Skip to main content

Ora la politica supporti l’industria. L’appello di Festucci dopo il memorandum con l’India

Tecnologia avanzata, cooperazione strategica e un’alleanza che guarda al futuro. Carlo Festucci, segretario generale di Aiad, commenta la firma del memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore Difesa, con la controparte indiana Society of Indian Defence Manufacturers, e invita a trasformare subito l’intesa in progetti concreti

A margine dell’undicesimo Comitato bilaterale Italia–India, organizzato a Roma dalla Direzione nazionale degli armamenti, la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (Aiad) e la Society of Indian Defence Manufacturers (Sidm) hanno firmato un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore dell’aerospazio e difesa, ma non solo. Ne abbiamo parlato con Carlo Festucci, segretario generale di Aiad.

Qual è il ruolo che l’accordo può giocare nella relazione tra il nostro Paese e l’India?

La firma del memorandum è stata un passo importante. L’India è un Paese su cui noi dovremo fare sempre più riferimento, anche in ragione dell’attuale complessa situazione geopolitica. Peraltro, è un Paese ad altissimo potenziale tecnologico. Per fare un esempio, per le sue Tesla Elon Musk ha bisogno ingegneri e questi sono quasi tutti indiani. La cooperazione, inoltre, può crescere in tutti i settori. Non dobbiamo pensare all’India come un Paese ancora in via di sviluppo, anzi può davvero insegnarci molto. Dobbiamo cooperare al meglio mettendo insieme le nostre capacità in modo da poter proporre grandi soluzioni a grandi problemi.

Quali saranno i comparti nei quali questa partnership potrà generare i risultati più significativi?

I campi di applicazione di questo accordo sono veramente tutti, oltre quelli tradizionali dell’aerospazio. Non dobbiamo porci limiti. Penso all’elettronica, alla dimensione cibernetica. Proprio sul cyber c’è da fare un grande sforzo congiunto e sarà uno dei punti più importanti da portare avanti. L’India è un Paese con delle capacità tecnologiche molto avanzate su questo settore (ma non solo), e potrà dare un contributo significativo. Lavorare insieme può rappresentare davvero un salto di qualità anche per noi, e possiamo imparare molto da loro. Il livello di cooperazione dipenderà, piuttosto, dalle capacità nostre e loro e dalla volontà di mettersi insieme per vedere come procedere lungo questa strada. Noi possiamo contare sicuramente su una attitudine a lavorare con serenità e capacità coi Paesi che hanno il desiderio di cooperare con noi.

L’accordo prevede anche l’istituzione di un gruppo di lavoro congiunto Italia–India. Qual è l’importanza di questa previsione?

Il gruppo di lavoro congiunto è l’elemento che andrebbe implementato il prima possibile, e vorrei che questo fosse fatto insieme alle istituzioni, in particolare con la Direzione nazionale degli armamenti. Non è un caso la presenza alla firma del direttore vicario Luisa Riccardi. Il punto, infatti, ed evitare di ragionare esclusivamente lungo la scala valoriale dell’industria, ma comprendendo invece anche la dimensione istituzionale di entrambi i Paesi.

Che ruolo chiede alle istituzioni in questo senso?

La firma dell’accordo non è stata importante solo dal punto di vista industriale, ma anche politico. L’intesa in sé è stata frutto di una serie di incontri condotti anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto, e da tutto il ministero, con le controparti indiane. Significativa, infatti, la presenza alla sottoscrizione del Defence secretary indiano, Rajesh Kumar Singh, e dell’ambasciatrice in Italia, Vani Rao. Questo dimostra che c’è stato un lavoro alle spalle, e non nasce da un’iniziativa esclusiva di Aiad. La dimostrazione che c’è la volontà politica, oltre che industriale, a collaborare.

Da parte delle istituzioni basterebbe un supporto che dia valore al lavoro che stiamo facendo. Uno sforzo che sia condiviso. Questo vorrebbe dire che le organizzazioni istituzionali dei due Paesi supportano questo lavoro, e se necessario implementano le risorse necessarie e via dicendo. Avere l’elemento pubblico che condivide questi obiettivi e li supporta diventa davvero di straordinaria importanza.

Quali sono i prossimi passi?

La priorità è fare rapidamente. Personalmente ho già in mente una serie di cose che andrebbero messe a terra il prima possibile. La firma è stato un passo importante, non solo da un punto di vista teorico, ma perché si è trattato di un elemento pratico. Ora, molto dipende da come andremo avanti. Sono sempre molto cauto quando si parla di firme e di accordi. Quello che conta davvero è cosa succede dopo, come si decide di implementare nel concreto le misure previste su carta. Staremo a vedere. Si tratta di capire qual è il livello di cooperazione che si vuole raggiungere. Si innescano in questo senso questioni diverse. Per fare solo un esempio, sicuramente bisognerà riflettere su un tema come la proprietà intellettuale. Vedremo, per ora stiamo guardando davvero troppo oltre. Io sono prudente in questi casi. “Vedere per credere”. Teoricamente sulla carta c’è tutto quello che serve. Ma io so che alla fine, quando si comincia ad andare nel merito delle cose, spesso si trovano delle sorprese. Per ora aspetterei a trarre giudizi. Teoricamente ci sono tutte le condizioni per fare un ottimo lavoro.

In un contesto geopolitico sempre più impegnativo, come legge questo avvicinamento con Nuova Dehli?

Ragionare su questi aspetti riguarda esclusivamente la politica. Io posso fare un ragionamento da privato cittadino. La situazione geopolitica è molto complessa, con gli Usa che stanno cambiando pelle e la Cina che giocherà un ruolo sempre più centrale. Nessuno ha ancora capito come andrà a finire, e hi dice il contrario non ha capito niente. Bisogna essere cauti, guardare quello che succede e non limitarsi. Ogni Paese può essere un possibile partner, soprattutto quelli con grandi capacità, e noi dovremo capire bene su quali potremo appoggiarci per poter attivare rapporti di tipo diverso: tecnologici, politici, commerciali? Sono questioni complesse, e non può che essere la politica, non l’industria, ad occuparsene. L’India sarà uno dei Paesi più strategici da questo punto di vista. La situazione generale, poi, continuerà a evolversi, e potremo dover guardare sempre più ad alcuni dei Paesi Brics. Sul come, però, bisogna riflettere, ragionando sul fatto che si tratta di estendere ulteriori campi di cooperazione senza lasciare quelli che sono i rapporti tradizionali. Ma questo non sta a me dirlo, ma a chi gestisce le decisioni politiche.


×

Iscriviti alla newsletter