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Draghi e Raimondo guideranno i super-esperti di Bloomberg

L’ex presidente della Bce e il capo del Dipartimento per il commercio americano sotto la presidenza Biden coordineranno i lavori di tre grandi gruppi di studio costituiti dall’agenzia di stampa Usa per rispondere alle sfide globali

L’ex capo del Dipartimento del Commercio americano, Gina Raimondo e l’ex presidente dalla Bce, già premier italiano, Mario Draghi, saranno co-presidenti del comitato consultivo di Bloomberg New Economy. Di che si tratta? Nello specifico, le Bloomberg New Economy Coalitions sono veri e propri gruppi di studio, organizzate e promosse dall’agenzia di stampa americana, che riuniscono i principali esperti del settore pubblico e privato per il dialogo, la condivisione di raccomandazioni e impegni collettivi e un’azione coordinata su urgenti sfide globali. Bloomberg New Economy sta attualmente lavorando a tre coalizioni: l’ International Cancer Coalition, la Climate Technology Coalition e la Dynamic Cities Coalition.

La prima, per esempio, mira a identificare e sviluppare rapidamente la prossima generazione di tecnologie verdi critiche per il clima, che saranno determinanti per il raggiungimento degli obiettivi climatici globali ed è guidata da un comitato direttivo composto da leader affermati provenienti da diversi settori e industrie. Un altro gruppo, invece, si occupa direttamente delle città intelligenti.

Entro il 2050, 7 miliardi di persone vivranno nelle città e il patrimonio edilizio globale raddoppierà. Di fronte a questa rapida urbanizzazione, alla diffusa volatilità economica e alla catastrofe climatica, la società ha bisogno di nuovi modelli di sviluppo sostenibile e strategie di resilienza per sfruttare appieno il potenziale dei principali motori di crescita mondiale. Questa coalizione riunisce un gruppo eterogeneo di stakeholder, da sviluppatori immobiliari, architetti e finanziatori a funzionari comunali ed esperti urbani, per catalizzare e progettare il percorso verso il progresso nelle città della New Economy.

Quanto ai due nuovi presidenti, Raimondo non ha bisogno di presentazioni. Ha guidato il commercio americano negli anni difficili della pandemia, sotto l’amministrazione Biden. Di lontane origini ischitane, l’ex funzionario statunitense si è speso in passato per difendere le autonomie strategiche e industriali dei Paesi amici degli Stati Uniti, a cominciare dalla tecnologia. Lo stesso vale per Draghi, negli ultimi mesi tra le voci più autorevoli e ascoltate nell’ambito della creazione di una nuova architettura europea.

Un’Europa sola, ma anche troppo eterogenea, è il Draghi pensiero. A cominciare dal versante normativo. “Le regole in Ue”, raccontava l’ex premier al Senato, poche settimane fa, “sono troppe e troppo frammentate, penalizzano, soprattutto nel settore dei servizi, l’iniziativa individuale, scoraggiano lo sviluppo dell’innovazione, penalizzano la crescita dell’economia. La regolamentazione prodotta dall`Ue negli ultimi venticinque anni ha certamente protetto i suoi cittadini ma si è espansa inseguendo la crescita di nuovi settori, come il digitale, e continuando ad aumentare le regole negli altri. Ci sono 100 leggi focalizzate sul settore high tech e 200 regolatori diversi negli Stati Membri. Non si tratta di proporre una deregolamentazione selvaggia, ma solo un po’ meno di confusione”.


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