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Dove va la sicurezza europea? Le geometrie variabili di Lesser (Gmf)

Le dinamiche di sicurezza tra Europa, Stati Uniti e Russia sono in piena evoluzione. Con l’Ucraina al centro di un fragile equilibrio, si discute il futuro della Nato e dell’architettura securitaria nel Vecchio continente. Ma l’Occidente deve restare coeso. Intervista a Ian Lesser, vicepresidente del German Marshall Fund

Le discussioni dei dazi al centro dell’attenzione mediatica negli ultimi giorni rappresentano soltanto un aspetto di una più ampia trasformazione nei rapporti trai principali attori coinvolti nel teatro europeo, inclusi gli Stati Uniti e la Russia. E tra le dinamiche principali di questa trasformazione vi è, ovviamente, quella della sicurezza. Quanto è impattante? Dove sta portando? Formiche.net ha chiesto una fotografia di questi sommovimenti al vicepresidente del German Marshall Fund Ian Lesser.

Come stanno cambiando i rapporti di forza all’interno del triangolo Usa-Europa-Russia?

Più che triangolo, parlerei di quadrato, e includerei anche l’Ucraina in questa geometria. Ovviamente, l’avvento dell’amministrazione Trump ha introdotto nuovi elementi nella somma, e due in particolare. Già prima dello scorso novembre c’era una sensazione diffusa che l’equilibrio degli sforzi a sostegno dell’Ucraina dovesse spostarsi verso l’Europa, perché a Washington il consenso su questo punto si stava esaurendo. Non è che il sostegno degli Stati Uniti sarebbe scomparso, ma l’equilibrio si sarebbe dovuto spostare nel tempo. Con l’avvento dell’amministrazione Trump, credo che il dibattito sia diventato molto più ampio. Include quanto già detto, ma si è trasformato in un dibattito molto più ampio sull’equilibrio degli sforzi nella sicurezza europea in futuro. E, naturalmente, le due cose sono collegate tra loro.

Che intende?

Perché qualunque sia l’accordo per un cessate il fuoco o una soluzione in Ucraina, e molti credono che stia per arrivare, avrà molto a che fare con le richieste di forze europee, per scopi che non sono ancora chiari. Si parla di coalizione dei volenterosi per sostenere l’Ucraina, garantire un accordo, fornire una deterrenza, ma non si ha ancora un’idea della missione o della portata. Perciò a me sembra del tutto teorico e aspirazionale per il momento.

E l’altro elemento?

L’altro elemento, naturalmente, è la possibilità dell’instaurarsi di un rapporto completamente diverso tra Washington e Mosca. Si sa che l’amministrazione Trump è aperta a un diverso tipo di relazione con la Russia; ma anche in questo caso ci sono delle incertezze dovute alla pura imprevedibilità del processo decisionale a Washington in questo momento. È possibile che la prossima settimana o il prossimo mese il presidente Trump decida che Vladimir Putin non è più un interlocutore valido, che non ci si può fidare, e che dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per sostenere l’Ucraina e per scoraggiare la Russia. Ci troviamo quindi in un contesto di grande imprevedibilità sia per quanto riguarda l’Ucraina, sia per quanto riguarda l’equilibrio della sicurezza transatlantica.

È possibile vedere nel riavvicinamento di Washington verso Mosca un tentativo di sganciare quest’ultima dalla Cina?

Insomma, è una bella teoria e forse alcuni nell’amministrazione vorrebbero esplorarla. Ma credo che la realtà non sia probabilmente il periodo a venire, ci sarà una stretta relazione tra Mosca e Pechino per ragioni diverse. Non si tratta di un rapporto paritario, ma è comunque molto importante per la Russia, soprattutto nelle condizioni attuali, ed è altrettanto significativo per la Cina, seppure in un modo diverso. Credo che gli Stati Uniti dovrebbero fare un grande sforzo per riuscire ad allontanare la Russia dalla Cina. Si tratta di Paesi con cui gli Stati Uniti hanno problemi, anche se di diverso tipo. Per certi versi, i problemi con la Cina sono molto più profondi a lungo termine, ma la Russia presenta una serie di rischi a sé stanti.

A quali rischi fa riferimento?

Facciamo un passo indietro e consideriamo la storia recente. Anche durante la Guerra Fredda, ci sono stati momenti in cui l’Europa si è preoccupata di divenire una sorta di “condominio russo-statunitense” e che un accordo sul futuro della geopolitica globale sarebbe stato fatto sopra la testa dell’Europa, attraverso il controllo degli armamenti o altri strumenti. Quindi, in un certo senso, la questione non è nuova, ma assume un significato molto diverso quando si prospetta che gli Stati Uniti si concentrino meno sull’Europa e molto più sull’Asia negli anni a venire.

Secondo lei l’Europa dovrebbe mostrare una certa autonomia, o dovrebbe invece mantenere un approccio più morbido nei confronti degli Stati Uniti?

Penso che l’Europa nel suo complesso abbia tutto l’interesse a preservare l’attaccamento americano alla sicurezza europea. E magari Washington mira a un livello d’impegno inferiore, ma non credo sia nell’interesse di nessuno vedere un completo disaccoppiamento. Penso quindi che l’Europa vorrà fare attenzione a fare cose che rafforzino la propria autonomia, ma che non allontanino gli Stati Uniti più velocemente del necessario. Questo vale soprattutto per quanto riguarda il deterrente nucleare esteso, o l’aspetto istituzionale. Dove si collocherà questa nuova e più capace difesa europea? Sarà qualcosa sviluppato all’interno dell’Unione Europea? Sarà qualcosa che essenzialmente è una Nato più europea? La mia sensazione è che la seconda ipotesi sarebbe preferibile, e probabilmente è anche più probabile, perché penso che gli Stati Uniti rimarranno nella Nato. Potrebbe essere un partner più difficile. Lo stile può essere difficile e abrasivo, ma alla fine penso che gli Stati Uniti abbiano interesse a rimanere nell’alleanza.

Ci sono segnali incoraggianti in questo senso?

Si. Uno di questi è il fatto che l’amministrazione Trump si sia mossa abbastanza rapidamente, non solo per nominare, ma anche per confermare un nuovo ambasciatore degli Stati Uniti alla Nato. Di questi tempi non è facile ottenere queste conferme, e l’amministrazione ha chiaramente scelto di dare a questo una certa priorità. Se si ascolta quello che dice il nuovo ambasciatore, che è stato piuttosto attivo, si tratta essenzialmente di commenti molto “mainstream”. Non sono infiammatori. Non sono accusatori. Non sono minacciosi. Ovviamente incoraggiano un maggiore impegno europeo nella spesa per la difesa. Ma in ogni caso, non hanno avuto il senso di mettere in discussione l’impegno americano di base nei confronti della Nato. E questo dovrebbe essere ragionevolmente rassicurante. Credo che la pressione sulla dimensione della Nato sia probabilmente minore di quanto alcuni avevano ipotizzato.


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