La decisione, per il momento non ufficializzata, di estendere il sistema basato sullo yuan digitale ai Paesi dell’Asean e al Medio Oriente, può aprire le porte a un riassetto degli equilibri globali sul versante monetario e dei pagamenti. E dare all’Europa l’occasione giusta per mettere alla prova l’euro digitale. Colloquio con Carlo Alberto Carnevale Maffè, economista della Bocconi e saggista
Quando si combatte una guerra, anche commerciale, e quella tra Cina e Stati Uniti lo è, ci sono diverse armi da utilizzare. Pechino, per esempio, ha risposto alla bordata americana, con dazi al 34% sulle importazioni di Washington e con un attacco frontale alle terre rare, ricche di minerali e per questo strategiche per la prima economia globale. Ora però, il Dragone potrebbe alzare il tiro. Potrebbe, perché per il momento si tratta solo di indiscrezioni e poco più. Come? Estendendo, per mezzo della People’s Bank of China, il sistema di regolamento transfrontaliero in renminbi digitali a dieci Paesi dell’Asean e sei del Medio Oriente.
Una mossa che, di fatto, non solo permetterebbe a Pechino di avere un maggiore spazio di manovra nell’aggiramento delle sanzioni imposte dai medesimi Usa in virtù della sua alleanza con la Russia, ma consentirebbe alla Cina di erodere altro potere dollaro, nell’ambito del sistema monetario internazionale. Non è certo un mistero che la de-dollarizzazione sia un antico sogno, mai del tutto abbandonato, della Cina. E ora forse, il condizionale è d’obbligo, potrebbe succedere. Formiche.net ne ha parlato con Carlo Alberto Carnevale Maffè, economista della Bocconi e saggista.
“Mettiamo per un momento che i rumors fossero confermati. Una risposta non convenzionale ai dazi degli Usa, da parte della Cina, potrebbe essere per l’appunto quella di spostare le piattaforme di regolazione degli scambi e dei pagamenti, tagliando fuori il circuito Swift (il network delle transazioni più importante dell’Occidente, ndr). Sono anni che Pechino sta cercando di mettere a punto un’infrastruttura tecnologica che possa superare il sistema attuale, considerato lento e costoso. Ma soprattutto, è noto come la Cina voglia spostare il baricentro monetario globale, a discapito del dollaro”, premette Maffè.
Ora, “gli Stati Uniti stanno violando le regole commerciali internazionali, stracciando le regole del Wto. Inoltre stanno crescendo i dubbi sul fatto che la stessa America voglia mantenere il dollaro come baricentro monetario internazionale. Sappiamo bene come parte degli squilibri commerciali sia proprio imputabili alla forza del dollaro, un tema su cui anche gli stessi mercati si stanno interrogando. E ora la mossa cinese potrebbe essere preliminare al riassetto dei sistemi di pagamento internazionali. Anche l’Europa potrebbe dire la sua, l’euro digitale è un progetto avviato, ma finora mai del tutto concluso. Forse mancava l’occasione per l’Europa e ora l’occasione di riscrivere gli equilibri dei pagamenti nel mondo si sta creando”, spiega Maffè.
“L’occasione c’è per la Cina, ora, anche se manca la condizione delle liquidità, mentre all’Europa manca una regolamentazione finale. Ma unendo i due versanti, quello europeo e quello cinese, certamente si apre la possibilità per un ridimensionamento del dollaro”.
Maffè poi dice anche la sua sui dazi e sul terremoto globale di questi giorni. “Credo che Trump possa essere fermato dalle istituzioni deputate a farlo, non esiste nessuna situazione di emergenza che possa giustificare questi dazi. Non sono i suoi amici a dover fermare il presidente, ma le istituzioni, come il Congresso, oppure la magistratura, che dovrebbe dichiarare illegittimi i suoi dazi. Non bisogna chiedere a Trump un favore, affinché si fermi. C’è la legge, che è molto più forte di una pacca sulle spalle”.