Skip to main content

Fame di energia. Gli Usa riabilitano il carbone per alimentare i data center

Donald Trump firma due ordini esecutivi con cui verrà espansa l’estrazione e l’uso del minerale, che intende inserire nella lista delle materie “critiche”. La misura serve per vincere la corsa all’intelligenza artificiale con la Cina, ma solleva le preoccupazioni degli ambientalisti

La fame di energia degli Stati Uniti è sintetizzata negli ordini esecutivi che Donald Trump è pronto a firmare. Nel primo pomeriggio di oggi, il presidente americano siglerà una serie di misure per espandere l’estrazione e l’uso del carbone, così che l’America possa essere in grado di alimentare i suoi data center. Lo farà al cospetto delle grandi aziende minerarie, come Core Natural Resources, Ramaco Resources e Peabody Energy. Vista la loro importanza nella corsa all’intelligenza artificiale, questi enormi magazzini di informazioni sono sempre più al centro dell’interesse dei vari governi. E quello americano non può far di certo eccezione, se il suo obiettivo è vincere la sfida dell’IA contro la Cina.

A chiarirlo ancora una volta è stato ieri lo stesso Trump, parlando con i giornalisti nello Studio Ovale. Anche se l’America rimane “molto avanti in questo momento nella corsa all’intelligenza artificiale con la Cina”, per non far evaporare il gap costruito negli anni è necessario avere grandi scorte di energia. Anche il segretario agli Interni, Doug Burgum, è convinto che per soddisfare l’enorme richiesta di energia dei data center bisogna ricorrere al carbone, che considera sicuro e affidabile.

Quella del carbone è una vecchia battaglia del tycoon. Già durante il suo primo mandato aveva palesato l’intenzione di dare una linfa alla sua industria, prendendosela con i suoi predecessori per aver ostracizzato questa risorsa. Il risultato è stato che, sottolinea Bloomberg, nel corso degli anni le varie società minerarie hanno perso proprietà. Ora invece sono pronte a recuperare terreno, letteralmente.

Il piano del capo della Casa Bianca prevede infatti che le varie agenzie federali identifichino i vari siti e, qualora ci fossero, eliminino gli ostacoli all’estrazione. Inoltre, Trump ha dato mandato alla National Energy Dominance Council di inserire il carbone tra i minerali critici, insieme a quelli destinati all’industria della difesa e al settore delle batterie. Al segretario all’Energia, Chris Wright, ha chiesto di determinare se anche il carbone utilizzato per la produzione di acciaio fosse da considerare come critico, mentre a Burgum di porre fine alla moratoria con cui Barack Obama aveva sospeso la concessione di nuove licenze sui terreni federali. All’Environmental Protection Agency, invece, è stato richiesto di valutare se qualche centrale a carbone possa essere esentata dal rispetto dei limiti ambientali.

Sono due le questioni che si aprono davanti a questa decisione del governo americano, molto collegate tra di loro. Il carbone è uno dei minerali più inquinanti e il ritorno sulla piazza spaventa chi ne chiede il bando totale. Dall’inizio di questo secolo a oggi, più o meno 770 unità alimentate a carbone hanno chiuso. Ma adesso sembra essere in atto un’inversione di tendenza, con la produzione di carbone che è tornata a crescere da due decenni a questa parte. Complice la richiesta di auto elettriche, di criptovalute e, ovviamente, di strumenti tecnologici sempre più all’avanguardia.

I data center succhiano una quantità di energia che non ha eguali. Per il Dipartimento dell’Energia americano, può richiedere elettricità fino a 50 volte in più di un comune edificio per uffici. Un esempio arriva dalla West Virginia, dove i data center elaborano circa il 70% del traffico digitale globale. Il che richiede una quantità ingente di energia. Un ritmo che, come racconta il Washington Post nel suo reportage, a lungo andare diventa insostenibile. A meno che nei prossimi anni non vengano costruite centinaia di migliaia di reti elettriche e, per sostenerle, che le vecchie centrali a carbone continuino a restare aperte. E questa sembra essere la direzione intrapresa.


×

Iscriviti alla newsletter