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Le ambiguità di Conte costringono Schlein a un doppio lavoro. Parla Valbruzzi

Le piazze di Bologna, Firenze e Roma parlano a pubblici differenti. Schlein ha fatto bene a mandare una delegazione dei suoi alla manifestazione pentastellata che parla all’ombelico del Paese, ma per costruire un’alternativa di governo ci sono ancora tante difficoltà. Sarà la politica europea a sciogliere le ambiguità anche se M5S e Lega potrebbero trovarsi dalla stessa parte: all’opposizione contro l’Europa. Conversazione con il politologo dell’università Federico II, Marco Valbruzzi

La sinistra scende in piazza. Raduna gente sotto l’egida anti militarista del pentastellato Giuseppe Conte da una parte. E marcia sotto la bandiera blu a ventisette stellette dell’Unione Europea dall’altra nel solco tracciato dal sindaco schleiniano di Bologna, Matteo Lepore. Tutto qui, per il momento. Di costruire un’alternativa credibile al governo di centrodestra per il momento non se ne parla. O, piuttosto, non sussistono i presupposti. A sciogliere tante ambiguità, tanto a destra quanto a sinistra delineando le prossime saldature politiche sarà più che altro la politica sovranazionale. In particolare, quella dell’Ue. È la tesi che Marco Valbruzzi, politologo e docente di Scienza politica all’università Federico II di Napoli consegna alle colonne di Formiche.net.

Ieri le due piazze (Bologna e Firenze) e Roma. L’una del centrosinistra, con il sindaco Lepore in testa, l’altra di Giuseppe Conte. Che messaggi arrivano dalle due platee?

Sono due piazze che parlano a pubblici diversi. Quella di Bologna e Firenze è rivolta verso l’alto e parla – o vorrebbe parlare – soprattutto all’Europa, alla sua classe politica inferma e inerme, per svegliarla da un sonno che dura da troppi anni. Invece, l’altra, quella di Roma, è rivolta soprattutto all’ombelico della politica italiana, col tentativo del M5S di conquistare un’egemonia sul variegato e, spesso, anche contraddittorio mondo del pacifismo integralista italiano.

Le forze di sinistra stanno dimostrando di essere capaci di portare le persone in piazza. Ma stanno realmente costruendo un’alternativa di governo credibile?

Mi perdoni, ma la domanda è retorica. E, aggiungo, purtroppo. In realtà, forse anche al di là delle intenzioni dei promotori, quelle due piazze segnalano le differenze tra le due principali anime del possibile centrosinistra. Proprio per questo, ha fatto bene il Pd, con Elly Schlein, a inviare una propria delegazione alla manifestazione promossa dal M5S: è un segno di coerenza e di grande responsabilità. E permette a Schlein, nonostante tutto, di continuare a svolgere il faticoso ruolo di tessitrice di un campo che si sta facendo sempre più largo.

C’è confusione a sinistra sulle scelte che l’Europa dovrà intraprendere in particolare sul ReArm Eu. Riusciranno a trovare una sintesi?

Quando la Storia si rimette in moto, la cronaca passa in secondo piano. Ci troviamo di fronte a un tornante critico della storia europea e, più in generale, delle relazioni internazionali. Il vecchio ordine globale è finito e il nuovo stenta a nascere. Nell’interregno predomina la confusione, soprattutto per chi non ha ben chiaro il proprio ruolo nel mondo nuovo. Purtroppo, questo è il caso dell’Ue e, più nello specifico, del pacchetto ReArmEu (poi Readiness 2030). È su questa confusione che proliferano le contraddizioni delle opposizioni in Italia. Ma la situazione in Europa è destinata a risolversi, in un modo o nell’altro: maiora premunt…

Conte continua a sfidare il Pd a sinistra per intercettare gli arrabbiati. Calenda lancia l’appello ai riformisti e Renzi cammina verso Schlein. Quali saranno le prossime saldature nei mesi a venire?

Saranno gli sviluppi sovranazionali e internazionali a imporre le prossime saldature. Per l’UE è arrivato il momento di fare sul serio: fino ad oggi è andata avanti col pilota automatico dell’economia, ora va acceso (anzi, va costruito) quello della politica. Non ci sono altre scorciatoie. Quello sarò il momento in cui capiremo chi fa sul serio in Europa e chi è soltanto un europeista della domenica. Finora, ci si poteva camuffare a metà strada: come l’autodefinito “europeismo critico” di Conte e l’euroscetticismo trumpiano di Salvini. Ma credo sia finito il tempo delle troppe sfumature di europeismo: la storia impone oggi scelte nette, in bianco e nero. Al momento è difficile dire chi saranno gli uni e gli altri.

La Lega e il Movimento 5 Stelle talvolta sembrano parlare la stessa lingua. È la dialettica populista fine a se stessa o ci potrebbe essere una prospettiva futura di vederli assieme per intercettare lo stesso elettorato?

C’è chiaramente una retorica comunicativa simile che ha per bersaglio comune l’Ue, per la Lega quella dei burocrati di Bruxelles che impongono tariffe implicite al commercio europeo e per il M5S quella degli eurocrati che vogliono trasformare l’economia sociale europea in un’economia di guerra. Però, al di là di questo comune bersaglio, che è stato poi il collante, fino al 2019, del primo governo Conte, non vedo grandi prospettive di futuro comune. Se non, forse, stando entrambi all’opposizione, nel caso di un’accelerazione, ad oggi imprevista, del processo di costruzione politica dell’Ue.

Nel gruppo dei socialisti europei una parte del Pd sembra abbastanza isolata. Quali sono secondo lei i punti sui quali i dem, anche per incidere sul piano europeo, dovrebbero concentrarsi evitando divisioni?

Tutto sommato, la posizione del Pd sul piano europeo mi è sembrata cauta e ragionevole. C’era un fondo di verità in entrambi gli schieramenti interni al partito proprio per l’ambiguità insita nel progetto di riarmo lanciato da von der Leyen. Oggi il Pd ha il compito di far sciogliere quelle ambiguità: a che cosa serve quel riarmo, in che direzione ci spinge? Se è un primo passo, tutto da governare, per la costruzione di una vera comunità politica europea, allora è un buon inizio. Ma se è un passo che va nella direzione opposta, allora è un passo falso. Se il Pd è in grado di muoversi lungo la prima direzione, potrebbe far emergere le tante contraddizioni che si annidano dentro il governo Meloni e, forse, anche tra alcuni suoi compagni di viaggio.


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