempre
alla luce”